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Lombardia-gate
Vincenzo Ortolina



Ufficio di presidenza della Regione Lombardia. Nel cerchio Carlo Spreafico unico NON indagato dei cinque membri.

Le sedute del consiglio regionale lombardo stanno diventando, giorno dopo giorno, degli happening non particolarmente gradevoli. Credo sia, principalmente, a causa del forte proponimento di Roberto Formigoni di “resistere, resistere, resistere” alle pressanti sollecitazioni, non delle sole opposizioni, a dimettersi, dopo quello che potrebbe definirsi come una sorta di “Lombardia_gate”, peraltro in costante divenire. Ovvio che non si devono emettere sentenze prima dei giudizi penali, ma fa certo specie la notizia di dieci consiglieri su ottanta, non pochi di questi assessori della giunta, o ex, inquisiti dalla magistratura. In proposito, verrebbe tra l'altro da ricordare agli interessati dicitori (in particolare i media della famiglia Berlusconi e associati) della giaculatoria “son tutti uguali” quale è la proporzione tra esponenti di centrodestra e di centrosinistra implicati: nove contro uno, se non vado errato. Lo “sciogliete le righe”, in questa situazione, sarebbe dunque la soluzione più logica, razionale, coerente: troppo rischiosa, però, per i soggetti coinvolti, ivi compresa la “costola leghista”, che si sta comportando come un partito qualsiasi della prima repubblica, direbbero gli stessi bossiani, in un altro contesto.

Del resto, l'orizzonte, con la vicenda giudiziaria “San Raffaele” in pieno svolgimento (eloquente, in argomento, il recente pamphlet del Corriere) suggerisce in particolare ai sempiterni gestori della sanità lombarda di “stare in campana”, di non mollare, di affrontare gli eventi da una posizione di potere, di forza. E' dunque comprensibile, in tale contesto, che il presidente della Regione si senta un po' stressato (la diagnosi è mia), si lasci andare e perda un po' le staffe. Dà in aula, nell'ultima seduta consiliare, del “pirla” a un consigliere di minoranza. Che potrebbe non essere, per carità, una “vittima” tout-court, perché, di solito, quando si litiga, difficilmente la responsabilità è di uno solo. All'interno di un'istituzione tocca però al suo capo in particolare sforzarsi di mantenere un certo aplomb, cercare di resistere (in questo caso, sì), di stare calmo.
Nel prosieguo della seduta de quo, il “nostro” ha poi messo, a me pare, una toppa peggiore del buco quando ha cercato di giustificarsi con la citazione di quella sentenza che ha sancito che “quel termine” non va considerato necessariamente offensivo: se la poteva risparmiare.

La questione che riguarda Formigoni & company, in ogni caso, è un'altra, ed è più complessa. Stanno crescendo vertiginosamente i segnali di una certa arroganza del potere da parte del leader “ciellino”. Troppo potere, esercitato per troppo lungo tempo. Per via “democratica”, per carità (ma col poderoso supporto della masse del “movimento”, che lo votano “a prescindere”), anche se sono rimasti dubbi costituzionali, se ho ben compreso, sulla legittimità dei suoi mandati successivi al secondo, e resta sullo sfondo la questione del pasticcio del “listino” relativo all'ultima elezione.
Intendo dire: se i sindaci devono smettere dopo due mandati consecutivi, perché mai ai “governatori” è consentito invece di “resistere” anche per venti anni e oltre? Si diceva (prescindo qui, non essendo competente, da valutazioni di ordine giuridico) che la norma per i primi cittadini era saggia in quanto, gestendo questi un'attività squisitamente amministrativa, erano portati a scelte “clientelari”, che potevano tradursi poi, sic et simpliciter, in voti elettorali a loro favore. Ma nel frattempo le Regioni non si sono forse quasi trasformate in puri enti erogatori di bonus e “voucher” a centinaia di migliaia (in Lombardia) di utenti/clienti, come potremmo chiamare i beneficati? E dunque? Mi pare, allora, giunto il momento, a proposito di riforme costituzionali o che comunque attengano alle questioni istituzionali (in proposito, sinora si è visto soltanto il “pasticcio” sulle Province, e temo non si vedrà molto di più, a breve) di sancire o ribadire con forza il limite dei due mandati agli stessi presidenti di Regione. E magari a qualsiasi figura istituzionale. Quattro lustri o più di potere (ma anche meno) sfiancano gli interessati. E i cittadini, spesso.

Vincenzo Ortolina


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  22 marzo 2012