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Bush affonda l'America
di Vittorio Amodeo


Scrive su Repubblica del 15 agosto Carlo De Benedetti (non propriamente un comunista antiamericano, visto che in USA ha cospicui interessi finanziari ed è amico di Bush padre): “La frustrazione per l'esito della guerra al diavolo delle Twin Towers, la necessità di coinvolgere l'opinione pubblica americana in una nuova sfida in grado di far dimenticare i dolori di una borsa e di una economia in panne, l'obiettivo di recuperare i calanti favori dell'elettorato sono ragioni troppo buone per rinunciare a portare a termine il lavoro iniziato dal padre George”.
Perché frustrazione, se la campagna in Afganistan viene generalmente considerata un successo? Occorre tener conto delle proposizioni con le quali Bush aveva iniziato l'azione militare: “Voglio Bin Laden vivo o morto”, e poi: “Chi non è con me è contro di me”. Frasi rozze che non si addicono al capo di un grande stato (al massimo di una repubblica del centro-Africa), e che indicano una cultura maturata più sulla visione dei film western che non nello studio e la pratica del diritto e della politica internazionali. E in ogni caso non ha avuto sinora Bin Laden né vivo né morto, e il fragile governo afgano è tenuto su dai fucili americani come sempre succede nelle guerre “di liberazione”, che sono poi di conquista.
Dunque secondo De Benedetti, e secondo quella ch'è ormai una valanga di commentatori e osservatori internazionali, Bush non inizia una guerra dagli esiti incerti e pericolosi per “sventare la minaccia rappresentata da Saddam” come si affrettano a dichiarare gli ambienti filogovernativi, bensì per sviare l'attenzione dagli scandali interni, dall'affanno dell'economia, dalle sue personali frustrazioni. In altre parole, Bush si appresta a decretare l'uccisione di migliaia o decine di migliaia di persone, donne e bambini innocenti, a devastare un territorio già piegato da un decennio di guerre e sanzioni, e ciò non per “difesa” del popolo americano bensì per calcoli e ossessioni personali.
Contemporaneamente Bush ritira la firma dal tribunale penale internazionale, affinché i militari USA non siano perseguiti per crimini commessi all'estero; non sottoscrive l'accordo di Kyoto per la limitazione dei gas serra, dimostrando indifferenza per l'ambiente e per le generazioni future; infine assieme a Cuba, Sudan e Cina si oppone alla risoluzione ONU sulla tortura, che prevede ispezioni a sorpresa nei luoghi di detenzione (cosa succede a Guantanamo e dintorni non si deve vedere).
“E' davvero difficile capire perché gli Stati Uniti lavorino contro i diritti umani, e contro un numero così grande di alleati”, commenta Joanna Wechsler, di Human Rights Watch. Contro gli alleati, e assieme ad amici poco raccomandabili.
E Brzezinski, già consigliere del presidente Carter, dice: ”Se l'America arriverà al punto di essere vista dai suoi principali alleati europei come ottusa da un punto di vista morale e ingenua da un punto di vista politico per come sbaglia a far fronte al terrorismo in tutte le sue più vaste e profonde accezioni – e se al tempo stesso parrà loro che stia abbracciando acriticamente l'intollerante repressione delle legittime aspirazioni etniche o nazionali – allora il sostegno mondiale alla politica americana andrà sicuramente scemando”.
Dunque il declino del consenso all'America viene innanzi tutto da valutazioni di carattere morale. Non si possono mettere a repentaglio le vite di migliaia di persone per tentare di risolvere, probabilmente in maniera illusoria, le difficoltà interne. L'America è stata duramente colpita dalle azioni terroristiche, ma la risposta puramente militare che persegue Bush è di una povertà estrema, indica l'incapacità politica di comprendere cosa bolle nel pentolone del mondo, in quello islamico in particolare. L'America è una grande potenza economica e militare, ma non si può pretendere di guidare il mondo solo con la forza, se questa non è sorretta da una visione etica del diritto delle genti. Questo è stato il patrimonio che gli USA hanno elargito nel passato, culminato nella costituzione dell'ONU: ma ora appare appannato se non stravolto.
Bush può apparire una persona determinata, ma in realtà la sua può essere piuttosto l'ostinazione di un debole che vede solo alcuni aspetti della realtà, è incapace di analisi più ampie, sente oscuramente mancare la terra sotto i piedi, si aggrappa alla forza militare che pensa risolva tutto, mancandogli una più ampia visione morale. Con una tale guida, inevitabilmente l'America declina nel suo prestigio e si avvia su una strada di isolamento, pericolosa per sé e per il mondo intero.
In Italia, così come è stato rilevato dalla stampa estera, noi abbiamo un presidente – Berlusconi – inadeguato a rappresentare il paese, in quanto confonde gli interessi propri con quelli generali, ha un enorme conflitto quale proprietario di TV, delegittima la giustizia per poter salvare le sue vicende personali. Purtroppo anche gli USA appare abbiano un presidente – Bush – inadeguato a reggere le sorti di un paese così vasto e articolato, dal quale dipende in buona parte il benessere e la pace nel mondo, ora seriamente minacciata da una politica miope che può indurre i maggiori disastri.

Vittorio Amodeo



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  13 settembre 2002