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Dizionario etico:
libertà, eguaglianza e solidarietà.
Alberto Battaglia

art.18

Poco più di due secoli sono passati dalla rivoluzione francese e varrebbe la pena riprendere una riflessione sul trinomio di allora per verificarne l'efficacia e l'attualità.
Se dal concetto di libertà sono fiorite diverse ipotesi che hanno oscillato e coperto una vasto approdo che va dalla “libertà di…” alla “libertà da…”, con prevalenza della prima, fino ad un fantasioso quanto retorico “popolo della libertà”, sui rimanenti sostantivi abbiamo perpetrato o subito oscillazioni che ne hanno fatto nel tempo parole ad alto contenuto ideologico avulse spesso dal contesto reale.
Eppure due di quelle parole avevano ed hanno un senso profondo nella coscienza occidentale, nelle esperienze del nostro quotidiano politico, intendendo per tale un insieme di relazioni socio - economiche che ha costituito e costituisce tuttora il senso della nostra civiltà e della nostra cultura.

Se libertà è tutto ciò che possiamo fare senza nuocere ad altri, può accadere che la stessa diventi un valore così assoluto da modellare non solo gli assetti delle istituzioni, ma perfino essere in grado di limitare la realizzazione del termine eguaglianza.
Il nucleo fondativo del progetto moderno sta nel considerare l'eguale cittadinanza come lo stato di partenza per uomini e donne liberi.
Nei fatti esistono due categorie di libertà una appartenente alla visione degli antichi ed è la libertà di che afferma una libertà di esistenza dei singoli negli affari pubblici (libertà di organizzarsi, di stampa, di voto etc.) ed una seconda libertà da che è una libertà moderna che libera appunto dai mali ed è quindi stata vissuta come una libertà positiva (B. Costant).

Sull'eguaglianza sono esistiti modi diversi d'interpretazione: l'eguaglianza delle opportunità o delle capacità fondamentali è una classica interpretazione del lessico democratico, spintosi con la tradizione socialista fino all'eguaglianza dei risultati e ancora estendendosi fino all'eguaglianza giuridica, civile ed economica.
Nella norma esiste quindi oggi un riconoscimento di un'eguaglianza civile (ogni cittadino vota) e un'eguaglianza giuridica (ogni cittadino e uguale davanti alla legge). La prospettiva socialista dovrebbe essere quella di un'eguaglianza economica di partenza che sostanzi che a parità di lavoro corrisponda medesima retribuzione, ma su questo ancora lontano è il raggiungimento dell'obiettivo, così come ancora lontano pare essere un riconoscimento di eguaglianza normativa tra soggetti e categorie.

Il principio di solidarietà (possiamo considerarlo come equivalente moderno di fraternità?) era e resta inteso prevalentemente come principio di solidarietà nazionale (nonostante la globalizzazione imperante), interno quindi al proprio ambito di appartenenza statale, come elemento di garanzia ed equilibrio tra la libertà e l'eguaglianza, sostanzialmente estraneo quindi alla democrazia liberale e ancor più all'economia di mercato.
La solidarietà oscilla tra un universo familiare e un universale religioso, come potente meccanismo di creazione d'identità collettive e di mobilitazione politica, nonché di integrazione sociale. Ma, nello stesso tempo, è anche presupposto di competizione e di conflitto, poiché implica una rigida separazione tra i fratelli e gli altri tra noi e loro. Ma se anche nelle parole libertà ed eguaglianza esistono elementi di ambiguità, nel termine solidarietà questa aumenta, perché essa più delle altre è un sentimento, quindi più umano degli altri due termini.

Ora gli ultimi decenni hanno modificato una gran parte dei contenuti del nostro trinomio: la libertà è diventata liberalità e liberismo spesso sfrenato; l'eguaglianza è stata sopraffatta da erronee e forzate interpretazioni della meritocrazia, la solidarietà è stata scansata da logiche egoistiche e politiche di prevalenza del più forte.
Ciò che è venuto progressivamente meno, dagli anni dell'yuppismo, attraverso thatcherismo e reaganismo, è stata una strategia che ha modificato quei tentativi, magari erronei e forzosi che gli anni 60 e 70 avevano cercato di proporre (pur con molti limiti ed errori soprattutto sul terreno salariale ed economico) una società di eguali.
Nella sostanza è venuta meno una visione del mondo che potesse contenere interpretazioni “democratiche” dei tre lemmi di cui si discute e la crisi, alla fine sopraggiunta, potrebbe essere la condizione dalla quale ripartire per ridisegnare un ipotesi di società meno conflittuale e più paritaria.

Anche nel dibattito attuale, su come uscire dalla crisi, prevalgono elementi fortemente egoistici, non per questo individuali, ma egoismi delle collettività che oggi si sentono più garantite di altre. E'in parte il tema dell'art 18, cosi come è in parte il tema della tutela delle future generazioni, di un patto di riequilibrio tra generazioni.
La frantumazione della società in categorie conflittuali e contraddittorie emerge in tutta la sua forza. Dove ognuna è attenta alle proprie prerogative e si pone a difesa dei propri diritti (ereditati o conseguiti) ciò che viene meno è l'identità di una società che si scompone in forze belligeranti tra loro. In tal modo ciò che viene subito meno è il principio di solidarietà, che è il collante della identità sociale, scaricando su altri soggetti colpe e costi della crisi.
Riproporre quindi al centro del dibattito i termini di eguaglianza e solidarietà, dovrebbe essere il tema centrale del dibattito politico.

Alberto Battaglia


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  23 febbraio 2012