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Powell contestato a Johannesburg
Delusi gli europei
Toni Fontana su
l'Unità

Il più ottimista è Kofi Annan, convinto che il vertice di Johannesburg "rappresenta solo un inizio, ma un inizio importante", il più realista è il premier danese Anders Fohg Rasmussen, che, anche a nome dell'Unione Europea, ha detto che quello di Johnnesburg potrebbe essere l'ultimo mega-vertice planetario e che per i prossimi dieci anni "è meglio concentrarsi sull'azione", cioè fare qualcosa di concreto. Da questo punto di vista il summit finito ieri è clamorosamente fallito. Una prova tra le tante: Romano Prodi, che si è trattenuto in Sudafrica anche per incontrare Colin Powell, commentando il capitolo sugli aiuti allo sviluppo del "piano d'azione" approvato ieri, ha ammesso con una punta di amarezza che gli sforzi diplomatici dell'Europa sono riusciti solamente a "frenare la discesa tragica degli aiuti". Per dirla in cifre, il documento approvato ieri auspica che "si concretizzino" gli impegni presi in marzo a Monterrey, che i ricchi decidano cioè di destinare lo 0,7% del Pil al paesi poveri. E'quanto l'Onu chiede senza successo da trent'anni.
Cala dunque il sipario su Johannesburg. Se ne va Colin Powell che, tra urla, fischi e striscioni contro Bush, è riuscito a stento a finire il suo intervento, se ne vanno gli europei, delusi e irritati, decisi ad "andare oltre" i generici impegni sottoscritti (sono parole di Prodi), e prima ancora se ne sono andate le Ong che, abbandonando i lavori, hanno voluto sottolineare il disappunto per le conclusioni del summit. Le contestazioni che hanno accompagnato l'intervento del capo della diplomazia Usa (contestato dagli ambientalisti, anche americani accreditati nella sala plenaria) non esauriscono però la cronaca della giornata, densa di avvenimenti. Powell ha esordito assicurando che gli Stati Uniti hanno "ben chiaro che il benessere degli americani dipende dal benessere degli altri abitanti del pianeta" ed ha proseguito definendo l'incontro di Johannesburg "un'importante pietra miliare da Doha a Monterrey".

Prodi, anche nell'incontro con Powell, non si è nascosto che le contestazioni "sono il segno di un malessere diffuso" e allo slogan americano ha opposto quello europeo "trade and aid", commercio e aiuti "perchè il mercato da solo non basta per colmare la crescente distanza che separa il nord dal sud del mondo". In quanto alle critiche provenienti dalle Ong Prodi ha aggiunto che "saranno prese in seria considerazione dall'Unione Europea che ne farà uno spone per andare oltre quanto ottenuto a Johannesburg. Ne consegue cha da ieri lo slogan dell'Ue è "andare oltre" le conclusioni del summit.
Non si tratta per la verità di un obiettivo difficile da raggiungere dal momento che il "piano" di Johannesburg si limita a raccomandare il "progressivo calo" degli aiuti pubblici e delle sovvenzioni all'agricoltura che, proteggendo le economie forti, penalizzano quelle deboli e contiene un generico invito a "accrescere sostanzialmente" l'uso delle energie rinnovabili. L'unica, ma significativa, nota positiva è rappresentata dall'adesione di Russia, Cina e Canada al Protocollo di Kyoto difeso con energia dai principali leader europei (ma non da Berlusconi). Nella tesissima trattativa che si è conclusa ieri sera per mettere a punto il documento politico (poi approvato) sono spariti sia i riferimenti a Kyoto che le critiche alle multinazionali proposte dai sudafricani. I rappresentanti di 189 paesi hanno approvato la "dichiarazione di Johannesburg" che si limita a constarare il "profondo gap" che separa i ricchi dai poveri e ciò "rappresenta una minaccia alla prosperità e alla stabilità mondiale". Solo Powell, prima di partire, ha definito il summit "un successo".


"In piazza per la legalità anche chi vota a destra"
Matteo Tonelli su
la Repubblica

Scansa amabilmente ogni polemica. Chiama a raccolta anche gli elettori del centrodestra perché, giura, "i temi della manifestazione di sabato devono essere patrimonio di tutti". Lancia un ponte verso i partiti, "per i quali noi siamo stati e siamo uno stimolo, ma non vogliamo certo sostituirli". E'un Nanni Moretti dai toni morbidi quello che presenta la manifestazione per la legalità di sabato 14 settembre a Roma. Una manifestazione che, "non è un assedio alle istituzioni", che costerà "molti soldi" e che si preannuncia "straordinaria".
Giornate febbrili queste per lo stato maggiore dei girotondini. Ieri una prima riunione, oggi la presentazione alla stampa. Moretti si porta dietro i girotondisti della prima ora: le romane Marina Astrologo e Silvia Bonucci, il professore fiorentino Pancho Pardi, il direttore di Micromega Paolo Flores d'Arcais. Dopo quel "vergogna" urlato a pieni polmoni davanti al Senato, oggi è il giorno dei toni morbidi, rassicuranti. Nessuna polemica con nessuno. Non con i partiti "andiamo avanti senza contrapposizioni con la consapevolezza che c'è un tempo per piazza Navona e un tempo per piazza del Popolo". Non con Massimo D'Alema che alla manifestazione non ci sarà e che auspica che non si crei una rigida contrapposizione tra i movimenti da una parte e Berlusconi dall'altra ("una cosa a cui non abbiamo pensato, manteniamo il senso del ridicolo" replica Moretti).
Non con Francesco Rutelli "che ha ragione quando dice che i movimenti da soli non bastano". E a chi ha cercato di "avvelenare" il clima della manifestazione "vogliamo dire che non abbiamo mai pensato ad un assedio selvaggio a Montecitorio. Che questa manifestazione si sarebbe tenuta il 14 settembre a piazza del Popolo lo abbiamo deciso il 31 luglio durante il sit-in davanti a palazzo Madama".
Ma quanti saranno in piazza sabato? Molti, moltissimi, giurano i promotori. "C'è un grande fermento in giro" dice Flores d'Arcais. Tantissimi, soprattutto se si considera la natura della manifestazione: autorganizzata e autofinanziata. Appuntamento alle 15 a piazza del Popolo: parleranno Moretti, Flores, Pardi, Astrologo "e altri che decideremo". Suoneranno Luca Barbarossa, Roberto Vecchioni, gli Avion Travel. Chiuderanno Fiorella Mannoia e Francesco De Gregori. Tutti gratuitamente. Ma il palco, quello, bisogna pagarlo. E allora si batte cassa: "Dateci una mano o Moretti non potrà più fare film" scherza Flores (conto corrente sul sito www.centomovimenti.it, con Lamberto Sechi direttore responsabile della newsletter).
Resta il tempo per un Moretti che racconta quanto stia significando per lui questa esperienza. "Che mi ha coinvolto molto, d'altronde se non avessi fatto qualcosa, in futuro mi sarei vergognato".


Girotondini in piazza, gelo con D'Alema
Fabrizio Roncone sul
Corriere della Sera

Girotondini in conferenza stampa. Tarda mattinata, sede della Fnsi, terzo piano. La manifestazione del prossimo 14 settembre annunciata in un'atmosfera euforica, moderatamente scaramantica, buonista con tutti tranne che con Massimo D'Alema. L'intervista che il presidente dei Ds ha rilasciato al Corriere della Sera , infatti, non è piaciuta. "Ah, già - dice Paolo Flores D'Arcais - D'Alema non verrà a piazza del Popolo perché ha un impegno...". Deve partecipare ad alcune Feste dell'Unità in Emilia... "Beh, certo, anche quelle sono feste importanti. Però...". Cosa? "Pure Sergio Cofferati dovrebbe andare a una Festa dell'Unità, e invece ci sarà, ha trovato il modo di essere con noi". Davvero? "Certamente. Ma non c'è da stupirsi troppo. Evidentemente, D'Alema ha detto al suo autista di essere più prudente...".
Sghignazza Francesco Pardi detto "Pancho", "l'uomo che io, nello scorso febbraio, sul palco di piazza Navona, indicai per scherzo, quasi per fare un esempio, come il nuovo, possibile leader della sinistra italiana. E il bello è che non solo ci avete creduto voi giornalisti, ma pure lui...". Nanni Moretti prende la scena. Con disinvoltura, sicuro, simpatico. Molto morettiano . Come quando, per richiamare due giornalisti, urla: "Bambiniiii... silenzio!".
Per uno che è abituato a gestire conferenze stampa ai festival del cinema di tutto il mondo, da Cannes a Venezia, questa qui organizzata nella sede della Federazione nazionale della stampa italiana, deve sembrargli proprio molto più semplice e però anche molto più emozionante. Ad un certo punto, gli va via la voce. Corde vocali strette. "Io credo che il nostro lavoro degli ultimi mesi sia stato molto, molto utile e... uff! uff!...".
Interviene subito in soccorso Marina Astrologo, una delle animatrici storiche dei girotondi romani. Perché poi, ecco, ciò che maggiormente colpisce, in questa conferenza stampa, è il ritmo, l'intesa, la gestione dei temi e delle polemiche. Prendiamo il caso montato da Antonio Di Pietro. Che si sente rammaricato "per non poter dire, io proprio io che sono il padre di Mani pulite, mezza parola dal palco". E loro, i girotondini, in coro affettuoso: "Ma noi a Di Pietro vogliamo bene, scherziamo?". Non potrà parlare, spiegano, "solo perché la nostra è una manifestazione così, di movimento, di associazioni, di gente, e speriamo ci siano anche quelli che han votato per il centrodestra, indignata per come il governo sta gestendo questioni importanti come l'informazione, la giustizia, l'economia...".
Dice Moretti: "Dev'essere chiara una cosa: noi non ci sovrapponiamo ai politici e ai partiti. Noi vogliamo soltanto sostenerli. Come accadde davanti al Senato, alla fine di luglio, quando la maggioranza tentava di imporre la legge Cirami". Nega contrapposizioni: "C'è un tempo per piazza Navona e uno per piazza del Popolo. Ora è il tempo di piazza del Popolo. Sono d'accordo con quanto dice Massimo D'Alema: vanno bene i movimenti ma non bastano. Nonostante i successi manteniamo il senso della realtà e del ridicolo. E non abbiamo mai detto che da una parte sta Berlusconi, dall'altra stanno i girotondi".

Se si escludono infatti Massimo D'Alema e Enrico Boselli dello Sdi, gli altri dovrebbero presentarsi tutti. Da Francesco Rutelli e Piero Fassino, freddini, a Sergio Cofferati, "molto convinto". Fausto Bertinotti e Antonio Di Pietro presenti ciascuno con "piattaforme autonome". Verdi e Comunisti italiani "meno problematici". Come Vittorio Agnoletto, leader no global: "Sarà una grande manifestazione, lo sento".


D'Alema e Rutelli ci danno ragione
Nicola Tranfaglia su
l'Unità

I girotondi non bastano, dicono nelle loro interviste alla "Repubblica" e al "Corriere della Sera" del 4 settembre Francesco Rutelli e Massimo D'Alema. Ne siamo convinti anche noi e lo è in gran parte il coordinamento provvisorio dei movimenti che ha risolto ieri a Roma, almeno in parte, i problemi politici e organizzativi del 14 settembre che si annuncia, a giudicare dalle tante adesioni già pervenute, come una straordinaria occasione per comunicare con larghi strati della società italiana le ragioni di una protesta sacrosanta sulle manomissioni costituzionali di cui si è già resa protagonista la maggioranza di centro-destra.
Quando Rutelli parla di un "governo peronista" e D'Alema di un "governo fallimentare" e di una "politica economica disastrosa", non fanno che accettare, e far propria, una diagnosi assai negativa della situazione politica italiana che questo giornale e, nel suo piccolo, chi scrive hanno denunciato, previsto ed analizzato da alcuni mesi a questa parte.
Ecco, è proprio in questo che è consistita l'utilità politica della ribellione di pezzi della società civile che si è manifestata durante il primo anno del governo Berlusconi attraverso girotondi e manifestazioni di piazza e davanti alle sedi di istituzioni politiche e giudiziarie.
Quando parlavamo di "allarme democratico" e di necessario lancio di una parola d'ordine elementare: "La Costituzione e la legge sono uguali per tutti", i giornali, indulgenti con il Cavaliere e severi con i girotondi, rispondevano (e lo fanno ancora: basta leggere, sempre il 4 settembre, gli articoli di Pier Luigi Battista e di Franco De Benedetti sulla "Stampa" di Torino per averne conferma) che non era vero e che eravamo estremisti, giacobini o addirittura, in qualche caso, filoterroristi.
Ora, almeno nel centro-sinistra (con l'eccezione di De Benedetti e di qualche sindaco un po' distratto e troppo ottimista) si riconosce per fortuna che l'allarme era fondato e che deve esserci un'effettiva collaborazione tra l'opposizione parlamentare e quella sociale. Sia D'Alema che Rutelli richiamano l'attenzione sulla necessità, e io direi sull'urgenza, di rendere tutta l'opposizione consapevole appiena dei compiti che ci attendono: mettere a punto una piattaforma programmatica adatta a coinvolgere non soltanto gli elettori del 13 maggio 2001 che hanno votato per il centro-sinistra ma quella parte della società civile che in quell'occasione ha creduto alle lusinghe e alle promesse di Berlusconi e sta verificando proprio in queste settimane che non sono state in nessun modo onorate dal governo e creare una nuova classe dirigente.
Il catalogo di queste promesse vane è ormai lungo: le leggi sulla giustizia che sono state approvate o che sono davanti al Parlamento nulla dicono sull'urgenza di riformare quel campo in modo da rendere più brevi e più giusti i processi e più efficiente il lavoro dei giudici perché continuano ad occuparsi esclusivamente dei modi in cui si possono salvare Berlusconi e i suoi sodali (primo tra tutti l'on. Previti e secondo l'on. Dell'Utri) dai numerosi processi in cui sono implicati e impedire ai giudici di portarli a termine.
Facciamo due esempi? Ridurre il numero dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura da 30 a 24 per occuparsi di 22mila magistrati delle varie magistrature non è un modo di aumentare l'efficienza dell'organo ma piuttosto di renderlo inefficiente. Varare il disegno di legge Cirami-Carrara sul legittimo sospetto, incluse le impugnazioni degli imputati che sospendono i procedimenti e ne promuovono il trasferimento, non rende più breve ma insicuro, e a rischio di prescrizione, senza trascurare l'evidente rischio di incostituzionalità per cui si attende in ottobre una nuova pronuncia della Corte Costituzionale, ogni futuro processo.
Discorso analogo riguarda la salvaguardia dei diritti costituzionali dei lavoratori, degli studenti nella scuola, dei cittadini in campo sanitario.



Fassino: proporrò all´Ulivo una manifestazione il 5 ottobre
Maria Teresa Meli su
La Stampa

Il problema del rapporto tra popolo dei girotondi, movimenti e partiti insegue il segretario dei ds Piero Fassino anche alla Festa dell'Unità. Reduce da una riunione di segreteria dove si è parlato della manifestazione del 14, il leader della Quercia arriva a Modena tra gli applausi, e la prima domanda che gli viene posta dall'intervistatore, Maurizio Costanzo, è proprio questa. E' inevitabile, tanto più dopo che Massimo D'Alema, dalle colonne del "Corriere della Sera", ha annunciato che non parteciperà a quell'iniziativa per precedenti impegni. "E' vero - spiega Fassino - Massimo non ci sarà, ma perché parteciperà a una Festa dell'Unità a Reggio Emilia, e non credo che questo costituisca un problema, anzi...". Ma che un problema, in realtà, vi sia, lo dimostra il fatto che, subito dopo, il segretario ds annunci dal palco che al vertice del centrosinistra, lunedì prossimo, proporrà di tenere una grande manifestazione dell'Ulivo per sabato 5 ottobre. Come a dire: è vero che la società civile si sta muovendo, ma i partiti non restano inerti, né tanto meno possono esaurire il loro ruolo andando appresso alle altrui iniziative.

Superato il passaggio delicato del rapporto tra piazza e partiti, Fassino va dritto spedito. Sarà il fatto che questa è la sua prima volta da segretario a una festa dell'Unità, sarà quel che sarà, fatto sta che il leader della Quercia, a Modena, si scopre battutista e tagliente. A ispirarlo è soprattutto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. "Quando sento parlare di condono tombale io mi tocco", ridacchia Fassino. E poi: "C'è una deputata di An che organizza feste al Bilionnaire che si è entusiasmata per il condono: ecco condono tombale e Bilionnaire, sono due concezioni identiche della vita". Ancora: "Tremonti racconta balle. Tant'è vero che dirò a Benigni che il maggiore sponsor del suo film su Pinocchio è proprio il ministro dell'Economia". Ce n'è anche per Letizia Moratti: "E' patetica", osserva Fassino. Dopodiché, trattandosi di una signora, rettifica un po´: "Patetica politicamente, non personalmente". Infine, un argomento inevitabile: Cofferati. "La Pirelli - sottolinea Fassino - non è Caprera. Sergio è una risorsa della democrazia e il partito e l'Ulivo dovranno valorizzarlo politicamente. So che c'è invece chi vuole utilizzarlo contro di noi, ma lui si sottrarrà a questa insidia, perché la nostra gente ci chiede unità".


"Non firmeremo nulla con l´inflazione programmata all´1,4%"
La Cgil pronta all´offensiva d´autunno
Gian Carlo Fossi su
La Stampa

La Cgil non perde tempo e dà subito il via, dopo la pausa estiva, alla battaglia d´autunno su questioni incandescenti: rinnovi contrattuali per 6 milioni e mezzo di lavoratori, politica economica del governo, giustizia, sanità, pensioni e ammortizzatori sociali, scuola. Un´azione forte a largo raggio, certamente la più dura e organizzata degli ultimi 30 anni, basata su un intreccio stringente tra scioperi (quello generale in ottobre) e manifestazioni di piazza, che troveranno occasioni di convergenza con la pressione dei girotondi, dei Centomovimenti e della società civile. A cominciare dalla manifestazione del 14 settembre sulla giustizia, lanciata appunto da Centomovimenti, alla quale Sergio Cofferati ha deciso ieri di partecipare con tutta la segreteria confederale. "E´ indispensabile - sottolinea il leader della Cgil - una estesa ed efficace iniziativa promossa da tutti i soggetti che si sentono attaccati nei loro valori per contrastare il disegno di questo governo e promuovere le condizioni per una società davvero più libera, equa e solidale". Cofferati ha aggiunto che la raccolta di firme per l'abrogazione delle modifiche all'art.18 ha superato quota 800 mila: "Arriveremo facilmente a 5 milioni". Incalza sul fronte economico Beniamino Lapadula, responsabile confederale del dipartimento politiche sociali: "Secondo il governo in Italia va tutto bene, non aumenteranno le tasse e nemmeno vi sarà una politica di tagli: niente di più falso. Prima o poi dovrà dire al paese come stanno realmente le cose e a quel punto per Berlusconi sarà un bel problema". Mentre in vista della "resa dei conti" da Palermo Bari Catanzaro Napoli Firenze Milano Monza e molte altre realtà territoriali giunge notizia del moltiplicarsi di interventi per galvanizzare gli iscritti e l´opinione pubblica sui problemi più scottanti, ieri i vertici della Cgil e i segretari generali delle categorie hanno affrontato il nodo esplosivo dei rinnovi contrattuali, in preparazione del direttivo confederale convocato per il 9 settembre e, subito, viene lanciato un segnale secco: il tasso di inflazione programmato dal governo nell´1,4% non può essere il punto di riferimento per i prossimi rinnovi e, se l´esecutivo non modificherà la sua posizione, sarà guerra ad oltranza. "E´ chiaro - commenta il segretario nazionale della Fiom Giorgio Cremaschi - che i contratti non si faranno sull´inflazione programmata 2003. Il potere di acquisto dei salari deve essere ragionevolmente tutelato di fronte al tasso ben più elevato di inflazione reale". Aggiunge: "Non credo che si arriverà a piattaforme ciclostilate da parte delle categorie, anche se ritengo sia nelle strategie confederali un´impostazione che guarda all´inflazione vera, cioè quella delle zucchine per intenderci, e non quella del sottosegretario al welfare Sacconi, al recupero del differenziale tra inflazione programmata e inflazione reale, e alla redistribuzione di una quota di produttività a beneficio dei lavoratori". I primi a partire sono i sindacati del pubblico impiego con il rinnovo del contratto dei quasi 300 mila ministeriali e immediatamente si è arrivati allo scontro, ma nel giro di qualche settimana il clima si surriscalderà con l´apertura del negoziato sul contratto dell´industria tradizionalmente più difficile, quello dei metalmeccanici.


Ciampi avverte: la Cirami cambi, o non la firmerò
Massimo Giannini su
la Repubblica

E' cominciato l'autunno anche per Ciampi. Nel pomeriggio si è concesso il lusso di un bagno nelle acque della tenuta presidenziale di Castelporziano. Ma è stato davvero l'ultimo prima di un violento temporale. Poche ore prima il faccia a faccia con Silvio Berlusconi nello Studio alla Vetrata, ha rimesso il Quirinale al centro della politica italiana, precipitandolo nel mezzo di un doppio e intricato groviglio. L'economia dà segnali congiunturali sempre più inquietanti. La giustizia produce strappi istituzionali sempre più devastanti. Il capo del governo sminuisce e divide. Il Capo dello Stato si preoccupa e ricuce. Ma tra il Colle e Palazzo Chigi rimane la distanza. Per ragioni diverse, le due questioni stanno troppo a cuore al presidente della Repubblica. Sono al primo posto nella sua agenda di settembre. Sono al centro del primo colloquio con il Cavaliere dopo le ferie estive. Non è andato male. Ma non è andato neanche bene. Su entrambi i fronti ci sono sensibilità e aspettative differenti.
L'economia resta, per Ciampi, un'urgenza irrinunciabile. Lo ha già detto durante la sua visita a Napoli: "La vera priorità del Paese è la lotta alla disoccupazione". Lo ha ripetuto ieri mattina anche a Berlusconi, atteso a Bari sabato prossimo, alla Fiera del Levante, per un discorso molto impegnativo, vista la rabbia che cova in molte zone disagiate del Mezzogiorno. Il governo ha non poche attenuanti: il ciclo arranca dovunque, a partire dagli Stati Uniti, per non parlare della Germania e della Francia. Ma l'Italia ha un problema in più: i conti pubblici che, in questi ultimi due mesi, sembrano fuori controllo, e il debito doppio rispetto ai partner. Il boom del fabbisogno d'agosto è un segnale che il Capo dello Stato non poteva sottovalutare, memore della via crucis che, da ministro del Tesoro, l'ha accompagnato durante la sua rincorsa al traguardo di Maastricht. Per questo, quando il premier gli ha illustrato il dettaglio del decreto legge taglia-spese che sarà varato oggi in Consiglio dei ministri, la reazione del Capo dello Stato è stata inequivoca: "Finalmente una misura davvero strutturale: continuate così", è stato l'invito rivolto al capo del governo. Insieme a questo, la sollecitazione alla "massima chiarezza", verso il Parlamento e l'opinione pubblica, sull'andamento delle grandezze dell'economia reale e del bilancio dello Stato.

Se sull'economia il dialogo è aperto, sulla giustizia il quadro è molto più complesso. Buona parte dell'incontro tra Ciampi e Berlusconi si è avvitato intorno al disegno di legge Cirami sul legittimo sospetto. Anche su questo versante il capo dello Stato non nasconde i suoi timori: "Dobbiamo evitare nuove lacerazioni istituzionali, come quella che si è verificata quest'estate al Senato", è la preghiera di Ciampi. "Presidente, sono totalmente d'accordo con te", è stata la risposta del premier. Ma quando dalle attese generiche si passa alle questioni pratiche l'affare si complica. Il presidente della Repubblica è alle prese con un nodo delicatissimo, e difficilissimo da sciogliere. Come nel caso della legge sulle rogatorie, anche nella Cirami l'impressione del Quirinale è che "così com'è questo provvedimento è incostituzionale": sarebbe impossibile per lui promulgare la legge. L'intoppo è il terzo comma dell'articolo 1, che nel prevedere la reintroduzione del "legittimo sospetto" come causa che permette la richiesta di trasferimento di un processo ad altro tribunale, dispone la sospensione del processo. Nel '96 la stessa sospensione era stata giudicata incostituzionale dalla Consulta. Ora la Cirami la reintrodurrebbe, con buona pace della giurisprudenza della Corte.
Come farebbe Ciampi a firmarla? Questo, ieri, ha spiegato il capo dello Stato. Di fronte a lui ci sono due possibilità: La prima, la più drastica: quel comma va soppresso, la sospensione dei processi va espunta dal ddl, che a quel punto si limita a diventare una norma puramente ed effettivamente garantista, che fa rientrare nel codice di procedura penale il legittimo sospetto. La seconda possibilità, più sfumata: un emendamento che non cancelli, ma circoscriva le ipotesi di sospensione. A quanto sembra, il Colle avrebbe illustrato al Cavaliere questo secondo orientamento. Lo stesso che preferì nel caso delle rogatorie: una moral suasion per modifica parlamentare, al terzo comma, che non violi il principio della Consulta. Gli uffici legislativi sarebbero già al lavoro per trovare l'escamotage: un'ipotesi pare quella di escludere la sospensione nel caso dei processi di mafia. "Si può fare", è la linea di Berlusconi. Che tuttavia ai suoi spiega: "Modifichiamo pure quella norma, ma la sostanza deve rimanere...". La "sostanza" è presto detta, e riassunta dagli avvocati del premier: "Il processo di Milano che vede imputato Previti deve essere sospeso prima della sentenza".
Questa soluzione rimette in moto la corsa parallela degli orologi di Roma e di Milano. La sentenza sui processi Imi-Sir/Lodo Mondadori potrebbe arrivare a fine ottobre. Con l'emendamento al ddl introdotto dalla Camera, che potrebbe approvare il testo entro la prima metà del prossimo mese, la Cirami dovrebbe però tornare al Senato per la seconda e definitiva lettura. Siamo sul filo. Per questo, appena uscito dal Quirinale Berlusconi ha fatto una seconda tappa tutt'altro che casuale: lo studio di Marcello Pera, protagonista in aula del pessimo spettacolo di fine luglio. Facile immaginare cosa abbia chiesto il premier al presidente del Senato: se tutto va come deve, se Ciampi non si impunta scegliendo la possibilità più drastica e accetta invece quella più blanda (l'emendamento che salva la "sostanza"), su Palazzo Madama grava l'imperativo categorico: "La Cirami è blindata, e va approvata in 24 ore. L'opposizione faccia quello che vuole, in piazza e in aula". Queste sono le priorità del Cavaliere. Questo è l'autunno che Ciampi si trova di fronte.


La legge Cirami potrebbe non sospendere i processi
Dino Martirano sul
Corriere della Sera

Maggioranza e opposizione si confrontano sui tempi della calendarizzazione della legge Cirami, il testo che reintroduce il legittimo sospetto tra le cause di rimessione del processo, ma un dibattito sotterraneo tra avvocati, costituzionalisti e politici fa avanzare un dubbio: e se la "Cirami", così come è stata concepita, non fosse sufficiente a sospendere i processi di Milano in cui sono imputati il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e l'onorevole Cesare Previti? Il testo varato dal Senato prima della pausa estiva prevede l'interruzione del processo al termine dell'istruttoria dibattimentale in attesa che la Cassazione prenda una decisione sul suo trasferimento. Il che significherebbe che il pubblico ministero di Milano non potrebbe pronunciare la sua requisitoria e tantomeno i giudici emettere la sentenza.
Ma proprio su questo punto sorgono i dubbi, arrivati fino al Quirinale, sulla possibile incostituzionalità della norma. Non solo perché contrasterebbe con una decisione della Consulta del '96, tesa ad evitare l'abuso a fini dilatori, che dichiarò illegittima l'impossibilità di emettere il verdetto. La riforma potrebbe anche non rispettare il nuovo articolo 111 della Costituzione che tra le altre garanzie impone alla legge di "assicurare la ragionevole durata del processo". La questione, così, potrebbe allungare oltremodo il dibattito nelle commissioni Giustizia e Affari costituzionali e poi nell'Aula di Montecitorio. Il problema, poi, se il testo non dovesse subire modifiche, si potrebbe ripresentare al momento della promulagazione della legge da parte del capo dello Stato.
In ogni caso, seppure la Cirami dovesse essere approvata così come è uscita dal Senato, il giudice chiamato ad applicarla (e quindi a interrompere il dibattimento) potrebbe comunque sollevare una nuova questione di costituzionalità davanti alla Consulta. Con l'effetto di bloccare il processo ma allo stesso tempo di minare l'impianto di una parte della legge.
Questi possibili scenari sono al centro dei ripetuti contatti di questi giorni tra i rappresentati delle diverse istituzioni: e non sembra esclusa l'eventualità di cambiare in corso d'opera il testo nella parte in cui prevede la sospensione obbligatoria del processo.

Ma in questo caso verrebbe meno uno dei presupposti che hanno fatto partire la corsa contro il tempo del Parlamento per approvare la legge prima che i processi di Milano possano concludersi. Inoltre, sarebbe anche necessario un terzo passaggio al Senato i cui tempi, seppure veloci, comporterebbero uno slittamento in pieno autunno per l'approvazione definitiva della "Cirami". E anche di questo potrebbero aver parlato Silvio Berlusconi e il presidente del Senato, Marcello Pera, che ieri si sono visti dopo la pausa estiva.
Pier Luigi Mantini della Margherita ha presentato un disegno di legge (successivo alla "Cirami") in cui si prevede che, in attesa della decisione della Cassazione sull'istanza di rimessione, il giudice "valuta l'ammissibilità e la fondatezza della richiesta al fine di decidere se pronunciare sentenza". Ovvero sarebbe lo stesso tribunale a decidere se concludere o meno il processo. E' prevedibile che la maggioranza non sia di questo avviso e, dunque, eventuali modifiche della "Cirami" dovrebbero trovare un punto di vero equilibrio. Così il dibattito che sta per iniziare a Montecitorio potrebbe rivelarsi più lungo e complesso del previsto.


"Una Convenzione per le riforme"
Follini: basta scelte a maggioranza
Marco Galluzzo sul
Corriere della Sera

"Non mi rassegno a quello che alcuni analisti definiscono come l'autunno dei moderati, al tramonto di un'idea misurata del conflitto politico. Credo che questa legislatura non debba ammainare la bandiera delle riforme costituzionali. Prendo atto che le mille strade che abbiamo cercato di percorrere sono tutte sbarrate. Per tutti questi motivi penso che una Convenzione per la riforma istituzionale, sul modello di quella europea, sia un'idea che può registrare consenso. In sintesi, qualcosa di più della Bicamerale e qualcosa di meno della Costituente". Non nasconde che la proposta, visto lo stato del confronto politico, ha un tasso di "ingenuità", ma Marco Follini non rintraccia altra strada. Per riprendere in mano il progetto delle riforme costituzionali e disegnare un nuovo assetto dello Stato, quello della Convenzione (l'organismo che in questi mesi a Bruxelles sta gettando le basi di un progetto politico di nuova Europa) è forse l'unico strumento possibile.
Come nasce l'idea?
"Una Costituente mi sembra al di là della nostra portata, un'altra Bicamerale sembra troppo poco. E la riforma a maggioranza sarebbe un girotondo del centrodestra intorno al centrosinistra. Almeno proviamo a prendere in prestito il modello europeo. Facciamo una Convenzione con rappresentanti di Parlamento, Regioni e Comuni, che disegni la nuova architettura dello Stato. Poi sarà il Parlamento a decidere se e come trascrivere questo disegno in legge costituzionale. Per rubare un'espressione a Musil sarebbe un'azione parallela. Sul piano politico ci si scontra sulla riforma fiscale, sul Patto per l'Italia e persino sul Cirami, sul piano istituzionale si cerca di lavorare insieme".
Sembra una bellissima utopia, visto lo stato del confronto politico.
"Riconosco che nella proposta c'è una buona dose di ingenuità, ma temo che la furbizia di lasciare le cose come stanno non ci porti lontano".

D'Alema non va in piazza. Una "distanza" di buon auspicio per un progetto di dialogo?
"Apprezzo la scelta. Ma non vedo perché debba condire la sua assenza, che conta, con un giudizio positivo sui girotondi che sa tanto di circostanza. Avrei preferito che, fedele al suo carattere, avesse fatto uno strappo all'etichetta".
La moratoria sulle riforme in tema di giustizia lanciata da Mantovano: è d'accordo?
"Se la proposta di Mantovano allude alla necessità che, superata la Cirami, ci sia sulla giustizia un disegno complessivo, di ampio respiro, sono d'accordo. Se il discorso è sul metodo credo che l'organicità sia sempre preferibile rispetto allo spezzettamento dei provvedimenti".
La legge Cirami ?
"Cirami non è Beccaria, ma ha fatto una buona legge".


Eyes on the prize
Berlusconi as Nobel peace laureate?
Philip Willan sul
Guardian

The proposal of the Italian prime minister for the prestigious international award underlines the polarisation of opinions about the billionaire media mogul. In Italy you either love the man or you hate him.
Mr Berlusconi has certainly not brought peace to the domestic political scene. He is on trial for corruption in Milan and deeply engrossed in a reform of the judicial system that appears designed to postpone the moment of judgment until the statute of limitations kicks in to his advantage.
Thousands of angry political opponents will converge on Rome in 10 days' time to protest at what they see as the dismantling of the judiciary for the personal benefit of a single defendant. Things have gone better for Mr Berlusconi in the international arena, where his achievements rank him with the likes of Henry Kissinger and Yasser Arafat, according to the Forza Italia senator who is promoting his candidature.
Antonio Gentile, a parliamentarian from the southern town of Cosenza, is canvassing support from academics, clerics and politicians and plans to submit his formal nomination to the Nobel committee at the end of this month. Mr Gentile acknowledges that ungenerous spirits suspect him of sycophancy towards his party leader but he insists that Mr Berlusconi is the victim of prejudice and has really done an extraordinary amount for world peace since taking office a little over a year ago.
Mr Berlusconi has indeed been hyperactive in foreign affairs, where his dual role as prime minister and acting foreign minister exposes him to a double dose of world leaders. Mr Gentile and his supporters cite Mr Berlusconi's efforts to bring about a rapprochement between Russia and Nato, his mediation over the siege of Bethlehem's Church of the Nativity and his promotion of a new Marshall plan to aid the Palestinian economy. His chairmanship of the world food summit in Rome and his example in forgiving third world debt are also cited as Nobel-worthy achievements.
Critics prefer to recall his gaffe over western civilisation's supposed superiority over Islam, the disastrous handling of the G8 riots in Genoa, the breaking of European solidarity over justice and trade issues and the confusion over the timing and location of the food summit in the wake of Genoa.
Mr Berlusconi's dexterity in the u-turn was demonstrated only last week: one day Italy was planning a bilateral agreement with the US to protect American servicemen from the long arm of the international criminal court, the next it was prepared to wait for a common European position on the troublesome issue.
Mr Berlusconi has brought a new informal style to international diplomacy and evidently enjoys rubbing shoulders with the great and the presumed good. He sensibly pointed out in Johannesburg that a lot of time was wasted at international conferences through repetitive and superfluous verbal courtesies. By now an intimate of all the G8 leaders, he explained that international relations worked just like human ones, with one friend cadging a favour from the other. "It's just like life," he confided to reporters.
Mr Gentile denies that his proposal might be premature, insisting that Mr Berlusconi's incisive action to unify the world already merited Nobel recognition. Those who resisted the idea were mainly communist nostalgics and the victims of their own prejudice, he said.
One critic, the opposition MP Antonio Di Pietro, developed his "prejudice" while investigating Mr Berlusconi as a member of the Milan team of anti-corruption prosecutors. He suggested Mr Berlusconi did not so much deserve the peace prize as a Pinocchio prize for lying and said the prime minister had turned Italy into an international laughing stock.
Undeterred, Mr Gentile said he was intending to forward his proposal to Sweden's Royal Academy in Stockholm. The peace prize is actually awarded by an institute based in Oslo but, as the author of three books, Mr Berlusconi might be able to claim the Nobel prize for literature - which is awarded by Stockholm - as well.


   5 settembre 2002