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C'ERA UNA VOLTA
Teodorico e Dagoberto
Felice Camesasca


Teodorico
Teodorico

Nella cronologia storica della nostra città chi succede a sant'Ambrogio? Teodorico, il famoso Teodorico da Verona che nell'ode carducciana viene rapito dal diavolo tramutatosi in nero destriero e scaraventato nella bocca dello Stromboli.
Ora in città esiste una fontana che, quando negli anni Trenta dello scorso secolo, fu inaugurata, suscitò tante e tante chiacchiere e commenti ma che dai giovani fu accolta con entusiasmo e nel dopoguerra fu origine di innumeri scherzi: la fontana della rane di piazza Roma.
A questa fontana, oggetto di “scandalo” allora per la nudità totale del soggetto, era stato subito appioppato un soprannome, tratto dalla vita reale di allora, che non era molto confortante: col tempo fortunatamente cadde nell'oblio.

la fontana delle rane




Ad essa è legata una leggenda che pochi conoscono e che si dice abbia ispirato lo scultore che ha realizzato l'opera.
Pare che di questa statua siano stati fusi due esemplari, di cui uno è nella nostra città e l'altro - altra leggenda ? - in una piazza di Buenos Ayres: sarà vero ? Chissà se qualche amico argentino residente in quella città o qualche monzese in visita ci potrà dare conferma in proposito.

Vediamo però cosa dice la leggenda.
Come sappiamo Teodorico soggiornò a Monza ove fece costruire un suntuoso palazzo: la tradizione vuole che fosse posto nella zona vicina allo steccato del fossato grande ed alla piazza d'armi (Pratum Magnum) in quella che attualmente è la via Cortelonga (questo termine, vivo nei tempi, pare confermarlo )
Teodorico viveva spesso a Monza e con lui, ovviamente, la sua corte di cui faceva parte un
giovane nipote di bell'aspetto che aveva nome Dagoberto.
Il giovane come d'uso, usciva a cavallo per i boschi e le colline che circondavano la città e rientrando abbeverava il suo cavallo in una roggia, forse proprio quella che poi si chiamerà Pelucca, scorrerà per il Pratum Magnum e sarà utilizzata dagli Umiliati per risciacquare i panni poi posti ad asciugare su appositi sostegni detti “ciudere”, sistemati nel prato.

la principessa delle rane
Nel punto in cui il cavallo si abbeverava, un giorno Dagoberto vede una piccola graziosa rana verde smeraldo che non dimostra nessuna paura per la presenza sia del cavallo che sua, anzi li saluta con un melodioso gracidare. Il giovane stende la mano e la piccola rana con un salto prende posto nel suo palmo salutandolo sempre col suo gracidare.
Dagoberto rimane sorpreso, ma la rana con un salto si tuffa nell'acqua e scompare.
La cosa si ripete ogni volta che Dagoberto si reca ad abbeverare il cavallo e il giovane è lieto di accogliere la rana nel suo palmo. Più passano i giorni più Dagoberto pensa al grazioso ranocchio.

In una notte di plenilunio Dagoberto si affaccia alla finestra della sua camera che dà sul Pratum Magnum ove la roggia scorre: sente un gran gracidare e vede tutte le rane in cerchio attorno alla ranocchietta verde.
Un raggio di luna batte su di lei e… incanto, la vede trasformarsi in una splendida fanciulla dai capelli alla paggio. La fanciulla si volge verso la sua finestra, lo saluta, si incammina sul raggio di luna e… scompare.

Dagoberto ne rimane ammaliato e da allora aspetta la notte alla finestra sinché c'è la luna, sperando che si ripeta ancora la trasformazione.
Invano: le rane gracidano in coro ma la ranocchietta non si vede.
Intanto l'estate avanza e la siccità si fa pressante: la roggia man mano si prosciuga sinché un giorno, rientrando a palazzo, Dagoberto la trova totalmente asciutta: le rane sono sulla riva e stanno morendo. Su una foglia avvizzita giace la ranocchietta ormai morta. Il giovane cerca una foglia ancora verde, vi avvolge la ranocchietta, scava una buca sulla riva e la sotterra.
Nella notte arriva un temporale assai violento, improvviso, che pure repentinamente cessa.
Dagoberto si affaccia alla finestra pensando sempre alla ranocchietta che si era trasformata in fanciulla.
Ed ecco un raggio di luna battere sulla riva ove è seppellita la ranocchietta, ora ricoperta dalla acque che scorrono veloci.
Come il raggio di luna colpisce quel punto esatto ecco sorgere, più splendida che mai la fanciulla che, camminando sul raggio raggiunge Dagoberto.
Si avvicina a lui e con voce armoniosa gli dice: grazie di avermi aiutato: sono Amira la principessa delle rane ed ora debbo tornare nel mio regno !
Lo bacia e scompare !

Dagoberto cercherà invano di ritrovarla: i giorni, i mesi passano, il tempo scorre ed il ricordo… svanisce…

rana
Questa è la leggenda scoperta dallo scultore friulano Eugenio Mistruzzi che l'ha immortalata in statua: quella che appunto dal 1936 ammiriamo in piazza Roma ed a cui, recentemente, hanno rubato una rana !
La sostituiranno ? Speriamo !

Felice Camesasca

Gli articoli precedenti
Leggende di Monza
Il popolo maligno
Sant'Ambrogio


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Il Palazzo di Teodorico e la Fontana delle Rane
Alfredo Vigaṇ su Piazza d'Uomo - 3 dicembre 2012

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  1 dicembre 2012