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REFERENDUM
L'uso truffaldino del quorum
Franco Isman


quorum

“E' indetto referendum popolare per determinare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge…”
“La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se si è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.” Così l'art.75 della Costituzione.
E' necessario cioè che il 50%+uno degli aventi diritto al voto si rechi a votare, altrimenti le votazioni sono nulle, questo numero di elettori necessari per la validità di una votazione si chiama quorum.
Diverso è il caso per il referendum confermativo delle modifiche costituzionali per il quale non esiste alcun quorum, e guai se non fosse così perché questo referendum è stato e resta l'unico baluardo in difesa della Costituzione dopo che la modifica in senso maggioritario del sistema elettorale, senza la contemporanea rettifica dell'articolo 138 della Costituzione, l'ha messa in balia della maggioranza, ma questo è un altro discorso.

Evidentemente i Costituenti hanno ritenuto che l'abrogazione totale o parziale di una legge fosse materia troppo importante per essere lasciata alla volontà di una minoranza di elettori, concetto certamente giusto ma che non ha tenuto conto dell'uso truffaldino che viene fatto di questo quorum.
Aveva cominciato Bettino Craxi nel 1991 quando, per opporsi al referendum sulla preferenza unica promosso da Mario Segni, aveva invitato gli italiani ad “andarsene al mare”, contando così di sommare agli elettori contrari al quesito referendario anche la larga percentuale di indifferenti che non avrebbero partecipato comunque alle votazioni, con la conseguenza di non raggiungere il quorum e vanificare quindi la votazione. Nel 1991 la “furbata” di Craxi si ritorse contro di lui, infatti il 62 per cento degli aventi diritto partecipò alle votazioni con una schiacciante maggioranza dei sì.

Da allora però questo stratagemma di invitare all'astensione per sommare ai contrari la larghissima percentuale di astensionisti è stato costantemente usato dalla destra: 24 referendum persi su 24 dal 1995 in poi, ha detto Bersani.
Questa del quorum era una riforma costituzionale da fare già da moltissimo tempo; non sarebbe necessario eliminarlo, basterebbe ridurlo al 40%.
In Svizzera non esiste quorum: ai referendum partecipa chi è interessato al problema, gli assenti hanno sempre torto e, nel bene o nel male, i referendum funzionano, eccome.

Ma le indecenti astuzie del governo per boicottare i referendum non si fermano qui: c'è il costante rifiuto di fare lo “election day” di effettuare cioè le votazioni referendarie lo stesso giorno di quelle amministrative, cosa che consentirebbe il risparmio di centinaia di milioni di euro (350 secondo l'IDV). Evidente lo scopo: evitare che la presenza degli elettori alle urne per le votazioni amministrative faccia scattare il quorum rendendo validi anche i referendum; non si battaglia sul SI o sul NO ma si cerca di evitare in qualsiasi modo il confronto.

Nonostante l'encomiabile impegno dei partiti promotori, ai quali questa volta si è unito anche il PD, anche questi referendum avrebbero probabilmente fatto la stessa misera fine dei 24 precedenti citati da Bersani, ma è successo il terribile incidente della centrale nucleare di Fukushima che ha sconvolto l'opinione pubblica ed avrebbe convinto ad andare a votare contro il nucleare una forte percentuale di cittadini, trascinando al successo anche gli altri e allora? Allora la Mente (perversa) ha la pensata di decidere una moratoria, un rinvio del programma nucleare italiano, prima di un anno poi indeterminato, proprio allo scopo di far cadere il referendum, come ha esplicitamente dichiarato il ministro Romani, ma poi non c'è stata nessuna presa di posizione dell'Ufficio centrale per il referendum della Cassazione e il referendum quindi si fa. Diamoci da fare !

Franco Isman


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Giuseppe Pizzi
May 23, 2011 2:08 PM

La questione del quorum richiamata da Franco Isman (http://www.arengario.net/poli/poli483.html) è come un fiume carsico, prorompe all'avvicinarsi di ogni scadenza referendaria per poi riacquattarsi nella profondità del suo alveo naturale.
Il punto fondamentale da tener presente è che i referendum su cui siamo frequentemente chiamati ad esprimerci sono di natura abrogativa, propongono al popolo sovrano di cancellare in tutto o in parte una legge votata dal parlamento, cioè dalla rappresentanza eletta dello stesso popolo. L'abrogazione di una legge non è perciò cosa da poco, è una rottura della sintonia fra gli eletti e gli elettori, una dimostrazione dell'incapacità dei rappresentanti di interpretare la volontà dei rappresentati, un evento in sé traumatico che, quando uscisse dai confini dell'eccezionalità costituzionalmente prevista, rischierebbe di compromettere il principio stesso su cui si regge una democrazia rappresentativa.
Da questa importante premessa discende la necessità del quorum del 50%, che cioè almeno la maggioranza degli elettori siano, non tanto favorevoli all'abrogazione proposta dal referendum, quanto almeno interessati alla questione, informati sull'argomento e volonterosi di esprimere il loro dissenso o il loro consenso all'operato dei loro rappresentanti.
Si obbietterà: ma quali rappresentanti eletti? Sono tutti nominati, molti addirittura comprati, nel migliore dei casi rappresentano la volontà del loro partito, mica quella del popolo. Verissimo, l'attuale nauseabonda legge elettorale va cancellata, magari mediante referendum, e tuttavia anche per la cancellazione di questa legge varrebbe il principio della partecipazione di almeno la metà dell'elettorato.
Analoghe considerazioni valgono per l'abbinamento delle consultazioni referendarie con le elezioni.
Vero che si risparmierebbero centinaia di milioni, ma la validità e il valore di un referendum si esprimono solo se è capace di mobilitare autonomamente la maggioranza, senza necessitare o profittare di altri eventi collaterali per raccattare un surplus di partecipazione.
 
G. Pizzi



Salvatore Iannazzo
May 23, 2011 4:35 PM

Non intendo riprendere il lungo dibattito su questo argomento che qualche anno fa Pizzi ed io stesso abbiamo svolto in questo stesso forum.
Io concordo con Giuseppe che il quorum non possa essere abolito. Ma sostengo anche che esso non possa essere pari al 50% più uno "degli aventi diritto al voto", com'è scritto nella Costituzione. Il perché è sotto gli occhi di tutti: da non so quanti anni nessun referendum raggiunge il quorum, perché chi ha interessi a farli fallire - e c'è sempre qualcuno (il governo, i partiti dominanti, la Chiesa.....) - ed ha sufficiente forza, riesce a mettere il silenziatore ai media, in modo che - proprio al contrario di quel che scrive Giuseppe - i cittadini non vengano informati adeguatamente. E l'astensionismo cosiddetto "fisiologico", sommandosi a quello di chi non va a votare perché non informato, o non ci va di proposito perché - pur essendo informato - ha legittimamente scelto di far fallire il referendum, ottiene lo scopo.
Il rimedio sta dunque nell'eliminare dalla scena proprio l'astensionismo fisiologico; o - poichè questo risultato non si può ottenere con grande precisione - cercando di avvicinarsi il più possibile a quest'obiettivo. Una via potrebbe essere di stabilire che, invece del 50% più uno degli "aventi diritto al voto", il quorum diventi il 50% +1 "del numero dei votanti effettivi alle ultime elezioni generali". Vedremmo improvvisamente scatenarsi le battaglie su chi vuole il sì e chi vuole il no, con il risultato che si cancellerebbe anche la quota di coloro che non vanno a votare perché non informati.
In questo modo non solo il quorum sarebbe rappresentativo della volontà della maggioranza degli italiani che votano (gli altri, quelli che oggi non votano, sarebbero però automaticamente incentivati ad andare a votare, anche alle elezioni generali), ma si renderebbe finalmente utile ed attivo l'istituto referendario, che i padri costituenti stabilirono dovesse essere consentito proprio per dare al popolo la possibilità di realizzare quella che Giuseppe definisce "una rottura della sintonia fra gli eletti e gli elettori, una dimostrazione dell'incapacità dei rappresentanti di interpretare la volontà dei rappresentati".
Il problema vero è però che chi tra i nostri governanti ritiene di essere perfetto, e non accetta correzioni da parte dei suoi rappresentati - e sono, forse, quasi tutti -  farà in modo che una tale modifica, o qualsiasi altra che conduca al medesimo risultato, non venga mai approvata.

Toti Iannazzo



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  21 maggio 2011