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La settimana in rete
a cura di Primo Casalini - 7 dicembre 2003

Nota introduttiva
1. Quando esce il rapporto del Censis, in genere i commenti dei giornali sono una specie di festival dell'ovvio. E invece, per questa volta, no. Il breve articolo di Cristina Nadotti, apparso sul sito di Repubblica, conferma una sensazione abbastanza diffusa: in una situazione per tanti versi difficile come quella attuale, c'è da parte di tante persone un atteggiamento di intelligente riflessione e di scoperta o di recupero di parole come convivialità, accoglienza, partecipazione. Di passaggio dal benessere al ben-essere e di attenzione alla qualità della vita. Le urla, gli slogan ed il rampantismo hanno cominciato a stufare.
2. Si gira sempre attorno ai fatti ed ai misfatti della televisione. Vengono attaccati due “mostri sacri”: il mega-sceneggiato (Augusto) su La Stampa e “Striscia la Notizia” sul Barbiere della Sera. Nel secondo caso era proprio ora, a mio avviso. Si è tardato anche troppo.
3. Fra i tre blog inseriti nella settimana in rete: Herzog, La Pizia e Personalità confusa, segnalo in particolare i “Saluti dal Papa”: sono divenuti un vero e proprio caso, in rete. E' bene che sia così, perché trovare il tono giusto era una sfida quasi impossibile. La sfida è stata superata, si ride e si sorride.
4. Le immagini di questa settimana in rete sono tratte dal sito Illustrator's Archive, e sono state realizzate con finalità molto diverse: copertine di libri, supplementi ai giornali, almanacchi, giornali per bambini, pubblicità etc. Il sito è pieno di notizie, e le illustrazioni qui inserite sono solo una minima parte delle tante disponibili.
p.c.

henry alken
  
Se Attilio s'arrabbia
Tranvieri a Milano
Rinaldo Gianola su
l'Unità 3 dicembre

Nell'immaginario popolare "Attilio il tranviere" è una figura centrale di Milano. Rappresenta la metafora della bonarietà e della fermezza, del senso di solidarietà e di accoglienza, dell'allegria e dello spirito di sacrificio che i lavoratori manifestano coi loro comportamenti quotidiani. Eppure gli emuli di Attilio sono arrivati a violare le condizioni che disciplinano lo sciopero nei servizi pubblici.
Il fatto, mai avvenuto in circa tredici anni di regolamentazione, significa che la situazione in cui si trovano è talmente grave che non possono più sopportarla. È scattato un allarme importante a Milano, che andrebbe subito raccolto dal sindacato e dalla sinistra per evitare il peggio: questi lavoratori dicono, forse in modo sbagliato, che non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese, i soldi non bastano più, le famiglie sono in difficoltà. Hanno bisogno del nuovo contratto per fronteggiare la crescita dei prezzi, la caduta del potere di acquisto dei salari. Come i tranvieri di Milano e di tutt'Italia, che hanno scioperato unitariamente lunedì, sono milioni i lavoratori dipendenti colpiti nel loro reddito dalla dissennata strategia del governo che, fin dall'inizio, ha operato per distruggere la concertazione e la politica dei redditi. Quello che c'era scritto nel programma elettorale di Berlusconi e di D'Amato viene portato alle estreme conseguenze e quello che rimane della politica dei redditi opera solo in un senso, cioè per tenere sotto scacco le retribuzioni. Oggi la questione salariale è l'emergenza del Paese. Non bisogna aver studiato ad Harvard per capirlo. E deve essere davvero così se persino il quotidiano neoilluminista di Milano si è accorto dell'impoverimento della classe media nell'età di Berlusconi.
Ma la vicenda dell'altro ieri apre altre questioni importanti. Innanzitutto deve essere chiaro, proprio nel momento in cui tutti condannano lo sciopero dei tranvieri milanesi per i gravi danni prodotti alla collettività (e Pietro Ichino, indignato, richiama l'esigenza di applicare le sanzioni agli scioperi sauvage: professore ci dica anche se sono previste sanzioni per le imprese selvagge che non rinnovano i contratti), che i lavoratori partecipanti all'agitazione non sono un gruppo di estremisti, di cobas ingovernabili o peggio: di fronte ai depositi dei "ribelli" sventolavano le bandiere della Cgil e della Cisl e qualche delegato della Cgil che invitava i lavoratori a comportamenti più rispettosi dei cittadini è stato insultato e spintonato. Questi lavoratori arrabbiati non sono estranei al sindacato confederale, anzi. Per questo siamo rimasti sorpresi della "sorpresa" manifestata dai vertici delle confederazioni milanesi. Delle due l'una: o i vertici di Cgil, Cisl e Uil a Milano davvero non sapevano, non avevano percezione di quello che una delle maggiori categorie di lavoratori stava preparando lunedì mattina e allora qualcuno dovrebbe riflettere perché forse l'eccessiva frequentazione della Curia e di Palazzo Marino ha cloroformizzato le capacità di comprensione della realtà; oppure i sindacati sapevano ma non hanno potuto o voluto intervenire. Non sappiamo quale sia l'opzione peggiore.
Davanti a una situazione talmente delicata, e densa di ripercussioni nazionali, forse sarebbe stato utile, e lo diciamo in piena amicizia e col massimo rispetto, che il segretario della Cgil, Guglielmo Epifani, si precipitasse a Milano, come avevano fatto i suoi predecessori in occasioni difficili, a parlare ai suoi, a ricordare che cos'è il sindacalismo confederale invece di rilasciare una dichiarazione che ci è apparsa un po' troppo dorotea, un colpetto di qua e un colpetto di là. Certo a Milano, oggi, c'è da sporcarsi le mani con una brutta situazione. Perché quello che è successo è la cartina di tornasole di una rottura sociale che ora suscita la rabbia dei tranvieri, e domani può spostarsi alla sanità, agli insegnanti e ai precari, ai mille "mohicani" di Arese. Detta brutalmente la questione è questa: il sindacato confederale è ancora in grado di governare, rappresentare, sintetizzare le legittime tensioni di una città che è stata scelta dal centro-destra come prototipo di un modello neoconservatore di governo?
C'è una logica che sta sotto tutto questo ed è la politica perseguita dal governo e dalle amministrazioni del centro-destra di colpire i lavoratori, nei loro diritti e nei loro redditi, di indebolire il sindacalismo confederale come espressione della tutela degli interessi collettivi. Non è un caso che subito dopo le vicende di Milano sia partita la grancassa del centro-destra per ridimensionare il diritto di sciopero, "schedare" i lavoratori che nei servizi pubblici si astengono dal lavoro, introdurre nuove sanzioni. C'è poco da fidarsi, anche di quegli amministratori apparentemente arrendevoli, o inutili, come il sindaco di Milano, Albertini. Lo ricordiamo quand'era presidente di Federmeccanica per conto di Romiti: voleva lanciare una campagna di stampa contro i metalmeccanici pubblicando le buste paga per dimostrare che gli operai guadagnavano troppo e lo Stato drenava troppe tasse. Il livello è questo, non si scappa. Così come non bisogna sottovalutare segnali inquietanti come il tentativo della gang leghista di contestare la Camera del Lavoro a Milano. Era dagli anni Settanta, dai tempi dei fascisti golpisti e bombaroli, che i lavoratori non correvano a difendere la sede del loro sindacato. È successo ieri sera a Milano. Un segno dei tempi.


boris artzybasheff
  
Virtuosi, campagnoli e riformatori
Il Censis scopre i “neoborghesi”
Cristina Nadotti su
la Repubblica 5 dicembre

ROMA
- Pratici, aperti all'immigrazione ma attenti ai valori della nazione, preferiscono vivere nei piccoli centri e vanno in vacanza in agriturismo. Sono i "neoborghesi", neonata classe italiana secondo il Censis. Nel rapporto del 2003 sulla situazione sociale del paese, che il Centro Studi Investimenti Sociali ha presentato questa mattina a Roma, è stato coniato un nuovo termine, per definire questo gruppo sociale, che ha superato il riflusso degli anni '80, la ricerca esasperata dello sviluppo e la paura del declino e chiede a chi lo rappresenta in Parlamento di adeguarsi ai nuovi tempi.
Secondo il Censis i neoborghesi sono meno cinici, pensano a "rilanciare l'identità nazionale, con i sentimenti di dignità, compostezza e serietà più che agli inni e le bandiere, pensano al pericolo del terrorismo e della guerra e al conseguente bisogno di sicurezza collettiva. Pensano al modo di governare il flusso degli extracomunitari, pensano - è scritto sul rapporto 2003 - alla possibilità di ricevere mille euro a figlio".
La nuova classe sociale preme per trovare adeguata rappresentanza politica: "la nostra classe dirigente, se non vuole continuare a regredire nel suo ruolo e nella sua legittimazione di governo, deve maturare - avverte il Censis - esprimendo ospitalità ed accoglienza dei processi sociali in atto. Allargando i confini della sua tenda, mettendo in circolo merci intellettuali meno rafferme, visto che quelle attualmente in giro non hanno più capacità di lievitare. Rimettendo in auge processi e procedure di rappresentanza e partecipazione sociale e politica".
I nuovi italiani si identificano anche in una qualità di vita migliore. Uno dei primi effetti di questa ricerca di "ben-essere" è l'abbandono progressivo della vita caotica in città per quella più raccolta del borgo, del piccolo centro. Una scelta che viene mantenuta anche quando vanno in vacanza e prediligono mete non di massa, centri rurali e l'agriturismo rispetto al grande albergo. L'altro aspetto è quello della "convivialità", che si traduce secondo il Censis "in una composizione sociale aperta all'integrazione degli immigrati, nella partecipazione istituzionale dei cittadini con nuove formule pubblico-private, verso la vita in comune e l'accoglienza reciproca".
A questa nuova classe sociale il Censis assegna anche il merito di migliorare i comportamenti nell'ambito della società civile. I neoborghesi hanno una crescente tendenza ad "instaurare virtuosi stili di vita individuale e collettiva. Chiamati ad una maggiore virtuosità nel bere, nel mangiare e nel rispetto del codice della strada, ci si poteva aspettare il classico cinismo deviante e invece - osserva il rapporto Censis - è stato accettato tutto con nordico civismo. Le imposizioni pubbliche hanno quindi incontrato comportamenti individuali già spontaneamente orientati".
E come nelle migliori teorie vichiane di corsi e ricorsi, potrebbe spettare ancora alla borghesia, a questa nuova, farsi carico di un mutamento profondo del sistema. "La società molecolare e soggettivistica ha dato tutto quello che poteva dare ed ora è costretta - conclude il rapporto del Censis - a un'intima maturazione, e quindi a una ricerca del noi, che si sente nell'emotiva partecipazione ai movimenti ecclesiali, nelle rappresentanze dei consumatori".


john atherton
  

Missione tacchino
Stefano Benni su
il Manifesto 3 dicembre

Mi chiamo Bush e sono un duro. Dicono che faccio il duro perché sotto sotto sono un codardo paranoico, ma stavolta li ho fregati.
Come tutti sapete, ho vinto e stravinto la guerra in Iraq; ma qualcuno insisteva a dire che la guerra non era finita, che morivano ancora decine di soldati americani e alleati, e che non ci avevano affatto accolto come dei liberatori.
Propaganda comunista, disfattismo pacifista e provocazione pellerossa, ho pensato.
Allora il giorno del Ringraziamento ho preso l'Air Force One, il mio aereo personale e sono andato a controllare la situazione. All'aeroporto di Baghdad avevo già avvertito i miei generali: non fatemi vedere bare di soldati che portano sfortuna. Sulla pista infatti c'erano cento bambini iracheni che mi salutavano sventolando bandierine a stelle e strisce.
Ne ho avvicinato uno e gli ho chiesto:
- Come ti chiami, piccolo mussulmano filoamericano?
- Veramente mi chiamo Jerry e sono un nano di Chicago - ha balbettato quello.
L'ho fatto sbattere a Guantanamo, insieme a tutta la troupe di comparse.
Poi mi sono fatto portare alla base Usa sull'auto blindata Ground Force One. Tutto era tranquillo come a un party, i soldati mi hanno accolto con un applauso scrosciante e ammirato. Ero elegantissimo: avevo il giubbotto mimetico da generale, la t-shirt dei marines e gli anfibi nuovi che mi ha regalato Berlusconi, ancora freschi di saliva.
C'era ad attendermi il generale Sanchez.
Gli ho stritolato la mano e ho chiesto: allora tutto bene questo mese?
- Veramente ci sono stati più di duecento caduti - ha risposto Sanchez.
- Cazzo, date meno cera ai pavimenti - ho detto io.
Il generale Sanchez ha dato l'ordine di ridere. Vedete, un presidente deve saper dire battute e sdrammatizzare. E poi a me le perdite non piacciono, io sono un vincente.
Sono entrato nella sala mensa col mio passo fiero e emorroidale, a gambe larghe, tra John Wayne e un pitbull.
E in mezzo alla sala c'era Bin.
Un tacchino iracheno di trenta chili, enorme, spaventoso.
Nessuno aveva ancora trovato il coraggio di affrontarlo e fare le porzioni.
- Stia attento - dice Sanchez - lo abbiamo tenuto in forno per sei ore, ma con questi iracheni non si sa mai.
Ma io sono il presidente e non ho paura di niente. Mi sono avvicinato a Bin e ho estratto Blade Turkey One, il coltellaccio presidenziale.
Nei miei occhi sono passati i momenti storici della storia americana e della mia vita: Little Big Horn, Pearl Harbour, Jack Daniels, il Vietnam, le mie evasioni fiscali, le truffe elettorali...
Ho lanciato un urlo di guerra terribile e ho fatto a pezzi Bin. Cosce di qua, ali di là, e il ripieno di castagne e napalm che riempiva tutto il tavolo.
Tutti applaudivano e tiravano petardi in segno di giubilo.
Poi mi hanno detto che non sparavano petardi, ma stavano ammazzando gli spagnoli.
- Che cazzo ci fanno gli spagnoli qui? - ho chiesto.
- Sono nostri alleati - mi ha detto il generale Sanchez.
- Ah già, ora ricordo - ho detto io - beh insegnate loro la frase con cui la nostra terza guerra mondiale passerà alla storia: al posto di
"Stanno ammazzando i nostri soldati e non sappiamo più cosa fare"
bisogna dire
"Non ci lasceremo intimidire".
Mentre parlavo con Sanchez, hanno portato dentro sei o sette feriti pieni di sangue.
- Proprio adesso che stiamo mangiando? - ho protestato io.
A quel punto bisognava tirar su il morale dei soldati. Beh, non ci crederete ma in meno di mezz'ora io e lo Stato maggiore abbiamo mangiato tutto il tacchino Bin, comprese le patate bollenti. Due generali sono rimasti ustionati alla lingua.
Non dite che non abbiamo coraggio da vendere.
Poi abbiamo ruttato e pisciato in gruppo, come si usa nel Texas, e mi hanno detto che dovevo parlare alle truppe. Democraticamente sono sceso tra i marines. C'era un soldato nero, un po' grasso, con la faccia da Annan. Gli ho chiesto:
- Cosa pensi soldato, di questa guerra?
- Penso che il mio paese sia guidato da uno degli uomini più stupidi, arroganti e paranoici della storia dell'umanità - ha detto il nero.
Ho stabilito che da oggi durante le parate militari dovrà essere seguito il metodo della Tivù italiana cattaneonunziatista: i soldati potranno parlare ai superiori solo con una cassetta registrata e approvata dagli alti comandi.
Era ora di tornare a casa.
Ho bevuto trentatrè Amarines, l'amaro del marines, e sono risalito barcollando sull'Air Force One. Salve di fucilate festanti accoglievano la mia partenza.
Beh la mattina dopo è stata dura, la fatica del viaggio, il tacchino sullo stomaco, e poi altri attentati ovunque, e abbiamo richiamato tremila riservisti e ho scippato altri tremila miliardi all'assistenza sociale per destinarli a spese di guerra, e mentre i marines crepavano sapete dove ero io? In un bunker tremante?
No, ero in giocare a golf col mio babbo.
Capito che sangue freddo?
Vedete, il terrorismo è l'unico problema del mondo che io e Blair e Berlusconi fingiamo di sapere affrontare, per nascondere che non sappiamo affrontare tutti gli altri problemi.
Perciò ho confidato a Bush senior che spero di poter mangiare altri tacchini in Iraq, in Siria, in Yemen e in tanti altri posti.
Mi hanno detto che gli scienziati, riuniti a congresso, hanno stabilito che se il collasso ambientale continua, la terra ha cinquanta anni di vita.
Dilettanti: io potrei far fuori tutto il pianeta con venti testate nucleari in meno di due ore. Lo dichiara la Cia in un divertente recente rapporto. Putin non è più in grado di farlo e Osama avrebbe bisogno di anni.
Ero lì immerso in questi allegri pensieri alla buca quindici, quando mi ha telefonato Berlusconi.
Mi ha detto che in Italia avevano scoperto delle cellule dormienti.
Non ho capito se si riferiva a nuclei terroristi o al cervello di Bondi.
In tutti i casi, approfitteranno dell'allarme attentati per far passare la legge Gasparri.
Dio benedica l'America e Forza Italia, e ci conservi Saddam.
Ero lì all'ultima buca e brandivo Last Strike One, la mazza presidenziale, quando ho avuto un attacco di lucidità. E' stato terribile, l'ultimo l'avevo avuto nel 1984. Ho visto la pallina da golf e mi è sembrata la terra, un piccolo pianetino coi mari e i continenti sperduto nel grande prato del cosmo. E ho pensato che dopo secoli di civiltà, religione, democrazia, tecnologia e intelligence la terra è sempre quella piccola cosa lì, un pianetino affamato, intossicato, insanguinato, nelle mani di poche bande, sempre più potenti e sempre meno responsabili.
E' stato il pensiero di un attimo.
Ma non mi sono lasciato intimidire.
Con un colpo secco, l'ho infilata in buca.


molly blake
  

Il solitario della tv
Vittorio Zucconi su
la Repubblica 4 dicembre

Guarda guarda come tutto alle fine si tiene nell'universo inquinato della politica, della televisione e del calcio italiano. Come in quei solitari di carte che "vengono" e vedono le carte andare per magia a posto. Quella immonda legge di rimpasto della tv della quale una persona sola in Italia sentiva il bisogno e che avvicina il sistema televisivo italiano a quello di Ceaucescu e di Saddam Hussein (prima della cura Bush) impedisce la privatizzazione della Rai e la vendita di una di quelle reti per le quali, misteriosamente, ancora paghiamo un canone (lo pago anche io dagli Usa, perché nel bouquet offerto dal mio sistema satellitare Dish, per vedere la Rai devo pagare 8 dollari e 50 al mese. Dovevo venire in America per cadere sotto il ricatto, maledizione).
La possibilità, offerta dalle nuova Legge Berlusconi di acquisire al massimo l'1 per cento del pacchetto di cattive azioni Rai non è una privatizzazione ma è quella che all'Università Bocconi chiamerebbero, essendo esperti di economia, una presa per il culo.
Poiché non esistono, in Italia, possibilità serie di creare altre reti che possano fare concorrente al colosso di Arcore e al dinosauro di viale Mazzini, come dimostra la patetica Sette affidata per strappare qualche ascolto ai "brogessi" di Biscardi e del consigliere del premier, Giuliano Ferrara, il discorso è chiuso. Ci sarebbe, in realtà, un grimaldello per scassinarlo, e sarebbe il calcio, ancora e sempre il più forte acchiappapolli tra le offerte televisive.
Immaginiamo, per divertirci, che un multi miliardario, che so, un tipetto come Bill Gates, o i sorci della Disney, o i giapponesi della Sony-Columbia, decidessero, in un momento di crisi nervosa, di volere entrare a tutti i costi nel mercato della tv italiana e di sfondare. Escluse ormai la pornografia, che i nostri bambini possono vedere gratis, soft e hard, nelle varie telefogne e che ha stancato, resterebbe soltanto la "soluzione Murdoch". Questo signore, l'australoyankee, entrò a piedi uniti nel mondo delle network americane con un semplice seppur costoso stratagemma. Si presentò alla Nfl, la lega del football americano che è numero uno fra i telesport, e chiese quanto incassassero per i diritti delle loro partite, trasmesse in chiaro e gratuitamente.
Ottocento milioni di dollari, rispose la Nfl. Pfui, rispose Murdoch, io vi offro tre miliardi. Appena i babbioni proprietari delle squadre rinvennero dal coccolone, tutti firmarono. E istantaneamente, il ridicolo, marginale network comperato da Murdoch, la Fox TV, divenne una cosa serissima e un competitore importante sul mercato della pubblicità e della audience.
Ora immaginate Bill Gates o Mickey Mouse che si presentano alla sede della Lega calcio con le stesse idee, pagare pur di avere i diritti di trasmissione in chiaro, in diretta, senza minchiate di tesserine e di decoder, le partite. Chi trovano ad accoglierli? Adriano Galliani. E chi è Adriano Galliani? Il geometra di Berlusconi. E vi sembra che il geometra di Berlusconi sarebbe disposto a cedere a un potenziale concorrente proprio il calcio? Vi immaginate che accadrebbe a quelle fetecchie di trasmissioni Rai e Mediaset, se al sabato sera fossero in concorrenza contro Roma-Lazio o Inter-Juve o Milan-Manchester United? Pensate a una Terza Rete, la sorellina indiana della Rai chiusa nella sua piccola riserva di pellerossa, se potesse offrire Milan-Inter o anche Chievo-Sampdoria in chiaro, in diretta, gratis. Wow, direbbe Murdoch.
No, grazie, risponderebbe invece il geometra del cantiere berlusconiano, non siamo così fessi. Il calcio ha fatto Mediaset, Mediaset ha fatto Berlusconi, Berlusconi ha fatto le leggi che blindano il suo controllo sul sistema televisivo e, ben presto, editoriale italiano. Dunque, il calcio non si tocca. Al massimo può restare nel ghetto della pay-tv, dove non rompe i coglioni - per usare il vivace vocabolario del ministro Scajola - al potere e agli incassi pubblicitari.
Un pazzo con molti miliardi potrebbe concepire una nuova rete col digitale terrestre creando una nuova Lega calcio e attirando le squadre oggi cosiddette minori, dal Napoli al Brescia al Modena al Torino alla Sampdoria al Palermo e distribuendo soldi a carriolate perché possano competere con il Milan e le altre pappone sul mercato dei campioni e segare le gambe sotto la sedia del monopolio berlusconiano.
Ma questa è utopia, perché le squadre piccole, con tutto il loro strepitare e guaire e pestare i piedini, sono succubi, complici e ancelle del potere e nessun investitore metterebbe miliardi su una rete tv creata da zero e su una nuova Lega calcio tutta da inventare e in aperta guerra con la flotta del Milanset e delle sue navi di scorta, sapendo di dover perdere capitali per molti anni a venire. Murdoch si comperò tutto il football, non le frattaglie, e disponeva già di una rete nazionale, seppure minoritaria. Diverso sarebbe, appunto, se un investitore ricco avesse potuto rilevare una rete Rai esistente e pomparci dentro il calcio, ma non si può. La nuova legge lo proibisce e lascia la Rai nelle mani del potere politico.
Ecco qua. Il solitario è riuscito, come riusciva a mia nonna Annunciata che lo faceva venire, sbirciando e spostando le carte.
Che brutto scoprire che mia nonna si è reincarnata in Berlusconi e Galliani.


hulme beaman
  

Cleopatra non seduceva con il tanga
Silvia Ronchey su
La Stampa 3 dicembre

Com'è riuscita Rai Fiction, con una coppia di grandi attori come Peter O'Toole e Charlotte Rampling, soprattutto con un pool scientifico di grandi storici come Andrea Giardina e Gëza Alföldy, a produrre l'imbarazzante telenovela su Augusto, il primo imperatore? Se re Mida trasformava in oro tutto quello che toccava, la televisione, a quanto pare, tramuta tutto in fotoromanzo. Anzi peggio, tramuta la cultura, certamente garantita dai prestigiosi consulenti, in incultura.
Le sere di domenica e lunedì perfino i ginnasiali si telefonavano ridendo a crepapelle a sentire Cleopatra-Miss Italia, con ancora indosso il bikini del Concorso, sbraitare: "Sono la tua puttanella egiziana!" a un Marco Antonio-Massimo Ghini, trasformato in sorta di Briatore da Sharm-el-Sheik. Eppure Cleopatra, l'ultima dei Tolomei, aveva una conversazione coltissima, descritta da Plutarco: la sua eleganza nel parlare e non il suo tanga avevano sedotto Cesare e Antonio.
Agli occhi degli ignari telespettatori il palazzo imperiale ospita un esempio di famiglia allargata da fare gola al programma di Maria De Filippi: una coppia di divorziati esageratamente permissivi con due disastrosi figli di primo letto. Viziata, maleducata e isterica, Giulia-Vittoria Belvedere non fa che insultare il padre Augusto e lo spettatore esulta quando finalmente l'ebete Tiberio la violenta. Il povero Mecenate è una macchietta gay alla Vanzina, che aiuta a cambiare look il futuro imperatore, presentato come "un povero ragazzo di campagna", nonostante già a dodici anni, come ci informa Svetonio, avesse pronunciato davanti all'assemblea l'orazione funebre per sua nonna Giulia, sorella di Cesare.
Il foro romano sembra il Bar Sport, dove giovani aristocratici con facce da coatti progettano bravate come ammazzare Cesare. Bruto è brutto, Cicerone ancora di più, e per giunta cattivo: ovvio che due tipi così poco telegenici debbano finire male. Mai tanto quanto Antonio, che fa harakiri davanti a un trono sormontato da quelli che appaiono quattro cornacchioni dorati, né tanto quanto Miss Italia alle prese con un cobra che le striscia allusivamente tra le cosce.
Eppure Livia, Giulia, Mecenate, Agrippa, Bruto, Cassio e tutti gli altri erano parte di un'élite raffinata, cosmopolita, severa, animata da un senso dello Stato e della politica che ancora oggi richiamiamo quando diciamo "si comporta come un antico romano". Il complesso scenario attraverso cui la repubblica trapassa nell'impero è il palcoscenico originario della nostra cultura politica occidentale, riletto da Dante a Machiavelli, da Shakespeare a Brecht. Ma il fantasma che aleggia qui è una Yourcenar maldigerita: l'artificio narrativo dello script, la storia rievocata dall'imperatore ormai vecchio, è una caricatura delle Memorie di Adriano.
La corazza di cuoio che ha protetto Augusto dalle vendette del senato non è bastata a proteggerlo dalla tv. Evidentemente, fare cultura per le masse significa convincerle che la cultura non esiste, che tutto è sempre stato come adesso, o meglio come gli stereotipi odierni vorrebbero che fosse. E questa è la più grave delle corruttele e delle violenze che il peggio usato dei media infligge alla più disprezzata delle parti in commedia: il pubblico.


nicholas bentley
  

Penne narcise e sederi intelligenti
Enzo Biagi su
L'espresso

Innamorati del proprio nome
17 novembre, santa Elisabetta d'Ungheria
Oggi, i 40 giovani (20 donne e 19 uomini) ammessi alla Scuola di Giornalismo, intitolata alla memoria di Carlo De Martino, hanno inaugurato il loro corso. Poi ci saranno gli esami. Com'è cambiato il mondo. Ormai sono uno dei patriarchi.
Diventai professionista appena compiuti i 21 anni: 1942. Un ragazzo. A quel tempo si imparava dai più vecchi.
Avevo un capo cronista, la cui domanda consueta era: "Lo sa il questore?", "È informato il prefetto?", "Siamo proprio sicuri?". Brav'uomo.
Quando entrò in vigore la nuova regola, o moda, degli 'esami da giornalista', fui chiamato anch'io a far parte della commissione che doveva valutare i giovani lombardi. Ero in buona compagnia: ricordo Dino Buzzati e Rubens Tedeschi, il bravissimo critico musicale dell''Unità'.
Per il compito scritto proposi la dettatura di tre parole: equo, iniquo e innocuo. Ma fu ritenuta troppo complicata. Agli orali ne sentimmo di tutti i colori: si trattava di qualche domanda di 'cultura generale'.
Assai preparate si dimostrarono invece le ragazze, ma molti praticanti avevano alle spalle una storia che in qualche modo intercedeva per loro: anni di lavoro abusivo, notti e notti passate in tipografia, famiglie a carico e con prole da crescere, tanto che Buzzati mi sussurrò: "Il primo scapolo che arriva lo bocciamo".
Se la memoria non mi inganna, non ci furono respinti. Assoluzione generale. Non penso che poi abbiamo combinato molti guai. Non credo neppure che queste prove abbiano un grande significato. Chi è che non sbaglia, o non ha sbagliato, un articolo? E da un tema in classe si capisce il futuro di un cronista? E non c'è anche chi sa scovare le notizie, e dargli un ordine, oltre a chi le sa scrivere? E non è molto impegnativo, in un paio d'ore, decidere di una vita? Questo è un mestiere da vanitosi: un Narciso esasperato, che si innamora, ancora più che della sua facciotta, del suo nome. Ma non è semplice farcela: oltre a un po' di talento, occorre una buona salute e un certo carattere. Auguri.

Omoni e piccolezze
19 novembre, san Fausto martire
Tre milioni di italiani, leggo, sono afflitti da problemi di 'disfunzione erettile' (prego non farmi entrare in spiegazioni). È anche per questo che i giornali celebrano il quinto anniversario dello sbarco del Viagra nelle farmacie italiane.
Giustamente, con la salute e i quattrini, l'amore è il tema più trattato dai sudditi della nostra Repubblica. Secondo Ennio Flaiano se ne parla per tanta noia. E anche perchè l'argomento è considerato interessante, tanto che se ne tratta anche in televisione. E poi basta dare una occhiata alle scritte sui muri, che inneggiano agli indispensabili accessori. O alle lettere di certi settimanali. Un esempio: "Il mio stato di erezione raggiunge solamente i 10 centimetri. Questo mi rende difficile la vita".
Era un problema anche per un grande scrittore, Scott Fitzgerald ed Hemingway, per consolarlo, lo accompagnava a far confronti con le statue: omoni, ma lì in fondo, piccolezze.
Chiesi una volta a un famoso chirurgo americano, Kantrowicz, perché ci ostiniamo a considerare il cuore come sede dell'amore: mi spiegò che lui lo spostava più giù.
Molti condividono questa interpretazione e a Bologna si inaugurò addirittura una mostra dedicata all'argomento, con dibattiti appropriati: si discusse di testi classici, come il 'Kamasutra'. Sembra che la posizione più praticata sia occhi negli occhi, e il resto ovviamente al posto consueto. C'è in Liguria un'autostrada che viene presentata come la preferita dagli utenti del sesso.
Ci fu un adolescente che, sorpreso dal padre macellaio sul divano con una amichetta, 'in grande intimità', per la vergogna si sparò con la pistola per abbattere i tori: un chiodo in testa.
E ci fu l'industriale di Padova, 80 compiuti, che in tre anni, forse per esorcizzare la morte, si è mangiato due miliardi di lire con fanciulle disponibili. Spiegazione del dissesto e delle volonterose intrattenitrici: "Si fa fatica per accontentare il nonno".
E si parlava del califfo Cuccubello (Sicilia), di professione spazzino, che conviveva con sette dotte, che lo avevano reso padre 25 volte, e due figli erano già laureati. Figurava nella compagnia anche Angelika, una bionda valchiria, che aveva cercato rifugio perché abbandonata da un pescatore: tutte innamorate, tutte d'accordo.
Tremila giovani spose vennero interrogate durante la luna di miele: solo 5 su cento erano arrivate vergini alla cerimonia.
Come deve essere il compagno ideale? Ecco un ritrattino che ne fece la ex contessa Marta Marzotto: "Deve essere chic, procurare lo choc e avere lo chèque". "Il pudore delle donne", diceva lo scrittore Alfredo Panzini, "lo hanno inventato gli uomini".
Durante una trasmissione Catherine Spaak rivolse all'attrice Marina Malfatti questo complimento grazioso: "Ti sei girata e avevi un bel culo". La top model Carla Bruni dichiarò:"Io vado fiera del mio sedere: è sexy, moderno, pratico". Pratico? Ci sono precedenti: Josephine Baker del suo diceva: "È intelligente".
Durante uno scavo trovarono una lapide che segnava la tomba di una meretrice romana. C'era scritto: "Potere finalmente dormire con le gambe unite". Dice un verso di Pasternak: "Io non amo chi non è mai caduto".


boutet de monvel
  

Un colpo di telecamera alla nuca e via
“Si può parlar male di Striscia?”
Eferrari sul
Barbiere della Sera 5 dicembre

Sin dagli albori del Barbiere domandai: ”si può parlar male di Striscia?”, sottintendendo che oggi come oggi, anzi ieri come ieri, Ricci e la sua banda fossero di fatto intoccabili.
Oggi, causa calo di share, lo sono già meno.
E già questo è un punto da sottolineare: finché fai ascolto sei bravo, osannato e “giusto”, come cali di uno spettatore sei preso a male parole: o non eri bravo anche allora oppure una trasmissione si giudica solo in base all'audience, e scusate se ho scoperto l'acqua calda.
Scrissi vari pezzi, tutti contrari, su Striscia, qui sul Barbiere. In uno rispose persino Ricci, o il Gabibbo, dicendo in sostanza le cose che Ricci dice sempre di fronte alle critiche: se Striscia non ci piace è colpa nostra che non capiamo la provocazione, le Veline sono ironiche, Staffelli è un non giornalista e Striscia fa non-informazione.
Salvo poi ergersi a paladina della giustizia, ed è qui che la cosa non mi va giù.
Perché posso pure accettare come ironiche due donne oggetto che dovrebbero fare il verso alle donne oggetto (che ho detto? Boh, chiedetelo a Ricci), ma quando mi si spaccia il terrorismo informativo per informazione, lì dove c'è un buco di informazione, come dice Montalban, allora no, non ci sto.
Striscia adotta metodi squadristi. Mi scrisse (e ne parlai sul Barbiere) un poveraccio smutandato da Striscia che chiedeva solo giustizia ed un contraddittorio, negato da Striscia, dopo essere stato rovinato professionalmente: chissà che fine ha fatto. Chissà che fine hanno fatto tutti quelli passati dalla gogna di Striscia.
Un benzinaio mi ha raccontato di come Striscia pizzica quelli che fregano sul pieno: fa dieci, venti appostamenti finchè non becca il reo ed a noi ce lo propone come colpevole esemplare preso a caso, ergo tutti i benzinai, come tutti i tassisti, sono dei potenziali ladri: anzi, meno male che c'è Striscia a difenderci.
Attenti a voi, bottegai, farmacisti e dentisti, Striscia veglia sui vostri falsi scontrini e fatture.
La prossima volta che vi fregano sul prosciutto passate da Striscia, anzichè dai Carabinieri, è questo il tragico paradigma che viene fuori da una trasmissione che dovrebbe essere comica.
Striscia si sostituisce alla Magistratura, ma evita le istruttorie regolari, dato che ama i processi sommari, senza molte prove, senza possibilità di difesa. Un colpo di telecamera alla nuca e via, meglio giustiziare rapidamente, magari il condannato risulta innocente, chi lo saprà mai?
Perché non è vero, caro Jo, che Striscia riempie un vuoto e fa le domande che tutti vorremmo fossero fatte ai politici. Magari facesse questo. Striscia parte con una tesi precostituita con l'obiettivo di ridicolizzare l'intervistato, sia che si tratti di un benzinaio che di un ex presidente.
Non importa cosa questo dica, ed è qui il difetto, perché se davvero Striscia facesse le domande che tutti vogliamo sentire allora dovrebbero interessarci anche le risposte, invece a Striscia, e quindi a noi, vengono mostrate solo le reazioni, chi se ne frega di quello che ha detto.
Striscia non fa informazione perché a Striscia non interessa sentire la replica dell'accusato, le interessa solo portare avanti la sua tesi e la sua condanna, non c'è contraddittorio, è una trasmissione gulag dove non è ammessa replica, è uno sbirro da dittatura che condanna senza le garanzie fornite dalla Costituzione.
Staffelli non viene menato, si fa menare, c'è una sostanziale differenza. Cerca lo scontro a tutti i costi, platealmente. E più si fa menare meglio è. La violenza fisica di chi mena Staffelli è una reazione alla violenza e alla provocazione verbale impostata da Striscia: o condanniamo tutte e due le violenze o le assolviamo entrambe, non possiamo fare distinguo. Oltretutto è violenza cercata, voluta, caparbiamente inseguita.
Perché più la reazione è sguaiata più Ricci ha raggiunto lo scopo, che non è informare, ma prendere per il culo. E lo sponsor è contento.
Perché questo è un altro aspetto della faccenda, Striscia è, era, intoccabile in quanto detentrice di grandi ascolti, quindi di grandi sponsor: di nuovo qualcuno mi spieghi cosa c'entra l'informazione in tutto questo.
Se fosse in gioco l'informazione, la libertà di sapere e di chiedere non avremmo sotto gli occhi un cabaret con risate registrate, dove se rispondi a Staffelli ti prendono per il culo, se non rispondi pure e se reagisci passi per fascista. Ma fascista, anzi stalinista, sarà lei, caro Ricci!


cecil bacon
  

Herzog

Le interviste imponibili
2 dicembre 2003
Lo so, lo so. Il titolo, solito e abusato, sarebbe Le interviste impossibili. Ma con la nuova finanziaria pare che verranno tassati anche i post.
E quindi.
RaiTv, prime time, programma condotto da Alda D'Eusanio. Il regista comunica all'ospite le ultime istruzioni.
(voce fuori campo: Dieci secondi).
- Stiamo per andare in onda. Si ricordi di parlare rivolto alla D'Eusanio. Ma che fa, non le gambe. Deve guardarla in viso. Se ci riesce.
(voce fuori campo: In onda!)
- Gentili amici, eccoci giunti ad una nuova puntata di Lutti & Disgrazie. Un saluto dalla vostra Alda.
(applausi registrati).
Oggi il nostro ospite viene da molto lontano, e precisamente da…?
- Afganistàn.
- Pensate, amici, dall'Indostàn. Un bell'applauso!
(applausi registrati)
Può rivelarci il suo nome?
- Mullah Omàr.
- Ma che bel nome esotico. Posso chiamarla Mully?
- Mullah Omàr.
- Allora, magari, potrei chiamarla Omero.
- Mullah Omàr.
- Uh, ma non è caruccio, quando si arrabbia?
(applausi registrati)
- Mullah Omàr.
- Sì, sì, ho capito. Posso chiederle una cosa?
- Dite.
- Questo suo accento, non so, mi suona vagamente familiare. Ma lei è proprio sicuro di essere straniero?
- Oriundo. Mia madre era di Mergellina.
- Ma pensate, cari amici, il Mullah Omàr è veneto!
(applausi registrati)
- Mergellina.
- Sì, lo so, l'ha già detto. Ma lei è qui per una ragione particolare, vero?
- E' vero, ma adesso che ci stanno le telecamere tengo scuorno a parlarne.
- Oh, ma che dolce! Facciamogli un applauso di incoraggiamento.
(applausi registrati)
Avanti, ci dica.
- Embé, io sono qui per rivendicare il mio ruolo nel panorama internazionale. - Eh? Non ho capito.
- Massì, state tutti a parlare di Saddàm e di Bin Ladèn, e nisciuno si ricorda più di me.
- Oh, un caso di abbandono. Fa tanto bene all'audience.
(pianti registrati)
- Da quando il mio nome è sparito dai giornali, gli affari vanno male assai. Foto autografate, dvd, spillette, insomma, tutto il classico merchandising: ho investito milioni di dollari della Cia, e ora ho le caverne di Kandahar piene di invenduto. Dei morti afgani, dicimm 'a verità, non frega più niente a nessuno. Ormai stongo sull'orlo della bancarotta.
- Ma allora, da un punto di vista tecnico potremmo definirla un fallito.
- Mullah Omàr.
- E adesso cosa farà, si rivolgerà ad uno strozzino? I casi pietosi legati all'usura si portano molto, quest'anno.
- No, pensavo piuttosto a qualche attentato qui in Italia. Solo che quello, Pisanu, dice che si è prenotato prima l'imam di Carmagnola, e che si sono già accordati su tutto, numero di morti e feriti, ciclostilati di rivendicazione, leggi speciali. Dice che mica può mandare all'aria tutto per me, adesso.
- Un applauso al ministro Pisanu, che salutiamo con affetto!
(applausi registrati)
- In alternativa, vorrei proporre una colletta, una catena di Sant'Antonio, una Mullah Omarathon.
- Ma che inventiva, che fantasia, che genialità!
- Devo campare la famiglia.
- Amici, resteremmo ore a parlare con il nostro ospite bergamasco, ma ormai il tempo a nostra disposizione è finito. Ci rivediamo alla prossima puntata con un nuovo e pietoso caso umano. Ancora un applauso al nostro amico Altiero.
- Mullah Omàr
(applausi registrati)


clarence carter
  

La pizia

13 novembre 2003
Che cercavo una cosa e un'altra ne trovai
Ieri sera: un'ora in giro per Trastevere alla ricerca di un ristorante che alla fine non troverò. Incazzatura crescente. Informazioni dei negozianti approssimative ed inutili. Chilometri macinati a vuoto. Mi faccio le vie principali e i vicoletti, entro ed esco dalle piazzette e dagli incroci, torno dove sono già stata, risbuco dove ero appena passata. Scansiono velocemente con lo sguardo le insegne dei locali, i sanpietrini maldisposti, il flusso di gente contrario, le mercanzie a terra dei venditori ambulanti.
Poi arrivo in una piazzetta vuota, illuminata di giallo da un lampione nascosto dall'edera, e noto per caso un uomo tondo appoggiato ad un muro, con due occhi timidi dietro agli occhiali e un mazzo di fiori avvolti da una carta colorata.
Finisco di attraversare la piazza e sono di nuovo nel vicolo principale, tra la folla, i locali con i tavolini sul selciato e le loro insegne pittoresche, i motorini in fila, i chioschi delle cartoline fuori dai tabaccai.
Arrivo in fondo e torno indietro, nessuna traccia del ristorante che sto cercando. Incrocio gruppetti di gente, ragazzi che ridono, coppiette che parlano. Raccolgo pezzi di frasi, immagini di gesti, dettagli di scene che scorrono via dal mio passo veloce.
Una ragazza che sta chiudendo il portone di casa quando la incrocio sta dicendo "Sei proprio carino. Davvero, davvero carino...grazie". Prima di superarla completamente sposto, senza pensarci, lo sguardo sull'uomo "carino" che le è accanto. E' un uomo tondo con gli occhiali, che le risponde imbarazzato "Figurati..". Mi giro per continuare a guardarli. La ragazza ha in una mano un mazzo di fiori avvolti da una carta colorata e nell'altra tiene la mano di una bambina con i codini, che cammina guardando avanti a sé, mentre sopra di lei la sua mamma e l'uomo tondo si guardano sorridendo. Prima di perderli di vista vedo l'uomo allungare la mano verso quella della bambina, ma non osa toccarla e lei nemmeno lo nota. Forse è un po' presto, penso, e riprendo la mia vana ricerca.

2 dicembre 2003
E continuiamo a farci del male
Il prossimo week end andrò a Vienna a scoprire come mai della Sacher Torte mangio tutto tranne la parte con la marmellata.
Per non replicare l'avventura di questa estate, cacciata via alle porte della Croazia, mi dicono sia cosa buona andare a rinnovare la carta d'identità valida per l'espatrio.
In Circoscrizione riempio il modulo. Supero il momento duro alla voce "stato civile" ma mi incarto davanti a "professione". Cosa ci scrivo alla voce "professione"?
Grafico? Tempi andati. Content designer? Non sanno manco cos'è. Blogger? ma non scherziamo.
Ho 20 persone in coda davanti a me, tempo da perdere, così seleziono dalla rubrichetta del cellulare un ristrettissimo gruppo di fidati consulenti e giro loro il mio dubbio. Ottengo le seguenti risposte:
10% blogstar
10% veloce, agile e libera professionista. in pratica un ninja.
20% scrittrice no?
10% poeta.
20% se io ho messo "giornalista" tu puoi mettere "grafico".
10% il titolo impronunciabile che hai sul biglietto da visita
20% non sa non dice
Consegno il foglio incompleto.
La pratica è vana comunque, visto che non posso richiedere nuovo documento d'identità essendo ancora residente in USA.
- Ma no guardi - le dico - ho fatto la richiesta di nuova residenza un mese fa.
- Eh lo so, ma non ci posso mettere la residenza italiana finchè la pratica non è conclusa.
- Allora ci metti quella americana.
- Non posso scusi eh, lei ha chiesto il cambio!
- Ah e quindi?
- Quindi deve tornare quando risulterà residente qui.
- Ho capito ma adesso dove sono io?
- Da nessuna parte.
- E che lavoro faccio?
- Nessuno.
- E mi piace la Sacher Torte?
- No, ha sempre preferito il Mont Blanc.
- Ma ci andrò a Vienna?
- Sui treni Euronotte non si ci sono più nemmeno i posti in piedi sulle pedaline.
- E in auto?
- La sua assicurazione è scaduta e visto che quest'anno ammonta a euro 2000, lei non li pagherà per principio. Però ha in programma di acquistare una bicicletta a Porta Portese con la quale affronterà tutto l'inverno.
- Beh, mi rimane l'appartamento almeno, fiuu..
- Solo se accetta di pagare i 100 euro al mese in più, che le ha chiesto il suo padrone di casa. Senza contratto registrato il signore può fare il buono e il cattivo tempo.
- E se registro il contratto?
- Il signore la manderà via e affitterà a qualcuno che gli darà, in nero, la cifra che vuole da lei.
- Ed io me ne andrò?
- Sì perché lei è orgogliosa e con un senso della giustizia ai limiti della stupidità ma siccome gli affitti sono alle stelle si ritroverà a condividere 50 mq. con altre 3 persone.
- Senza auto...
- E senza residenza nè documento d'identità
- Un permessino di soggiorno?
- No.
- Qualcosina da mettere alla voce "professione"?
- No.


dean cornwell
  

Personalità confusa

Saluti dal Papa
novembre 2003

1. Buongiorno a tuti, sono il papa. Sono molto contento di poter scrivere su questo sito, e di cuesto ringrazio il titolare, qui, che è un mio amico, lò conosiuto per caso via email, e lui mi a conceso questo spasio.
Anzi, io di nascosto dai cardinali ò visitato alcuni dei vostri siti, cuesti diari blog, e mi piacerebe averne uno anche io. Eco, se potesi io vorei avere il mio blog dove scrivere il mio diario, racontare le mie giornate e dire la verita, mica le bùgie che scrivono su di me sui giornali, che quella roba la dice il siniore spagnolo, il mio portavoce, mica io. Quel siniore spaniolo non mi ricordo nemeno come si chiama... epure lo vedo tuti i giorni da tanti ani.. Navaro, si chiama cosi, Navarro. Quelo mi sorvelia pegio di un secondino.
Ma torniamo a noi.
Volevo lanciare un apelo. E farlo da qui, perche so che voi mi capirete. Se lo facesi da piassa Sanpietro la domenica matina davanti a tuti in mondovisione, mi farebero arestare. Ma sento che di voi poso fidarmi.
Io non ne posso piu, sono stanco di fare il papa. Vorei andare in vacansa in montania a respirare aria buona e sopratuto riposare. E invece lo spaniolo dice che devo fare il papa e che mi devo alsare la matina presto per dire le preghiere, la mesa e l'angelus. E poi alla mia eta mi voliono mandare in tuti quei viagi, in aereo e poi nela machina, quela coi vetri che devo stare in piedi e salutare, che due pale.
Vi prego, liberatemi.
E volevo anche agiungere che quando la sera pasate da piassa Sanpietro e vedete la finestra dela mia stansa iluminata, come la mostrava Bruno Vespa in televisione a Porta a Porta, e pensate che io stia lì ala scrivania a lavorare a quela ora, ebene vi sbaliate di groso. Infati io dormo con la mascherina. Per questo posso tenere la luce accesa.
Adeso vi devo lasiare, sento i pasi di Navarro avicinarsi e se mi trova cui al computer mi sgrida. Ciao. Se poso dopo torno a legere i comenti. Ciao amici,
Il Papa
P.S. - E non lamentarti del'ortografia, io sono polaco mica italiano come te. Vorei vedere te a scrivere in polaco.
P.S. 2 - Liberatemi per piacere.

2. Amici scusate sono ancora io, il Papa. Devo ringrasiare questo cortese blogher che per la seconda volta mi ospita qui, nel'atesa che anche io apra il mio, di blog. Intanto lo ho votato ai gniu awards, che mi e simpatico, 'sto ragazo.
Anche ogi aprofito di questa picolo spasio per racontare quele cose che non poso dire dal balcone di piassa san pietro, e stavolta vorei parlare di Andreoti. Ebene, amici, io una volta ad Andreoti li ho dato la confesione. Siamo andati nel confesionale, lho fato inginochiare e li ho detto “Avanti, dimi i tuoi pecati”. E lui a capo chino ha inisiato ad ametere una sequela di perversioni e di malvagita' che quasi mi sentivo male. Non poso riferirvi quali perche Navaro dice che è proibito. Pero li ho chiesto: “Giulio, per curiosita, ma cola storia del pecoreli tu centri qualcosa o no? A me puoi dirlo: siamo in confesione, saro muto come pescie.” E lui mi ha risposto che “No, non io, pero, santita, a pensar male si fa pecato ma ci si azeca, e il potere logora chi non cela”. E alora io mi sono secato e li ho risposto “Senti, gobbeto, non prendermi in giro coi tuoi giochi di parole che io sono il Papa mica uno dei tuoi tirapiedi”.
Un altro che o incontrato e' Bob Dylan, che e venuto a cantare per me in Vaticano, ani fa. Il siniore spagnolo Navaro voleva a tuti costi rifilarmi ancora una volta Nek, la Pausini e i Pooh ma io li ho deto Navaro basta con sti cialtroni, io volio un musicista che piaccia pure a me, e se non è catolico pasiensa, per cui mi portate o Dylan o i red hot chili pepers. E alora Navaro ha scelto Dylan. E' stato un belo concerto, non so se vi ricordate, pero per me dylan era melio 30 ani fa: ora canta solo col naso, a boca chiusa, e io infati mi sono addormentato alla seconda cansone.
Poi, qualche mese fa ho confessato pure il presidente del consilio berlusconi. Li ho chiesto "ma ci vai in chiesa, ti confesi?" e lui mi ha deto “sì, santita, tuti i giorni, son praticante”, pero io ho visto che non sa farsi nemmeno il senio dela croce, e cuando ala fine doveva recitare l'ato di dolore li ho dovuto pasare un folietino col testo che lui non se lo ricordava. Che poi ho scoperto che e' pure divorsiato, quindi in chiesa non dovrebe nemmeno entrarci, se lo scopre Navaro mi sgrida.
Amici, è sempre belo confidarsi con voi, ora devo lasciarvi che ho la riunione con Navaro per la logistica delle guardie svissere, non vi dico che noia, meno male che oni tanto mi diverto con voi. E scusate l'ortografia ma come o gia' deto io penso ancora in polaco mica in italiano, per cui non fate tropo i dificili.
Ciao a tuti,
Il Papa.

3
. Ciao amici,
ecomi qui ancora, sono io, il Papa. Sì, proprio io. Questo blogher confuso e mio amico, mi a voluto ospitare ancora e mi ha dato la password cosi di nascosto posso scrivere quelo che mi pare, che nel resto dela giornata ci ho sempre adoso Navaro che mi controla cosa dico e cosa non dico. Invece qui oni tanto poso racontare la verita senza peli su lingua e tenere il mio diario segreto.
Dunque. Stamatina mi hano portato in casa il Dalai Lama. E' una specie di papa pure lui, pero budista. Ride sempre e si veste con le maniche corte, le infradito e i bracialeti, beata gioventu.
Dopo la solita paliacciata delle foto e dele televisioni ci ano lasiati soli per cinque minuti nel salotino picolo. Navaro voleva restare a sentire cosa ci dicevamo perche non si fida piu di me, ma io li o deto "Navaro scusa o dimenticato la papalina in sagrestia, fami il piacere e vai tu a prenderla."
E alora sono rimasto da solo col Dalai Lama e li ho deto "Senti, Dalai, (ci diamo del tu, lo chiamo per nome anche se non so se e suo vero nome), Dalai, colega, aiutami, portami via con te all'himalaya, in montania a pasegiare coi camosci che qui non ci volio piu stare: Navaro mi trata male, Ruini mi prende in giro e sostiene che la mesa ora la dice melio lui. Portami con te, e liela facio vedere io ai cinesi. E poi sai cosa faciamo? Fondiamo una nuova religione asieme, io e te, Dalai! Che ne dici? Dai portami via da qui." Ma lui mi ha risposto che non poteva e che se mi avese rapito poi in italia non lo avrebero piu invitato, che gia cuesta volta berlusoconi non a voluto riceverlo per via dei cinesi.
Alora li ho deto "Dalai, amico mio, aprofitiamo che Navaro e Ruini sono fuori, faciamo una pazia: andiamo al balcone sula piassa, io acendo li autoparlanti che tanto l'o visto dove e l'interutore, ti facio parlare del tibet, salutiamo, diamo il mais ai picioni e dopo guardiamo cosa dicono al telegiornale ah ah." Lui rideva, io insistevo. Lo avevo cuasi convinto quando e tornato Navaro con tuti i giornalisti e le guardie svizere che hano portato via Dalai, e sono rimasto qui da solo. Meno male che mi hano dimenticato di speniere il computer e il modem, cosi poso postare.
Amici, io vi ringrasio per starmi a sentire, mi piace questa cosa di scrivere diario e di esere blogher, ala prosima blogfest ci vengo pure io. Vi abracio, e se volete dopo torno a legere comenti.
Ciao, ciao da
il Papa

PS - Scusate l'ortografia e l'italiano incerto ma come sapete io sono polaco mica italiano.

PS2 - Ah, anche Dalai Lama vi saluta.


john clymer
  

   7 dicembre 2003