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Le armi di Martino
di Vittorio Amodeo


fucili

E' presumibile che il ministro della Difesa Antonio Martino abbia la passione delle armi: si addice al suo ruolo. Non potendo sviluppare quanto vorrebbe questa inclinazione nell'ambito del suo dicastero, causa le note ristrettezze di bilancio, pensa ora di armare tutti gli italiani: “La legislazione restrittiva in materia di possesso di armi ha disarmato quanti obbediscono alle leggi”, ha detto il ministro, aggiungendo che vedrebbe con favore una normativa più permissiva, “all'americana”, che consentisse facilmente di detenere armi.

Quanto succede negli USA è abbastanza noto, ma vale la pena di richiamarlo brevemente. Vi sono 240 milioni di armi da fuoco, senza contare quelle in dotazione all'esercito; dunque, su una popolazione di 275 milioni di abitanti, quasi un'arma a testa, lattanti e bambini compresi. La vendita di armi è sostanzialmente libera, i fucili sono esposti negli stands dei grandi magazzini. E le armi vengono usate, eccome: ogni ora quattro americani vengono uccisi da colpi d'arma da fuoco. Negli ultimi vent'anni sono morte 670.000 persone per colpi di pistola, una strage pari a 150 volte quella delle Torri gemelle.

Di recente il NY Times ha fatto il raffronto con il Giappone. Lì soltanto una cinquantina di persone hanno il permesso di possedere armi e, anche se i criminali le introducono clandestinamente, nel 1999 si sono registrati soltanto 28 decessi per colpi d'arma da fuoco. Negli USA, invece, nel 2000 ce ne sono stati 26.800. In Inghilterra, severi controlli sulle armi in circolazione fanno sì che la percentuali di omicidi sia un sesto rispetto all'America, nonostante che la criminalità diffusa (furti con scasso, aggressioni) sia superiore a quella americana.
“In pochi mesi – prosegue il NY Times – gli americani morti per le armi in libera circolazione sono già il quadruplo di quelli caduti per terrorismo, ma poiché muoiono uno alla volta nessuno ci fa caso”. Da rilevare che, contro il terrorismo, Bush ha già scatenato una guerra in Afganistan e altre si prepara a infliggere ai paesi definiti “asse del male”; contro la Rifle, la potente associazione degli armieri che si oppone a qualsiasi regolamentazione nella vendita delle armi, non esiste alcuna azione, dopo il fallimento del tentativo di Clinton di introdurre limitazioni.

Nonostante queste stragi, quasi tutti sono portati a sorvolare su quanto succede in USA in quanto “portare le armi è un diritto scritto nella loro Costituzione”. Come se si trattasse di un'anomalia genetica (che so, gli occhi a mandorla per i cinesi) e non già di una deliberazione umana che come tale potrebbe e, visti i risultati delittuosi, dovrebbe essere sanata. Ma anche in questa asserzione v'è una certa superficialità, vediamo perché.
Il primo Congresso degli Stati Uniti approvò il cosiddetto “Bill of Rights”, ossia i dieci Emendamenti alla Costituzione che stabilivano i diritti individuali degli americani. Il secondo emendamento pone, è vero, che “Il diritto dei cittadini di tenere e portare armi non potrà essere violato”. Ma la frase è solo una parte, in quanto l'emendamento prosegue così: “essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una ben ordinata milizia”.
Dunque il diritto a portare armi doveva servire per formare la milizia dello stato, non già per l'uso del privato cittadino. E se teniamo conto che questo primo Congresso si svolse nel 1789, possiamo facilmente ammettere che i problemi di sicurezza fossero, all'epoca, alquanto diversi dall'oggi.

Ma la Rifle è una potente e ricca associazione con quattro milioni di soci, porta voti e sostanziose contribuzioni ai partiti con ovvia preferenza per il repubblicano, quindi non può essere contrastata. Forse il ministro Martino aspira a qualche analogo sostegno?

Vittorio Amodeo



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  10 maggio 2002