prima pagina pagina precedente



sulla stampa
a cura di P.C. - 8 dicembre 2003


"Togliete di mezzo questa riforma"
Intervista a Guglielmo Epifani
Marco Cianca sul
Corriere della Sera

ROMA - Dopo la manifestazione di sabato, un milione in piazza per dire no alla riforma delle pensioni, "l'Unità" ha scritto: torna la classe operaia, torna lo scontro di classe. Guglielmo Epifani, 53 anni, segretario generale della Cgil, non trova opportuno il richiamo a categorie marxiste: "Mi pare archeologia. E' sbagliato. In piazza c'era tutto. C'era la classe operaia, c'erano i giovani, c'erano gli anziani, c'era il ceto medio. Il carattere fondamentale di San Giovanni è stata la ricchezza e la complessità delle provenienze e dei percorsi professionali e sociali. Un'immagine del Paese vero".
Niente lotta di classe, quindi. Ma che andrete a dire mercoledì al ministro del Lavoro? Facciamo uno scenario. Maroni si siede e vi chiede: caro sindacato, questa è la mia proposta, voi ne avete una alternativa?
"Noi abbiamo le nostre opinioni, unitarie nell'impianto. Ma mi sembra che in realtà il governo voglia andare dritto sulla sua strada".
Ma in concreto voi pensate che il sistema previdenziale vada bene così com'è o che bisogna metterci mano?
"Se ci fossero condizioni per un confronto vero bisognerebbe partire dal tema generale del welfare. Penso agli anziani non autosufficienti, al dramma di molti lavoratori della piccola impresa o dell'indotto che non hanno nessuna forma di tutela, ai giovani senza lavoro o con un lavoro precario. Oppure penso alle questioni della sanità che da sole meriterebbero un tavolo di confronto vero".
Voi quindi sareste disposti a una trattativa su tutto lo stato sociale?
"A un confronto che parta dalle grandi questioni che segnano i problemi drammatici di molte persone".
In un tale contesto trattereste anche sulle pensioni?
"Sì, dentro la questione più generale del welfare. Partendo dal completamento della riforma Dini".
Però sa più di un maquillage che di un intervento vero. L'età pensionabile va alzata?
"Non vedo questa necessità perché non siamo in presenza di una grandissima differenza tra il livello odierno di spesa e quello che si prevede dal 2025 al 2040. Molto più forte è il problema dei lavoratori autonomi e questo prefigurerebbe un intervento sulle loro aliquote".
Vuole dire che commercianti e artigiani dovrebbero pagare più contributi?
"Una parte, sì. Si tratterà di fare i conti ma questo problema c'è. Per il lavoro dipendente penso invece che si dovrebbe sperimentare davvero la strada degli incentivi a restare".
Eppure i demografi dicono che con l'allungamento della vita media anche l'età della pensione deve cambiare. Non sarebbe più ambizioso un sindacato che si presenta al tavolo del governo e dice: è vero, di fronte ai grandi mutamenti sociali cerchiamo delle soluzioni davvero innovative?
"L'età pensionabile noi l'abbiamo ritoccata, non è un tabù. Ma oggi è meglio un innalzamento rigido o una serie di strumenti flessibili? Incentivi a restare, uscite morbide, part-time. Bisogna avere la fantasia di pensare soluzioni elastiche. Forse pochi sanno che l'età di pensionamento reale medio in Europa è di 60 anni e in Italia di 59 anni e sei mesi. Siamo già oggi in linea. Perché c'è tutto questo allarme?".
E se Maroni conferma il suo progetto?
"Vuol dire che il governo ha paura del dialogo perché questo scompaginerebbe le carte al suo interno".
Enrico Letta, autorevole dirigente della Margherita ed ex ministro dell'Industria, vi sollecita però a fare una vostra proposta.
"A Letta dico che le nostre opinioni sono note. A noi l'innalzamento obbligatorio dell'età pensionabile non pare né utile né giusto".
C'è il rischio che le strade di Cgil, Cisl e Uil si dividano di nuovo? E' possibile che Pezzotta accetti di vedere carte di cui voi non volete nemmeno sentir parlare?
"No, non credo. Nella manifestazione di sabato c'erano la coscienza degli errori del governo e la fiducia nelle nostre ragioni. L'unità del sindacato è figlia di questa coscienza".
Ma la Cgil spera in realtà di prendere tempo contando di arrivare a gennaio e a un rimpasto di governo che rimetta in discussione anche la riforma delle pensioni?
"Il problema non è il tempo ma il merito. Se il governo non avesse imboccato questa strada, ci saremmo tranquillamente ritrovati nel 2005 a verificare, come previsto dalla stessa legge, l'applicazione della Dini a dieci anni dalla sua entrata in vigore. E' il governo che ha impresso questa accelerazione senza senso, mettendo in discussione il cuore della riforma".
Maroni l'accusa di parlare più da politico che da sindacalista. Lei si sente un leader dell'opposizione?
"Mi sento il segretario di un sindacato che ha maturato elementi molto negativi nei confronti del governo. Hanno messo insieme una fila di errori grandi come una casa. Onestamente, quando dico che dopo trenta mesi il bilancio del governo consegna un Paese più povero, più insicuro e più diviso mi pare di cogliere la realtà".
Lei viene dalla scuola del sindacalismo socialista. Potrebbe definirsi un riformista doc. Come si sente a guidare un sindacato che fa comunque un'opposizione dura?
"Mi sento un riformista per cultura, per scelta e anche per temperamento. Però vorrei trovare la possibilità di avere un interlocutore che ci consenta di fare cose buone e giuste. Ma allo stato non lo vedo. E poi, quanto all'estremismo della Cgil, vorrei che si facesse una riflessione. Rappresentiamo un italiano su dieci, abbiamo cinque milioni e mezzo di iscritti, tanti umori, tante culture, tante sensibilità. Il collante della Cgil è la difesa rigorosa della ragioni del lavoro che oggi sono tenute troppo ai margini".
C'è però una situazione di forte tensione, come dimostra lo sciopero degli autoferrotranvieri. E il governo invoca regole più severe nell'organizzazione degli scioperi.
"Il governo dovrebbe in realtà occuparsi di dare il contratto agli autoferrotranvieri. Lo attendono da due anni. E' insopportabile".
Ma è insopportabile anche gettare Milano nel caos...
"Certo. Perché così dai visibilità alla tua lotta, finisci in prima pagina, ma colpisci altri lavoratori, isoli e indebolisci la protesta".
E allora non pensa che sia necessario rivedere la legge sullo sciopero?
"No, perché la legge è frutto di un delicato equilibrio che troverei rischioso rompere. Quello che serve è il contratto".
Che prevede sulle pensioni?
"Questa del governo è una riforma sgangherata. La tolgano di mezzo e facciamo un confronto vero. Il buon senso dice che sarebbe saggio non andare avanti. Non ascoltare il sindacato è un errore. Lo dico convinto, senza iattanza. Sono tornati indietro sulla scelta di Scanzano Jonico per le scorie nucleari. Perché non possono farlo sulle pensioni?".


"La capitale deruba il Nord"
Bossi contro i cortei di Roma
Andrea Montanari su
la Repubblica

MILANO
- Ministro Umberto Bossi, sabato a Roma c'erano in piazza un milione di persone contro la riforma delle pensioni del suo governo. Cosa ne pensa?
"Ci credo che sono andati a Roma. La capitale è quella che ha rubato tutti i soldi ai lavoratori del Nord. Ma ora la Roma imperiale è finita. Rimarrà sì una capitale con il Papa e qualcosa di altro. Ma il grande ladrocinio fatto nel ´72 con la riforma Visentini è finito. Quello che ha portato tutte le nostre tasse nell´erario dello Stato e a Roma tutte le direzioni delle imprese pubbliche".
Cosa glielo fa pensare?
"Che quello spirito non c´è più. Ritorna a Milano, alla gente che lavora, ritorna una società, che certamente si è fatta portare via tutto, da quegli zappatori, che erano stati chiamati a dirigere le imprese, vivevano con i soldi dei lavoratori del Nord e le hanno fatte fallire".
Un esempio?
"In questi giorni mi pare che ci sia qualcosa di nuovo sulle cronache quotidiane, che riguardano qualcuno del mondo bancario e della finanza. Stanno venendo fuori molte cose. Questi sono potenti segni di cambiamento".
Si riferisce al coinvolgimento di Cesare Geronzi nell´inchiesta per il crac Cirio?
"Non faccio nomi, ma i giornali li leggono tutti".

Gli operai dell´Alfa Romeo protestano perché la Fiat ha chiuso Arese. Cosa si può fare?
"La Fiat è un´impresa privata e lo Stato non può espropriarla. Siamo di fronte a un´impresa che disgraziatamente ha fatto altri investimenti. Prodi all´epoca fece una serie di errori e oggi li paghiamo con lo smantellamento dell´Alfa Romeo e con la necessità di trovare una soluzione".
Ha una proposta?
"Bisognerebbe collegare l´Alfa Romeo al settore dell´aviazione, recuperando cioè quelle capacità che, in passato, avevano creato l´Alfa Avio. È un pezzo di Milano che non c´è più. È una crisi simile a quella che ci fu nel settore aeroplani a Varese. Allora l´incapacità e l´ignoranza della nostra politica non permise alle nostre imprese di entrare progetto europeo Airbus. Siamo stati gli unici. E i risultati si sono visti. Ma d´altronde le privatizzazioni le hanno fatte alla romana".
La Fiat ha invece salvato Termini Imerese: è stato un tradimento dei lavoratori del Nord?
"Vada a chiederlo a Agnelli. L´Alfa Romeo la devono salvare. La Fiat finora non ci ha sentito, ma mi sembra che qualcosa si stia muovendo. Certo in momenti come questo non vedo alternative a quella di un progetto aeronautico. Nelle automobili mi pare che il meccanismo si sia bruciato. Non so se si potrà trattare. Tenga presente che a Roma è difficilissimo trovare qualcuno che si intenda di imprese".
Visto che è a Milano, perché non è andato alla prima della Scala?
"Ho altro da fare. Ho quattro figli da tirare su. Con i tempi che corrono non è una cosa facile. Per questo la casa non possiamo certo darla a quelli che arrivano per ultimi".
Si riferisce agli immigrati?
"Gli immigrati.... Arrivederci".


Piazza bella piazza
Loris Campetti su
il Manifesto

"Noi muratori costruiremo la casa comune della sinistra". Tanti auguri, dico all'edile napoletano della Cgil che alza con orgoglio il suo cartello fiducioso. Lui sembra non aver dubbi: "Se non ci pensano i politici della sinistra faremo da soli". E' uno tra tanti, l'edile determinato, un puntino in un puzzle gigantesco composto da "un milione, anzi un milione e mezzo di turisti", come ripete dal palco lo speaker delle tre manifestazioni che convergono su piazza san Giovanni, senza però riuscire a entrarvi. A guardarli, questi turisti, vien voglia di essere ottimisti e prendere sul sero il muratore che vuol costruire la casa comune. Con lui c'è chi si è fatto una notte in pullman dalla Sicilia e sgomita per riuscire almeno a vedere la piazza, prima di tornare al pullman per rifarsi 10-12 ore di viaggio. A settant'anni - ma c'è chi ne ha decisamente di più - non è uno scherzo. Per fare cosa? Per gridare contro Berlusconi e la sua politica economica e sociale. Anzi, contro Berlusconi e basta. Questi ragazzi di ieri sono mescolati con i ragazzi di oggi che sbattono in faccia a tutti la loro precarietà, l'insicurezza per il futuro. Gli operai torinesi e milanesi di insicurezza non ne hanno di meno: non sanno se e quando potranno appendere la tuta al chiodo, e neppure sanno se invece saranno costretti a dismetterla prima del tempo, per crisi o per ristrutturazione. I più festeggiati nel corteo e a San Giovanni sono i lucani, è come se i moti di Scanzano avessero messo le ali ai piedi a una regione intera che ha rispedito al mittente, cioè a Berlusconi, le scorie nucleari. Per non parlare degli autoferrotranvieri, praticamente un mito per le strade di Roma. E' proprio vero che qui, con Cgil, Cisl e Uil c'è un'altra Italia, un'Italia che ha poco a che vedere con quella che la destra pretende di rappresentare e che giornali e televisioni continuano a riproporci. Qui non c'è l'Italia che dà la caccia all'untore scioperaiolo e che urla ordine e disciplina. Quando passano i tranvieri disobbedienti ("Lavoratori Atm per i diritti"), qui si applaude e basta.

"Si dovranno rassegnare, gli auspici del Riformista che avevano peventivato la fine del biennio rosso 2001-2002. Ormai siamo al triennio", sfotte Giorgio Cremaschi della Fiom. "Riparte il conflitto - aggiunge - ed è innanzitutto contro Berlusconi. Questa è una manifestazione di popolo che ha dentro la rabbia per il peggioramento delle condizioni di lavoro, dei salari, per l'insicurezza sul futuro delle pensioni. Vedo in questa piazza un momento di continuità con la piazza che riempimmo a novembre noi della Fiom". Dalla Tiburtina, dall'Esedra, da porta San Paolo sfilano aggregati umani, culture e storie diverse che si mescolano. Tante generazioni unite da una condizione e da una battaglia comuni. Non sono tanti gli striscioni dei posti di lavoro, delle fabbriche e degli uffici, tutti si intrecciano pur senza confondersi.



Corsa alla pensione d'anzianità
Stefano Capitani su
Il Messaggero

ROMA Cresce la voglia di pensione di anzianità: il dibattito sulla riforma della previdenza spinge chi ha requisiti a presentare la domande per lasciare il lavoro, prima che entrino in vigore le modifiche proposte dal governo.
Nei primi nove mesi del 2003 le domande per la pensione di anzianità sono state 256.143, in crescita, rispetto al periodo gennaio-settembre 2002, del 19,1%. In complesso (vecchiaia, reversibilità, etc.), nei primi 9 mesi dell'anno sono state presentate 753.695 domande con un incremento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno del 6,8%. Aumento più contenuto per le domande di vecchiaia: ne sono state presentate 205.215, il 2,7% in più, seguite da quelle di invalidità (+2,1).
E' quanto emerge da un rapporto dell'Inps, anticipato ieri dall'agenzia di stampa Adnkronos.
Sempre nei primi nove mesi del 2003 sono state presentate, per effetto della sentenza della Corte di cassazione, 52.315 domande di trasformazione di altrettante pensioni di invalidità in pensioni di vecchiaia o di anzianità, che rappresentano il 12% del totale delle richieste pervenute. In particolare 46.909 sono state trasformate in pensioni di vecchiaia e 5.406 in pensioni di anzianità.
Per una corretta valutazione dell'andamento delle domande di anzianità è opportuno precisare che in molti casi la domanda viene presentata ai soli fini di un mero calcolo. Occorre quindi ripulire il numero complessivo delle domande da quelle cosiddette “esplorative”, cioè, spiega il rapporto, "presentate dagli interessati a titolo ricognitivo, in assenza dei requisiti di legge per il riconoscimento del diritto". La percentuale di domande respinte rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, infatti, è aumentata del 9,8%.
Un fenomeno che viene confermato anche dalle domande respinte rispetto a quelle pervenute, maggiore del 10,2% rispetto a quelle di vecchiaia. In particolare le domande di anzianità respinte sono state il 32,7% mentre quelle di vecchiaia il 22,5%. Al netto di questa tipologia, l'incremento delle domande di pensione di anzianità è stato del 9% circa.
Aumentano le pratiche di pensionamento, ma aumenta anche la capacità di smaltirle da parte dell'Inps: +5,4% di domande di anzianità definite, +16,5% per quelle di vecchiaia. Se al primo 1 gennaio la giacenza di domande era pari a 213.323 unità, al 30 settembre era scesa a 204.281, registrando una riduzione del 4,2%.
Secondo Adriano Musi, vicesegretario generale della Uil, l'aumento delle domande di pensione e in particolare di quelle di anzianità "è il frutto della campagna di dichiarazioni orchestrata dagli esponenti di governo negli ultimi 2 anni e in particolare in questi ultimi mesi". È la risposta al senso di precarizzazione dello stato sociale, alla continua rimessa in discussione delle regole. L'indeterminatezza delle regole previdenziali ha finito inevitabilmente per creare un effetto fuga che conclude Musi va ascritto tra i costi causati al sistema da chi ha fatto queste dichiarazioni".


Acquabomber: è psicosi da Trento a Palermo
Virginia Lori su
l'Unità

Acqua minerale "contaminate": è psicosi. Dal Trentino alla Sicilia sono decine le segnalazioni di bottiglie sospette. La gente ha paura e Acquabomber, come è già stato chiamato l'avvelenatore con siringa, ha già raggiunto il suo scopo: diffondere la paura. Il caso più grave in provincia di Torino, dove una bimba di tre anni di Santena è stata portata all'ospedale Regina Margherita dopo aver bevuto dell'acqua minerale da una bottiglietta. La piccola, che ha immediatamente sputato il liquido che aveva un odore simile a quello della candeggina, sta bene e presto dovrebbe ritornare a casa. La bottiglietta è stata sequestrata dalle forze dell'ordine e portata all'Arpa, dove sono in corso le analisi per stabilire se ci siano tracce di sostanze tossiche. Nel capoluogo piemontese ci sono state altre due segnalazioni sospette. Riguardano il ritrovamento di una bottiglia d'acqua e di una lattina di Coca Cola, entrambe bucate.
Una bottiglia di acqua minerale con un forellino e, una volta aperta, un odore tipico di ammoniaca è stata scoperta a Milano da una donna di 65 anni, che l'aveva acquistata la sera precedente in un supermercato della periferia sud-ovest di Milano. La segnalazione è stata fatta ieri mattina alla questura e la bottiglia, insieme alle altre della confezione, è stata sequestrata dalla polizia scientifica. Due casi sospetti anche in Trentino Alto Adige. A Bressanone un uomo ha comprato in un supermercato una bottiglia che presentava un forellino, a Cavalese un milanese si è presentato al pronto soccorso sostenendo di essersi sentito male dopo avere bevuto dell'acqua minerale. A Bressanone è stato un uomo di 41 anni ad accorgersi che una bottiglia di acqua mischiata a succo di frutti tropicali vitaminizzata perdeva. Ad una più attenta analisi, dopo che la bottiglia era stata portata al comando dei carabineri, si è scoperto che il liquido usciva da un piccolo forellino. Immediatamente la bottiglia è stata fatta avere al Nas dei carabineri che nei prossimi giorni provvederanno ad analizzarne il contenuto.

Ad Ancona un altro caso, con una bottiglia che presenta un piccolissimo foro compatibile con quello che potrebbe essere stato causato dall' ago di una siringa. La "minerale" sospetta è stata consegnata sabato ai carabinieri da un uomo di Fano, che l' aveva acquistata in un supermercato del luogo, lungo la strada Casanense. Di questo caso di bottiglia sospetta si stanno ora occupando i carabinieri del Nas di Ancona. Nelle prossime ore l' acqua contenuta nella bottiglia sarà sottoposta all' esame di laboratori specializzati, probabilmente da parte di tecnici dell' Arpam. L' uomo, cliente del supermercato dove la bottiglia era in vendita, non ha bevuto l' acqua, perché prima, allertato dalle notizie di questi giorni, ha controllato il contenitore, notando, oltre alla presenza del forellino, anche un cattivo odore, che tuttavia potrebbe derivare dal fatto che la bottiglia non è stata confezionata in questi giorni, bensì qualche tempo fa; pertanto, attraverso il contatto con l' aria, l' acqua potrebbe avere subito un processo di ossigenazione. Solo i risultati delle analisi potranno chiarire se vi sia l' effettiva presenza di qualche sostanza estranea. Indagini anche nel capoluogo siciliano per un sospetto caso di manomissione di una bottiglia di plastica con acqua minerale di una azienda locale. L'acquisto è stato fatto sabato sera in un supermercato vicino al palazzo di giustizia, nel centro storico, il contenitore da due litri aveva un foro da un millimetro.


Liscia, gassata o effervescente avvelenata
Lorenzo Mondo su
La Stampa

Le imprese del criminale misterioso che avvelena le bottiglie d'acqua nei supermercati fanno una speciale impressione per una serie di motivi. In primo luogo per il mezzo utilizzato al fine di suscitare, aldilà di possibili eventi letali, un panico diffuso. L'acqua è uno dei beni primari dell'uomo e un attentato che passa attraverso la sua contaminazione sembra quasi portare un sigillo di empietà. Nel nostro mondo industriale e avanzato, aveva già dovuto sottoporsi a infiniti filtri e cautele per essere bevuta con tranquillità. Lo stesso rubinetto di casa era stato scalzato sempre più largamente dalla bottiglia confezionata nelle grandi aziende, che prometteva di rifornirsi in luoghi privilegiati, protetti dall'inquinamento. Adesso c'è qualcuno che vorrebbe incrinare anche questa fiducia. È una offesa condotta con metodi subdoli, la siringa che inietta il veleno mediante un piccolo foro sotto il tappo. Ma anche la sostanza iniettata - varechina, ammoniaca e altri detersivi - sembra corrispondere a una particolare malignità. Sarà stata prescelta dall'attentatore per la sua facile reperibilità, ma resta il fatto che siamo soliti associarla al lavoro domestico, all'odore di pulito, alla figura della casalinga. Che risulta colpita in prima persona quale frequentatrice abituale del supermercato.
È difficile capire le motivazioni e il reale obiettivo di questi atti che, tra l'altro, dal terreno originario del Mantovano e del Veronese sembrano estendersi in altre zone. Si ipotizza che vogliano contrastare le multinazionali dell'acqua minerale e i loro cospicui affari. E in effetti, nelle zone interessate, molti inclinano ad abbandonare le bottiglie di plastica per quelle di vetro, o a passare, senza ulteriori mediazioni, alle forniture dell'acquedotto. Vaghezza per vaghezza, si potrebbe però pensare alla contestazione di un ambientalista radicale (che vorrebbe "tutta" l'acqua pulita e nemmeno si fida di quella industrialmente garantita come purissima). E non potrebbe essere la provocazione di un uomo plagiato dagli spiriti sinistri del tempo? Nella guerra totale scatenata dal terrorismo islamico, il ministro dell'Interno ha prospettato l'eventualità di attentati contro le fonti e le riserve di acqua potabile. Il fantomatico inquinatore di acque minerali dimostrebbe beffardamente che qualcosa si può fare, contro ogni dispositivo di sicurezza, anche servendosi di mezzi artigianali, casalinghi.
Ma la verità è probabilmente più semplice. Un essere disadattato, infelice, solitario, cerca l'affermazione di sé con gesti clamorosi. Conquista le prime pagine dei giornali, asserve con la paura il prossimo che lo ignorava , impegna i poliziotti in un gioco del quale lui solo conosce le regole. Forse un solo tarlo lo rode, insidia il suo compiacimento, mortifica i suoi trionfi: di essere costretto a restare anonimo. È uno dei tanti matti (compresi quelli dal profilo storico, istituzionale) di cui apprendiamo ogni giorno l'esistenza attraverso le cronache non di rado sanguinose dei media. Per fortuna questa follia non ha finora provocato vittime. E siamo costretti a sperare che, in mancanza di un passo falso che ne agevoli la cattura, si esaurisca, così com'è venuta, l'inclinazione criminosa, che lui non si diverta più. Che provi infine pietà, se non per gli altri, per se stesso.


Banche: troppe stangate per i clienti
Andrea Greco su
la Repubblica

MILANO
- Lamentele per un anno. Oltre 75mila ne ha ricevute l'Adusbef dall'ottobre 2002 al settembre 2003. Settantacinquemilaquattrocentocinquantadue modi per dire alle banche italiane che non tutti i clienti sbuffano e si lamentano senza reagire; qualcuno prende carta e penna e chiede soddisfazione, talvolta la ottiene. Banche pigre sui diritti dei clienti, incaute nelle strategie di portafoglio, banche che agiscono con due pesi e due misure, secondo sia il loro turno di riscuotere o pagare. E sempre più voraci nelle spese di tenuta conto, cresciute del 9% nel 2002 e altrettanto quest'anno. I reclami raccolti dall'associazione consumerista riguardano soprattutto i consigli d'investimento e i conti correnti, due voci che assommano i tre quarti del totale. Segue un sunto delle doleances.
Investimenti: oltre 41mila risparmiatori (53,9% dei ricorsi totali) hanno avuto problemi coi "suggerimenti" degli addetti ai lavori, che li hanno condotti a investire in bond argentini o di Cirio, in azioni Bipop o nelle gestioni dell'istituto bresciano. Tutti casi finiti sotto inchiesta, nonostante il controllo preventivo di Consob e Bankitalia.
Conti correnti bancari: oltre 15mila reclami (20,7%) contro modifiche arbitrarie delle condizioni, anche con effetto retroattivo. Di solito le banche si limitano a pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale i cambiamenti, un organo informativo tanto prestigioso quanto poco letto. A finire nelle spese, di frequente, nuovi correntisti attratti da offerte vantaggiose, del genere "zero costi". Per questo l'associazione guidata da Elio Lannutti sconsiglia di accettare pacchetti troppo scarni, che qualche mese dopo, cambiando il mercato o i tassi, si rivelano insostenibili.
Interessi anatocistici: oltre 5mila reclami, il 7%, contro il malvezzo di ricapitalizzare gli interessi sui prestiti ogni tre mesi, annualizzando quelli sui depositi (favorevoli al cliente). Sentenze della Cassazione, ordinanze di tribunali e corti d'appello non sono bastate; le banche chiedono una nuova sanatoria legislativa.
Bancomat: oltre 3mila casi di protesta (4,3%) contro l'inefficienza degli sportelli automatici, che accusano blocchi operativi per quasi il 60% e hanno costi elevati, dalla commissione festiva (0,25 euro) a quella per prelevare su sportelli fuori rete (in media 4 euro).
Mutui fondiari: quasi 3mila lettere (3,9%) per il mancato adeguamento dei tassi di interesse alla legge del 2001, che abbatteva all'8% dei mutui fissi prima casa e del 9,96% per gli altri prestiti. Anche qui le banche prendono tempo anziché adeguarsi.
Assegni: Oltre 2.600 segnalazioni (3,5%) contro il mancato cambio di assegni ai non correntisti. Le banche impongono la costosa apertura di un conto ai legittimi portatori di assegni bancari o circolari. Coi conti si lucrano spese e giorni di valuta per assegni versati e prelevati (addebito medio di 2 euro per scrittura).
Fondi e gestioni patrimoniali: oltre 2mila (2,6%) si ritengono raggirati da banche o Società di gestione del risparmio, che li hanno traghettati dagli investimenti nel reddito fisso a quelli in fondi o gestioni, con promesse di alti rendimenti realizzati però solo nel passato.



Crack Cirio, altre banche nel mirino
Mario Mereghetti si
Il Messaggero

ROMA - I collegamenti fra Capitalia e gli altri Istituti di credito coinvolti nella collocazione dei “bond” Cirio. L'operato dei vari organi di controllo istituzionali, preposti alla sorveglianza del mercato finanziario. Le operazioni di compra-vendita della Lazio Calcio negli ultimi anni di presidenza di Cragnotti, con l'eventuale “assistenza” della superbanca romana. Soprattutto le due cessioni shock dell'agosto 2002, quelle di Hernan Crespo all'Inter e di Alessandro Nesta al Milan. Fruttarono alle casse societarie un totale di circa 52 milioni di euro.
Vanno in questa tripla direzione gli ultimi accertamenti dei magistrati romani che stanno indagando sul dissesto finanziario della Cirio. Dissesto che ha portato a ricevere un avviso di garanzia anche il presidente di Capitalia, Cesare Geronzi, per bancarotta preferenziale. Un crack che vede indagato in prima fila il finanziere Sergio Cragnotti, più un'altra ventina di persone. Non è tutto. Una consulenza di natura contabile, bancaria e finanziaria sarà disposta nei prossimi giorni dai pm romani titolari dell'inchiesta. I superesperti dovranno mettere sotto la lente d'ingrandimento la documentazione acquisita e sequestrata dalla Guardia di Finanza durante le perquisizioni a Cesare Geronzi e ad altri dirigenti di Capitalia. E su quella acquisita in altri istituti di credito collegati a questa per la collocazione dei “bond” Cirio. Documentazione ritenuta "molto interessante" dalla Procura di Roma. Con i legali dello stesso Geronzi di parere diverso. Almeno per quanto riguarda le perquisizioni nei vari uffici di Capitalia e nell'abitazione privata del presidente. Ecco le parole dell'avvocato Guido Calvi: "I magistrati romani hanno disposto una richiesta di esibizione di documenti che Geronzi e Capitalia hanno messo subito a disposizione. Le perquisizioni, invece, hanno avuto un esito minimale, per non dire nullo. Avendo portato al sequestro di pochissimi documenti. Fra l'altro, tutti atti d'ufficio". Come nel caso, sostiene sempre Calvi, di quelli portati via dai finanzieri, sabato scorso, dall'abitazione privata dell'ex direttore generale della Banca di Roma, Pietro Locati. Anche lui indagato insieme a Geronzi.



La magia del Moïse
Rossini trionfale, dodici minuti di applausi
Guido Vergani sul
Corriere della Sera

Le mani di Riccardo Muti, che ha diretto senza bacchetta come ha sempre fatto per la musica di carattere religioso, si sono abbassate sull'ultima nota del coro "Dal tuo stellato soglio". Il Mar Rosso si è aperto alla libertà degli ebrei di Moïse. Le mani di Muti hanno dato impeto alla tempesta, allo schianto dei fulmini sull'esercito del Faraone e poesia, incanto al finale sinfonico dell'opera di Rossini. Il consenso è stato scrosciante, compatto, non anemizzato dalla fretta di correre al guardaroba. Ne sono usciti trionfanti una formidabile compagnia di canto (il basso Ildar Abdrazakov, i soprani Barbara Frittoli e Sonia Ganassi, il baritono Erwin Schrott, i tenori Giuseppe Filianoti e Tomislav Muzek), il coro, il ballo, e soprattutto il direttore.
La serata si è conclusa nel fragore di 12 minuti di applausi, con infinite chiamate a tutto il cast. Che questo 7 dicembre sarebbe approdato a un convinto, appassionato successo lo si era capito sino dall'arrivo del maestro sul podio (una forte dimostrazione di affetto che, via via, si è ripetuta nelle sortite successive), dai battimani a scena aperta per il duetto Frittoli-Filianoti, per Abdrazakov, per il Coro; dalle urlate ovazioni del secondo e terzo atto, dall'intensità dell'ascolto assai singolare per il pubblico dell'inaugurazione.

L'orchestra era chiamata a esprimere vertici di virtuosismo in continui cambi di tempo, negli assolo, nella "pulsione ritmica", nelle ampie pagine sinfoniche. Il coro, ammaestrato da Bruno Casoni, aveva sulle spalle la responsabilità di essere la spina dorsale dello spettacolo. Il cast canoro doveva vedersela con una fra le opere più impervie vocalmente, più aspre di difficoltà e di acrobazie "belcantistiche" con il salto mortale dell'aria finale di Anaï-Frittoli, "Quelle horrible destinée", che lo stesso Muti ha definito "al limite dell'eseguibilità" e che è stata salutata da un lunghissimo applauso con qualche contestazione cui ha risposto un'esplosione di "brava".
Il corpo di ballo e le étoiles Luciana Savignano, Roberto Bolle, Desmod Richardson dovevano, sul filo delle coreografie di Micha Van Hoecke e di infinite trappole (rocce su due piani), rendere plausibili ventidue minuti di danze nel terzo atto, il passaggio visivamente più debole di questo Moïse , che però il pubblico ha premiato con due applausi a scena aperta. Non era un compito da mano sinistra neppure quello del regista Luca Ronconi, dello scenografo Gianni Quaranta e del costumista Carlo Diappi. L'Egitto di maniera è sempre una lusinga incombente nel Moïse. Resisterle non era facile. Il richiamo all'origine di "oratorio" dell'opera, con quegli otto metri di organo sul fondo della scena, i simboli (il silente vescovo cattolico con mitria e bastone pastorale, al terzo atto) lasciati alla decodificazione del pubblico, la severità religiosa hanno evitato questa deriva.
Il teatro ha vinto, il teatro funziona, è vivo. E' un segnale importante, positivo mentre manca un anno al ritorno nella casa madre. Legittima ottimismo su un futuro che sembra non avere spazi di mediazione fra i vertici, che sta già cambiando (un direttore generale, Mauro Meli, affiancato al sovrintendente Carlo Fontana) e che dovrà affrontare responsabilmente il destino dell'Arcimboldi.


Un ceto alla madonna
Alessandro Robecchi su
il Manifesto

C'è un gran dibattito sulle regole. Bisogna regolare, che diamine! E' tutto un frenetico riscrivere regole. Nuove regole: un embrione ha più diritti di un diciottenne, e non possono nemmeno togliergli punti dalla patente. La mamma dell'embrione, invece, ha un po' meno diritti e infatti presto andrà in Francia per restare incinta. Se fai il secondo bambino ti danno mille euro. Se volevi abortire, ci ripensi e dai in adozione il neonato, te ne danno millecinquecento. Fare della contabilità nelle mutande delle ragazze italiane sembra una passione costante dei cattolici. Servivano nuove regole, eccole. Attenzione, gente, perché ognuno avrà le regole che si merita. Ai tranvieri milanesi, per esempio, sono già state promesse severe ritorsioni, forse potranno scioperare soltanto guidando il tram. Nello stesso momento, serve una regola urgente per quei poveri contribuenti che si sono dimenticati di pagare le tasse nel 2002, cioè praticamente ieri. E' il condono cotto e magnato, quattro salti in padella e sei pulito, immacolato e candido come un bambino da mille euro. Particolarmente esilaranti, le regole concepite per una sola parte della popolazione, tipo i ceti medi, per esempio. Chi diavolo è di ceto medio? E' una questione economica, una categoria dello spirito? Il professore di liceo con famiglia sarà ceto medio? E il tranviere milanese? Comunque, a questo ceto medio rapinato, impoverito, saccheggiato dall'inflazione percepita, che magari si è comprato pure un po' di bond Cirio, qualcosa bisogna dare. E si pensa a una nuova regola per gli affitti. Avrà delle agevolazioni fiscali chi costruisce case per poi affittarle al ceto medio. Speriamo che le costruiscano in fretta, perché molto ceto medio si sta velocemente trasferendo nella categoria ceto basso, presto sarà semplicemente ceto povero e non potrà procurarsi una casa per ceti medi costruita da qualcuno del ceto alto con le agevolazioni del governo. Sfiga nera. E comunque colpisce che si facciano delle leggi, inserendole nella finanziaria, sulla base del censo, dell'appartenenza a un ceto. Speciali detector all'ingresso delle palazzine segnaleranno il transito di ceti sotto la media, ma vedrete che qualche ceto alto si terrà per sé l'attico con terrazza.
Quanto ai ceti bassi, costruiranno quelle case agevolate per i ceti medi: muratori albanesi pronti ad ogni istante a cadere provocatoriamente dalle impalcature, irresponsabili.
Poi ci sono le regole larghe e comode, di cui la Gasparri è un eccellente esempio: c'è un'azienda che si allarga, e allora bisogna allargare la legge. Il bambino è cresciuto, la Mammì gli va stretta, già che ci siamo prendiamo una legge di due misure più larga, così l'azienda può crescere ancora. Una volta capito che si possono adattare le regole alla realtà e non viceversa, basta pensare in grande. Per esempio - come ha detto Silvio al New York Times - perché limitarsi a fare le regole al proprio paese? Dobbiamo esportare la democrazia e quindi vogliamo fare regole dove ci pare. A Cuba, in Congo, in Bolivia, in Iraq, non c'è posto dove Silvio e George non possano arrivare con un po' di soldati, qualche nuova basilare regola per i ceti medi e qualche sostanziosa agevolazione per i ceti alti. Servono urgentemente enormi regole planetarie.
E sono urgenti, però, anche piccole regole locali di convivenza civile, per esempio norme un po' più restrittive sullo sciopero. Il tranviere milanese, incolpato in settimana di ogni disgrazia, tragedia, epidemia e terremoto, si alza certamente ogni mattina con quel pensiero fisso: bisogna fare nuove regole, costruire case da dare in affitto ai ceti medi e portare la democrazia da qualche parte. Sennò dove si va a finire? E poi via, felice, realizzato, a guidare il tram per 800 euro al mese.


   8 dicembre 2003