Carnevale 1905
dedicato alle Signore e Signorine Monzesi
L'amico Antonio Cappato ha trovato tra le cose della nonna delle cartoline e, conosciuta la mia piccola passione di raccoglitore, me ne ha date alcune tra cui questa bellissima del carnevale del 1905 a Monza. La cartolina non è viaggiata e mostra via Vittorio Emanuele in festa. In primo piano uno dei leoni del ponte con sotto la scritta Veglie, Danze, Corsi. Lo stemma del Comune su un cippo cui si appoggia una bella signorina col ricco vestito a strascico e il tipico cappellino di carnevale a cono. Lungo la strada il corteo della festa impazza tra maschere, stelle filanti e balli. In alto a destra la scritta: RICORDO DEL CARNEVALE 1905 e subito sotto Dedicato alle Signore e Signorine Monzesi. In fondo alla strada, immancabile e riconoscibile , il simbolo della città, l'Arengario. Carnevale, maschere e coriandoli. Spulciando un po' rammento che il carnevale è una particolare festa che per gli antichi ed in particolare i contadini, si svolgeva al termine di una annata agricola e quando l'inverno comincia ad avviarsi verso la primavera. Per le feste cristiane poi, tra l'Epifania e la Quaresima, prima delle privazioni che la stessa impone nei comportamenti alimentari e sociali. In sostanza gli eccessi prima delle privazioni e nel contempo la festa della fine di una annata nel ciclo agricolo e la speranza dei futuri raccolti. Queste feste, a vario titolo ma spesso a segnare momenti di particolare passaggio stagionale, si trovano anche nella cultura egizia, greca e romana e probabilmente ovunque. Delle usanze nella antica Roma i Saturnali in particolare vengono citati come il precedente del Carnevale Medioevale (carnem levare cioè la limitazione che interviene poi con la Quaresima). Già allora maschere, travestimenti (anche per gli schiavi) e ovviamente eccessi nel mangiare e bere. La maschera (e il travestimento), che serve a nascondere la reale identità e ad assumerne un'altra, è parte non secondaria del carnevale e della libertà di comportamento che sprigiona. Curioso il fatto che il termine maschera sia di origine araba ( mascharà che significa satira, presa in giro). Per il coriandolo, altro simbolo del Carnevale, leggo che in origine erano fatti coi semi della pianta chiamata appunto coriandolo . I semi venivano messi nel gesso e poi fatti seccare e così assomigliavano a confetti. Le maschere regionali sono molte e in generale abbastanza recenti (dal '500 in su) anche se alcune si rifanno ad antichi precedenti. Ad esempio si ritiene che il nostro Meneghino possa rifarsi ai Menecmi di Plauto (altri lo collegano al più recente Menego di Ruzante). Per le maschere tipiche delle Città (alcune) mi rimetto alla bella poesia-filastrocca del non mai dimenticato Gianni Rodari e titolata Carnevale: con la maschera sulla bocca, con la maschera sugli occhi, con le toppe sui ginocchi: son le toppe d'Arlecchino, vestito di carta, poverino. Pulcinella è grosso e bianco, e pierrot fa il saltimbanco. Pantalon dei Bisognosi Colombina, dice, mi sposi? Gianduia lecca un cioccolatino e non ne da niente a Meneghino, mentre Pioppino col suo randello mena botte a Stenterello. Per fortuna il dottor Balanzone Gli fa una bella medicazione, poi lo consola: E' Carnevale, e ogni scherzo per oggi vale. Alfredo Viganò 26 febbraio 2006 |