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sulla stampa
a cura di Fr.I. - 26-27 marzo 2008


THE WALL STREET JOURNAL
March 25, 2008
Silvio and Alitalia

Silvio Berlusconi
On the economy, Silvio Berlusconi disappointed in his last turn as Italy's Prime Minister. Judging by his promises ahead of next month's snap elections, which he's favored to win, a third term in office won't be a charm.
Mr. Berlusconi last week came out against the proposed sale of Alitalia. His musings could soon be official policy and sink the one thing that stands between the Italian flag carrier and bankruptcy. They are also a signal of his lack of commitment to economic reform.
Alitalia's board earlier this month agreed to sell the airline to Air France-KLM in a share-swap deal that values the stock of the ailing airline at just €139 million, or about 10 European cents a share. But the Franco-Dutch group first wants guarantees that trade unions and politicians won't block painful restructuring moves, which likely will include trimming hundreds of employees from Alitalia's bloated work force. The Italian state owns 49.9% of Alitalia.
Mr. Berlusconi says he'll veto the deal if elected. The media mogul -- who has long favored "an Italian solution" for the ailing airline -- also predicted that local businessmen would rally to launch a counterbid. On cue, the small Rome-based carrier Air One over the weekend requested three more weeks to revise its failed bid for Alitalia.
In his last stint at Chigi Palace in 2001-2006, Mr. Berlusconi didn't find any saviors for Alitalia. Instead, he dithered as the company's debt soared, reaching some €1.3 billion this past January. Italian voters might ask Mr. Berlusconi why he didn't sell their stake in Alitalia back when it was actually worth something. The company's share price has fallen about 70% in the past two years.
The center-left's leader, former Rome Mayor Walter Veltroni, charges that Mr. Berlusconi is engaging in populist grandstanding before the elections. The other side could hit the former Prime Minister harder for his failure to set Italy's economy right when he had the chance.
Mr. Berlusconi promised tax cuts, labor-market reforms, and liberalization and failed to deliver on most counts. GDP grew by a cumulative 3.6% in his five years -- worse than France's 8.6% or even Germany's 4.5% during that time period, much less Spain's 17.7% or Britain's 13.4%.
Trade-union leaders also are threatening to scuttle the Alitalia deal unless Air France-KLM essentially gives up its right to restructure the airline back to health. These same unions helped to create Alitalia's misfortunes with their numerous strikes and repeated rejection of corporate restructuring. They'd do well to recall the fate of former Belgian flag carrier Sabena, whose workers refused concession after concession -- until the company finally went out of business. The Italian unions would have a much more difficult time taking a hard line if they weren't getting political cover from Mr. Berlusconi.
As this episode shows, Mr. Berlusconi has turned out to be more of a corporatist averse to free-market competition than an economic liberal willing to do what Italy needs to revive its faltering economy. He's also a politician willing to do anything to regain power. That's hardly good news for Alitalia, or for Italy.

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“L'ultima volta in cui e' stato a Palazzo Chigi Berlusconi non ha trovato nessuno per salvare Alitalia. Ha invece esitato, mentre l'indebitamento della società lievitava, fino a raggiungere 1,3 miliardi di euro lo scorso gennaio. Gli elettori italiani potrebbero ben chiedergli per quale motivo Berlusconi non abbia venduto la quota di controllo su Alitalia quando valeva qualcosa. Negli ultimi due anni il valore in borsa del gruppo è crollato del 70%”.
"Come dimostra questo episodio, Berlusconi si è orientato ad essere piu' un sostenitore delle corporazioni avverso alla libera competizione di mercato, invece che un liberal che intende fare quello di cui l'Italia ha bisogno per rilanciare la sua barcollante economia. E' anche un politico che farebbe di tutto per tornare al potere. Difficilmente - si legge - si tratta di buone notizie per Alitalia, o per il paese".
"Berlusconi ha deluso l'ultima volta che è stato premier. E a giudicare dalle sue promesse in vista delle prossime elezioni, per cui è favorito, un terzo mandato non sarà affascinante".
Berlusconi aveva promesso riduzioni fiscali, riforme nel mercato del lavoro e liberalizzazioni, mancando gran parte degli obiettivi. Il pil è cresciuto complessivamente del 3,6% nei cinque anni del suo governo; peggio dell'8,6% della Francia e persino del 4,5% della Germania nello stesso periodo, ben al di sotto del 17,7% del pil spagnolo o del 13,4% di quello britannico".
  
“Di fronte all'atteggiamento dei sindacati italiani nella vicenda Alitalia quelle organizzazioni che opponendosi sistematicamente con scioperi continuati e impedendo le ristrutturazioni hanno contribuito a creare le disgrazie della compagnia", i rappresentanti dei lavoratori "farebbero bene a ricordare la fine della compagnia di bandiera belga Sabena, che per il rifiuto continuato di fare qualsiasi concessione da parte delle maestranze alla fine è finita in bancarotta". "I sindacati italiani avrebbero vita molto più difficile nel perseguire la loro linea dura se non avessero dalla loro la copertura politica di Berlusconi".
  
"Questa vicenda mostra che Berlusconi ha mostrato molto di  più uno spirito corporativista avverso alla libera concorrenza di mercato di quanto si sia rivelato un liberale in economia disposto ad adottare le misure di cui l'Italia ha bisogno per far riprendere la sua barcollante economia". Berlusconi, insomma, per il WSJ "è un politico disposto a qualsiasi cosa pur di riprendere il potere. E questa è tutt'altro che una bella notizia per l'Alitalia, oltre che per l'Italia intera".


"In cordata Mediobanca Ligresti, Eni e Benetton"
Il cavaliere fa i nomi dei gruppi impegnati a rilevare la compagnia
Augusto Minzolini su
La Stampa

ROMA - Nel cortile di Palazzo Grazioli, di ritorno da un comizio a Viterbo organizzato per consolidare il risultato elettorale in una regione in bilico come il Lazio, Silvio Berlusconi svela qualche segreto di quello che un domani sarà ricordato come il capolavoro di questa campagna elettorale: la questione Alitalia. «Inutile che gli altri ci scherzino su - esordisce il Cavaliere - la cordata italiana esiste, eccome. I nomi sono diversi, dalle banche a quelli che in questi giorni mi hanno confidato il loro interessamento. Da Ligresti, a Benetton. Poi naturalmente c'è Mediobanca. E ce ne sono molti altri, come l'Eni che ha tante risorse, che può partecipare direttamente all'operazione e che ha un grande interesse in questa vicenda: come può il più grande gruppo italiano a livello internazionale permettere che il nostro Paese perda la sua compagnia di bandiera? Vi rendete conto che contraccolpi subirebbe?». Appunto nella testa del Cavaliere l'Alitalia è diventata una questione di «interesse nazionale».

Forse ha ragione il Cavaliere. Per capire quello che sta avvenendo su Alitalia bisogna capire l'opinione pubblica, leggere i sondaggi, ma non quelli contraddittori che sfornano i vari istituti e magari finiscono sui tabelloni di Porta a Porta commentati in maniera ancora più confusa. Bisogna studiarne altri. Quelli che analizzano l'impatto sul corpo elettorale di questo o quell'argomento e che condizionano le campagne elettorali di Berlusconi e Veltroni. Ebbene, sia quelli in mano al gruppo dirigente del Pdl, sia quelli sulle scrivanie del vertice del Pd, hanno recepito un segnale abbastanza chiaro: con la battaglia a difesa dell'italianità della nostra compagnia di bandiera e di Malpensa il Cavaliere ha guadagnato un consenso che può essere quantificato sull'1,5% in una settimana e, soprattutto, ha azzerato gli sforzi di Veltroni per sfondare al Nord.

Un dato non indifferente, che spinge Berlusconi a continuare nella sua azione mentre consiglia a Veltroni di accantonare l'argomento il prima possibile. Così mentre quest'ultimo ha mandato in avanscoperta un luogotenente fidato come Ermete Realacci per lanciare l'idea di rimettere la patata bollente nelle mani del prossimo governo, Berlusconi ieri ha indicato un percorso che farà diventare Alitalia un tema centrale delle ultime due settimane di campagna elettorale: ha annunciato che fra qualche giorno la cordata italiana verrà in superficie e chiederà quattro settimane per presentare un'offerta alternativa. Insomma, un copione per cui da qui in avanti non si parlerà d'altro.

L'argomento non può che avvantaggiare il Cavaliere. Intanto perché la posizione del governo sulla trattativa appare debole a molti: anche il mecenate del Pd Carlo De Benedetti ha criticato il comportamento del governo. Poi, perché il leader del Pd ha già ottenuto un risultato: la trattativa si stava chiudendo su «un prendere o lasciare» di Air France e solo il suo «altolà» l'ha riaperta. Infine perché il «caso Alitalia» sta riportando alla ribalta Prodi, «lo scheletro che Veltroni - parole di Berlusconi - voleva nascondere nell'armadio». La trattativa con Air France, infatti, si è svolta tutta all'interno del salotto prodiano: il premier c'è dentro in prima persona; il numero uno di Alitalia, Maurizio Prato, è un uomo del Professore; e, può sembrare paradossale, ma anche il compratore, Air France, è assistito da un prodiano, quel Francesco Mengozzi che nel 2001 il braccio destro dell'attuale premier, Enrico Micheli, mise alla testa della compagnia di bandiera per risanarla, e ora è l'advisor della banca di affari Lehman Brothers che affianca Parigi nella trattativa. Elementi che nella testa del Cavaliere bastano e avanzano per dimostrare che Palazzo Chigi ha favorito Air France.

Anche la storia della «cordata italiana» che tiene in suspense media e opinione pubblica, si sta rivelando uno strumento efficace in questa campagna elettorale. Del resto Berlusconi, favorito nella corsa elettorale, non ha certo difficoltà a mettere insieme un gruppo di imprenditori che dovrebbe solo lanciare un'offerta che sarà valutata solo dopo il voto, magari proprio da lui che nel frattempo sarà approdato a Palazzo Chigi. «Si vede - ha osservato ieri Pierferdinando Casini con una punta di sarcasmo - che la cordata partecipa alla campagna elettorale».



Alitalia, Eni e Mediobanca smentiscono Berlusconi:
nessun piano allo studio su cordata
FINANZA&MERCATI su
Il Sole 24 Ore

Una ad una arrivano le smentite alle dichiarazioni di Silvio Berlusconi, riportate questa mattina dal quotidiano «La Stampa», il quale fa i nomi delle aziende che sarebbero coinvolte nella cordata italiana che punterebbe a rilevare Alitalia. Benetton, Mediobanca, Ligresti ed Eni sono i nomi che fa il leader del Pdl.

Rompe per prima il silenzio Piazzetta Cuccia: «Non c'è allo studio alcuna ipotesi di cordata né di ingresso nel capitale di Alitalia», dichiara un portavoce. Fa seguito l'amministratore delegato del cane a sei zampe Paolo Scaroni: «Alitalia non è oggi nell'agenda di Eni». Quasi contemporaneamente arriva la precisazione dello stesso Berlusconi: «I nomi che sono apparsi sui giornali sono indiscrezioni o supposizioni giornalistiche». Il candidato premier del Pdl ha anche risposto a chi lo ritiene responsabile di provocare le fluttuazioni del titolo. «Mi accusano di insider trading, ma io non ho mai avuto un'azione di Alitalia».

E da Siracusa il leader del Partito Democratico, Walter Veltroni, attacca Berlusconi per le sue esternazioni: «Di quattro nomi annunciati per la cordata, due hanno già smentito. Questo è un tema su cui non si possono inventare battute, affermazioni non sostenute dalla realtà». Veltroni, dal canto suo, propone un accordo con Air France con due garanzie: la limitazione dell'impatto sociale della ristrutturazione della compagnia, per garantire il posto di lavoro alla maggior parte dei lavoratori, e un ruolo importante per Malpensa. Il titolo Alitalia è ancora sospeso in Borsa per eccesso di rialzo. (M. Do.)


Alitalia: indiscrezioni sulle offerte
al vaglio della procura di Roma
FINANZA&MERCATI su
Il Sole 24 Ore

La Procura di Roma sta seguendo con attenzione le indiscrezioni sulla trattativa per la cessione di Alitalia e la loro possibile incidenza sulle oscillazioni del titolo nei giorni scorsi. È quanto emerge dagli ambienti giudiziari di piazzale Clodio. La Procura non ha ancora aperto alcun fascicolo di indagine al riguardo, ma è pronta a valutare il materiale che dovesse emergere nell'ipotesi di un'istruttoria da parte delle Autorità di vigilanza.

Già lo scorso dicembre l'inchiesta, affidata ai pm Stefano Pesci, Francesca Loi e Gustavo De Marinis, coordinati dal Procuratore aggiunto Nello Rossi, si era arricchita di un nuovo filone di indagine in relazione alla misteriosa offerta per Alitalia lanciata dai fondi americani Evergreen e Thl. Per tale vicenda, nei mesi scorsi, gli inquirenti hanno iscritto nel registro degli indagati alcune persone per l'ipotesi di reato di aggiotaggio e turbativa d'asta. Tale costola dell'indagine si riferisce ai retroscena che il 13 dicembre 2007 accompagnarono la consegna al presidente di Alitalia, Maurizio Prato della lettera in cui la cordata statunitense aveva manifestato forte interesse ad acquistare il 49,9% della compagnia aerea facendo intendere che all'operazione avrebbe preso parte anche la Singapore Airlines (che tuttavia si era subito affrettata a smentire). Smentita seguita a stretto giro da quelle di Deutsche Bank e dello studio legale Orrick, indicati come i possibili advisor dell'operazione.



Il voto appeso a una cordata
Galapagos su
il Manifesto

Giorgio Chinaglia, mitico bomber della Lazio, anni fa affermò che era pronto a lanciare un'Opa sulla sua ex squadra. In parecchi sentirono odore di bruciato. Intervenne la Consob e per Giorgione finì male, sommerso da una serie di accuse pesanti: aggiotaggio e turbativa dei mercati. Oggi la storia si ripete, con Alitalia, ma la Consob, ufficialmente, resta alla finestra, anche se il presidente dell'Autorità, Lamberto Cardia, lancia dalle pagine del Sole 24-ore un ultimatum: «La politica rispetti le regole del mercato». Cardia sarebbe stato molto più chiaro se avesse affermato: «Berlusconi, rispetti le regole del mercato».
Per Berlusconi il mercato è l'ultimo dei problemi. Non a caso ieri il Wall Street Journal ha scritto che «più che liberal, Berlusconi è un corporativo». Vi sembra normale l'affermazione del cavaliere che avvisa: sarà il prossimo governo, cioè io sicuro vincitore delle elezioni, a decidere sull'Alitalia. Poi ha aggiunto: nel futuro non ci sarà Air France, ma una cordata di imprenditori italiani tra i quali sarà presente mio figlio. Chi altro avrebbe potuto fare una affermazione simile, senza ritrovarsi con i carabinieri dietro l'uscio?
Ieri in borsa le azioni di Alitalia sono volate: in chiusura i titoli segnavano un guadagno di oltre il 33% e c'è chi ha guadagnato palate di soldi facendo trading sulle voci di un intervento diretto di Berlusconi nella vicenda. Non è il leader dell'attuale opposizione a pompare i mercati con un aggiotaggio senza precedenti? Che differenza c'è tra le dichiarazioni di Chinaglia e le sue?
Le difficoltà di Alitalia non nascono oggi: nel 2001 quando Berlusconi andò al governo, era già evidente che la compagnia di bandiera era sull'orlo di una crisi senza ritorno. Ma Berlusconi e Tremonti non fecero nulla per Alitalia. Anzi fecero di peggio: avallarono le ipotesi leghiste di una fusione per l'incorporazione di Alitalia in Volare, una piccola compagnia aerea del Nord. Ma Volare è fallita prima che il progetto si realizzasse. Oggi il cavaliere non trova di meglio che fare di Alitalia un tema di campagna elettorale, attaccando Prodi e Padoa Schioppa per nascondere le sue responsabilità. Anzi, la sua irresponsabilità, come ha sottolineato sempre ieri il Wall Street Journal facendo osservare che se Alitalia fosse stata privatizzata alcuni anni fa lo stato avrebbe incassato più soldi e gli esuberi sarebbero stati minori.
Alitalia ha offerto a Berlusconi lo spunto per tornare sulle prime pagine dei giornali, tagliando l'erba sotto i piedi a Veltroni. In Italia nessuno è felice di cedere Alitalia ai francesi, ma l'ipotesi dell'italianità della compagnia (avanzata da Air One con l'appoggio di Banca Intesa) purtroppo non aveva gambe per camminare. A questo punto l'unica soluzione che rimane è quella - dolorosa per i dipendenti - di una trattativa con Air France. I sindacati la stanno facendo. Berlusconi invece «gioca» sulla pelle delle lavoratori, puntando unicamente a una manciata di voti in più che il Nord potrebbe dargli, per essere stato lasciato a terra.


l'Impossibile Bon Ton
Massimo Franco sul
Corriere della Sera

Magari è solo una reazione al lessico aggressivo e liquidatorio di Silvio Berlusconi. Ma si intravede anche il calcolo di mobilitare gli indecisi, nel modo in cui Walter Veltroni sta cambiando stile elettorale. Il segretario del Pd e i suoi uomini si preparano a sfilarsi i guanti di velluto e a mettersi i guantoni da boxe.
È una metamorfosi allo stato nascente, che Veltroni per ora sembra subire, più che volere. Ma il cambio di passo appare inevitabile, di qui al 12 aprile. Significherebbe la fine dell'illusione di una campagna all'insegna del dialogo e del «bon ton»; e l'impossibilità, anche per un centrosinistra moderato, di presentarsi come postberlusconiano, più che antiberlusconiano.
Rimane da capire se accettando la «strategia della mischia» perseguita dal Cavaliere, i vertici del Pd riusciranno a recuperare voti. Finora, Veltroni ha lavorato soprattutto per riacciuffare quelli perduti per strada da Romano Prodi. Partiva da un meno 22 rispetto al fronte berlusconiano, e adesso accredita un distacco ridotto a circa 4 punti percentuali: anche se Berlusconi non smette di ripetere che si tratta di una rimonta bugiarda.

Il suo problema è che non può ammettere esplicitamente la delusione e l'irritazione nei confronti del governo Prodi: un malessere che spiega l'ondata di ritorno berlusconiana. Veltroni si trova nella condizione scomoda di chi non può sconfessare il premier dimissionario; e subisce l'attacco convergente di Berlusconi e del Prc.
Il Cavaliere gli dà del «comunista riciclato», e Fausto Bertinotti cerca di impallinarlo da sinistra: si tratti di Alitalia o pensioni. Per questo, è nelle cose un doppio irrigidimento veltroniano di qui al voto. Le battute di due giorni fa sull'età avanzata di Berlusconi sono un piccolo indizio, come lo è la rivendicazione della rottura con l'estrema sinistra. Il tentativo è quello di dimostrare che il Pd è nemico dei «due conservatorismi», incarnati secondo Veltroni dal Pdl e dal Prc. Si tratta di un'offensiva tesa soprattutto a bloccare la fuga di una parte dei voti del Pd verso l'Arcobaleno bertinottiano.
L'elettorato ex ulivista vuole parole d'ordine forti. E non ha mai compreso fino in fondo dove andasse a parare la voglia veltroniana di dialogo con Berlusconi sulle riforme istituzionali. Con le elezioni alle porte, l'incomprensione può diventare distacco e astensionismo. I vertici del Pd sembrano temerlo sempre di più. E forse calcolano che solo una dose massiccia di «allarme» per la prospettiva del ritorno di Berlusconi al governo può scuotere il serbatoio degli indecisi.



Iceberg
In Antartide un´isola di 415 km quadrati si è staccata dal Wilkins Ice Shelf L´allarme degli scienziati: "Tutta colpa del riscaldamento globale"
Cristina Nadotti su
la Repubblica

Lo spettacolo della grande piattaforma di ghiaccio che si separa dalla calotta polare Antartica è stupefacente. Lo è per le dimensioni del fenomeno, per la rapidità con cui si sta evolvendo, per le conseguenze che potrà avere. Ieri c´è stata un´anticipazione del grande evento: un blocco di ghiaccio di 415 chilometri quadrati è collassato in mare, alla deriva nell´oceano. È una briciola della piattaforma di ghiaccio che ormai è collegata al continente antartico solo da una sottile striscia di sei chilometri, in progressiva frattura. È la rappresentazione drammatica e immediata della velocità con cui il rapido aumento della temperatura sta cambiando la geografia del nostro pianeta.
L´enorme isola di ghiaccio, dal quale si è staccato ieri l´iceberg gigantesco, si chiama piattaforma di Wilkins Ice Shelf e si sta a sua volta separando dalla Penisola Antartica, la lingua che dalla calotta del Polo Sud si protende verso la punta meridionale del continente sudamericano. I ricercatori di tutto il mondo avevano cominciato a tenere d´occhio questa regione dalla seconda metà degli anni '80; le rilevazioni progressive, sostenute via via da immagini satellitari e controlli sul posto, avevano confermato che la Penisola Antartica è soggetta a progressivi fenomeni di sfaldamento. «Le piattaforme che si staccano dalla penisola sono enormi masse di ghiaccio, spesse fino a quattro chilometri, alimentate dalla calotta che copre il sostrato roccioso del Polo Sud - spiega Roberto Azzolini, responsabile scientifico di Polarnet, la rete del Cnr che coordina tutti i centri di ricerca italiani di ricerche polari - È come uno spesso strato di panna che ricopre una torta: la panna scivola verso il bordo».
Negli ultimi anni di "zolle di panna" se ne sono staccate altre, l´ultima è stata la Larsen B, 3250 chilometri quadrati di ghiaccio che nel 2002 sono finiti a galleggiare come un iceberg nell´oceano Antartico. I ricercatori sapevano che poi sarebbe toccato alla piattaforma di Wilkins e nel 1993 avevano previsto che, se il riscaldamento climatico fosse andato avanti nello stesso modo, il distacco si sarebbe verificato entro 30 anni. Nel 2023. Ma siamo nel 2008 e l´iceberg crollato ieri prova che il distacco totale è imminente.

«Non è l´evento isolato ad avere delle conseguenze - precisa Azzolini - ma la stessa cosa sta succedendo al Polo Nord con il ghiaccio marino. È il progressivo scioglimento dei ghiacci ai due poli che determina un impatto sul clima e lo fa in modo non lineare». E che l´Antartico sia la regione sulla quale la ricerca deve puntare lo dimostrano i dati, visto che nella Penisola negli ultimi 50 anni le temperature si sono alzate più velocemente che in qualunque altro luogo dell´emisfero meridionale, soprattutto in inverno. «Un dramma», lo hanno definito i ricercatori del British Antarctic Survey, che hanno lanciato l´allarme per la piattaforma di Wilkins. E come tutti i drammi, lo spettacolo del ghiaccio che si rompe e scivola in acqua ha un fascino sinistro. «Non ho mai visto nulla di simile - ha raccontato uno dei ricercatori che ha sorvolato la zona della frattura sulla piattaforma nei giorni scorsi - era terrificante. Abbiamo visto il solco enorme che si sta scavando nel ghiaccio, il movimento dei due bordi che si allontanano e schegge grandi quanto villette che vengono lanciate in alto, come in un´esplosione». Lo si è visto anche dal satellite: è un fenomeno vasto, terribile.


  27 marzo 2008