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Una politica inesistente
Franco Isman


Giannelli

«Credo si debbano sostenere con forza i governi di quei Paesi, dal Marocco all'Egitto, nei quali ci sono re o capi di Stato che hanno costruito regimi laici tenendo alla larga il fondamentalismo. La priorità numero uno è la prevenzione del fondamentalismo e degli embrioni di terrorismo...».
«Faccio l'esempio di Gheddafi. Ha realizzato una riforma che chiama "dei Congressi provinciali del popolo": distretto per distretto si riuniscono assemblee di tribù e potentati locali, discutono e avanzano richieste al governo e al leader. Cercando una via tra un sistema parlamentare, che non è quello che abbiamo in testa noi, e uno in cui lo sfogatoio della base popolare non esisteva, come in Tunisia. Ogni settimana Gheddafi va lì e ascolta. Per me sono segnali positivi».
Questo dichiarava il nostro ministro degli esteri Frattini in una intervista al Corriere del 17 gennaio 2011, due mesi fa, e c'è da pensare che credesse a questa forma embrionale di democrazia in un paese dove l'appartenenza ad una piuttosto che a un'altra tribù è fondamentale.

la firma il baciamano

Ma c'è di più, molto di più.
Il 30 agosto 2008 a Bengasi veniva firmato da Silvio Berlusconi e Mu'ammar Gheddafi un trattato di amicizia e cooperazione, trattato ratificato dal Parlamento italiano (con il voto favorevole anche di PD e UDC) il 3 febbraio 2009 (legge 6 febbraio 2009 n. 7) e dalla Libia il 2 marzo. Un trattato tra Italia e Libia, si badi bene, e come tale assoggettato alla disciplina della Convenzione di Vienna, che detta una complessa procedura bilaterale per modificare o annullare un trattato: pacta sunt servanda.
Trattato criticabilissimo, ed in effetti il Parlamento, dopo averlo approvato, nel novembre 2009, con un colpo di mano delle opposizioni, invitava il Governo a “sollecitare con forza le autorità di Tripoli” affinché ratificassero la convenzione dell'ONU sui rifugiati, chiarissero i termini del pattugliamento congiunto, riconoscessero i confini marittimi sanciti dal diritto internazionale, eccetera, eccetera. Il trattato firmato e ratificato non può essere unilateralmente modificato e questo tardivo invito del Parlamento italiano era evidentemente privo di qualsiasi valore pratico: una semplice enunciazione di principi, un tentativo di salvare l'anima.

Il trattato porge le scuse formali dell'Italia per la sua aggressione ed occupazione di cent'anni fa, quando Cirenaica e Tripolitania erano colonie della Turchia, una guerra ed una successiva guerriglia atroci, costate ai libici centomila morti su nove milioni di abitanti, altro che “italiani brava gente”.
Ma cosa dice questo trattato, in teoria sempre in vigore, sui rapporti fra i due Paesi?
L'articolo 4 recita testualmente:
- Non ingerenza negli affari interni
1. Le Parti si astengono da qualunque forma di ingerenza diretta o indiretta negli affari interni o esterni che rientrino nella giurisdizione dell'altra Parte, attenendosi allo spirito di buon vicinato.
2. Nel rispetto dei principi della legalità internazionale, l'Italia non userà, ne permetterà l'uso dei propri territori in qualsiasi atto ostile contro la Libia e la Libia non userà, né permetterà, l'uso dei propri territori in qualsiasi atto ostile contro l'Italia.

L'esatto contrario di quanto stiamo facendo: siamo dei traditori.

Il Consiglio di sicurezza dell'ONU, con una abnorme ingerenza negli affari interni di una nazione membra, ha decretato a maggioranza l'istituzione di una No Fly Zone “per la protezione della popolazione civile”, la Francia era partita addirittura prima di questa pronuncia ed immediate erano state le azioni dei cosiddetti “volonterosi” con bombardamenti ed attacchi missilistici non soltanto alle basi aeree ed ai sistemi di difesa antiaerea ma, al di là del mandato dell'ONU, anche al bunker di Gheddafi a Tripoli, con il chiaro intento di “farlo fuori” e, ovviamente, con l'uccisione di un certo numero di civili.
Il Corriere di oggi racconta la storia di Aminah che “ha perso due figli nei raid aerei della coalizione a Tripoli. Aminah non capisce che questa «non è una guerra colonialista»… Non capisce la logica per cui, cambiando il volto del carnefice, la sua vita può migliorare…. Lei sa solo che ha perso due dei suoi tre figli. E che la morte è venuta dal cielo.”

Ma l'Italia manda i suoi aerei soltanto per far rispettare la No Fly Zone (senza sparare ha dichiarato Berlusconi) e nei cieli ormai sicuri Francia e Inghilterra si danno da fare per far fuori l'esercito di Gheddafi e lui personalmente.

Ormai il governo italiano, nel totale fallimento della sua politica, dice chiaramente che le ambizioni francesi erano e sono di eliminare la posizione privilegiata dell'Italia nel commercio con la Libia e nell'utilizzo delle sue enormi riserve energetiche, e ci sta riuscendo; qualcuno dice addirittura che la Francia abbia fomentato la rivolta per poi poter intervenire.
Se Gheddafi riuscirà a sopravvivere ce l'avrà a morte soprattutto con l'Italia che lo ha tradito, se vinceranno gli insorti saranno riconoscenti ai francesi che più di ogni altro li hanno appoggiati. E' abbastanza probabile che si finirà con una divisione della Libia nelle due regioni originarie: Cirenaica e Tripolitania, e le battaglie nella attuale guerra civile sono volte ad assicurarsi i principali giacimenti petroliferi.

Il petrolio puzza, e per il petrolio si ammazza.

Franco Isman

P.S. - Politica estera inesistente, perché all'interno Berlusconi, approfittando dell'attenzione su Libia, profughi (tutti tunisini e non libici !), centrale nucleare giapponese, ha fatto passare l'ennesima legge cucita a misura sui suoi problemi giudiziari che accorcia i tempi della prescrizione anche per i procedimenti in corso, e il processo Mills con la sicura condanna cade in prescrizione fra due mesi !


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S.Iannazzo
March 27, 2011 1:51 AM

Traditori?

Sostiene Franco Isman, nel suo articolo "Una politica inesistente", che l'Italia non ha rispettato il dettato dell'art. 4 del trattato tra Italia e Libia, e che quindi merita l'accusa di tradimento (peraltro, come ben sappiamo,  non nuova nella storia anche non lontanissima del nostro Paese).
Certo se uno si ferma alla lettura di quel trattato non può che concludere come conclude Franco. E, devo confessarlo, ero dello stesso parere quando è cominciata l'azione contro Gheddafi. Tanto che pensavo anch'io di scriverne su Arengario.
Ma poi mi è capitato di rileggere l'art. 11 della nostra Costituzione. Il quale, dopo la ben nota frase "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali", continua affermando che "consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo". E leggendo questa seconda parte, qualche dubbio mi è venuto. La Costituzione infatti prevale  certamente su un trattato, peraltro più recente, che la contraddice; e per l'appunto la seconda parte dell'art. 11, seppure in termini molto generali, giustifica l'azione - che ha l'avallo dell'ONU - della comunità internazionale contro Gheddafi.
Ma non  essendo totalmente soddisfatto di questa conclusione a causa proprio della genericità della seconda parte dell'art. 11, sono andato alla ricerca di ulteriori elementi. Ed ho trovato nella Carta delle Nazioni Unite, anche questa certamente prevalente rispetto al trattato Italia - Libia,  gli art. da 39 a 43 che, nel loro complesso, mi sembra diano legittimità formale all'attuale azione contro Gheddafi. Eccoli:

Articolo 39
Il Consiglio di Sicurezza accerta l'esistenza di una minaccia alla pace, di una violazione della pace, o di un atto di aggressione, e fa raccomandazione o decide quali misure debbano essere prese in conformità agli articoli 41 e 42 per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale.
Articolo 40
Al scopo di prevenire un aggravarsi della situazione, il Consiglio di Sicurezza prima di fare le raccomandazioni o di decidere sulle misure previste all'articolo 41, può invitare le parti interessate ad ottemperare a quelle misure provvisorie che esso consideri necessarie o desiderabili. Tali misure provvisorie non devono pregiudicare i diritti, le pretese o la posizione delle parti interessate. Il Consiglio di Sicurezza prende in debito conto il mancato ottemperamento a tali misure provvisorie.
Articolo 41
Il Consiglio di Sicurezza può decidere quali misure, non implicanti l'impiego della forza armata, debbano essere adottate per dare effetto alle sue decisioni, e può invitare i membri delle Nazioni Unite ad applicare tali misure. Queste possono comprendere un'interruzione totale o parziale delle relazioni economiche e delle comunicazioni ferroviarie, marittime, aeree, postali, telegrafiche, radio ed altre, e la rottura delle relazioni diplomatiche.
Articolo 42
Se il Consiglio di Sicurezza ritiene che le misure previste nell'articolo 41 siano inadeguate o si siano dimostrate inadeguate, esso può intraprendere, con forze aeree, navali o terrestri, ogni azione che sia necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale. Tale azione può comprendere dimostrazioni, blocchi ed altre operazioni mediante forze aeree, navali o terrestri di Membri delle Nazioni Unite.
Articolo 43
1. Al scopo di contribuire al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, tutti i Membri delle Nazioni Unite si impegnano a mettere a disposizione del Consiglio di Sicurezza, a sua richiesta ed in conformità ad un accordo o ad accordi speciali, le forze armate, l'assistenza e le facilitazioni, compreso il diritto di passaggio, necessario per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale.

In particolare il primo comma dell'art. 43, quando menziona il "diritto di passaggio", autorizza - mi sembra - la concessione delle basi aeree.
Non sono un esperto di diritto internazionale, anzi ne sono totalmente digiuno. E per muoversi nella giungla di trattati, convenzioni, costituzioni , carte dei diritti, e così via enumerando, ci vorrebbe proprio un esperto. Ma una cosa è certa: il trattato Italia-Libia, quando è stato stipulato, deve certamente essere stato sottoposto al vaglio di esperti, in particolare di esperti italiani. E se fosse vero, come sembra dalle considerazioni precedenti, che esso contrasta sia con la nostra Costituzione che con la Carta delle N.U. (organizzazione di cui Italia e Libia fanno entrambe parte), allora si dovrebbe concludere che, per l'ennesima volta, il nostro premier ha fatto il furbo: ha fatto credere ai libici di firmare un trattato formalmente impegnativo per l'Italia, ma nella sostanza in contraddizione con le regole nazionali ed internazionali, e quindi privo di validità.

Toti Iannazzo



Franco Isman
March 30, 2011 7:01 PM

Non sono d'accordo.
Nemmeno io, ovviamente, sono un esperto di diritto internazionale ma sono convinto che le norme devono essere considerate per ciò che dicono e non per ciò che gli esperti possono far loro dire, tirandole in un senso o nell'altro.

La seconda parte dell'articolo 11 dice che l'Italia "consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo". Non è il massimo di chiarezza ma, a determinate condizioni, consente la delega delle proprie responsabilità ad un organismo sovranazionale. Questo potrebbe alludere ad una futura e impossibile Europa Unita con un vero e proprio governo sovranazionale, mentre l'adesione alle Nazioni Unite e quella alla Nato non comportano una rinuncia alla propria sovranità e non c'entrano quindi con questa enunciazione. Di fatto rimane soltanto la piena validità della prima parte dell'articolo 11 “L'Italia ripudia la guerra”.

L'art.39 citato da Iannazzo si riferisce al caso “di una minaccia alla pace, di una violazione della pace, o di un atto di aggressione”. E l'art.42 ribadisce “esso (Consiglio di Sicurezza) può intraprendere, con forze aeree, navali o terrestri, ogni azione che sia necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale. Tale azione può comprendere dimostrazioni, blocchi ed altre operazioni mediante forze aeree, navali o terrestri di Membri delle Nazioni Unite.” Pace e sicurezza internazionale ribadite anche all'art.43. In nessun punto si prende in considerazione una rivoluzione interna ad un Paese membro ed una conseguente guerra civile.
Tra l'altro bombardamenti aerei e missilistici ed azioni di commando o truppe di invasione stanno, molto ma molto tirate, nel termine “altre operazioni” dell'art.42. E in nessun articolo è scritto che spetta all'ONU decidere la forma di governo di uno Stato membro e chi sia o non sia legittimato a governarlo.
 
Quanto al trattato Italia Libia, opportuno o non opportuno, che non prende in considerazione il fatto che il regime di Gheddafi fosse una dittatura e che i diritti umani fossero certamente tenuti in ben scarsa considerazione, ma che è stato approvato (meno di tre anni fa) alla quasi unanimità dal Parlamento italiano, con il voto favorevole anche di PD e di UDC, non contrasta certamente né con la Costituzione italiana né con lo Statuto delle Nazioni Unite ed era quindi perfettamente valido.

Franco Isman



Armando Pioltelli
March 30, 2011 10:37 PM

Pace tra gli oppressi e guerra agli oppressori.
E Gheddafi sono 42 anni che opprime il suo popolo con una dittatura famigliare quindi è bene cacciarlo.
Non potevamo sopportare un altra Sarajevo. 
 
Armando
UNITI SI VINCE



Salvatore Iannazzo
April 02, 2011 12:48 AM

Premesso che nessuna norma o accordo scritti anni prima di un determinato evento possono essere "vestiti" su quell'evento, "per la contraddizion che nol consente" come direbbe il poeta, bisogna sforzarsi di cogliere gli aspetti generali, cioè il vero spirito, della norma o accordo per determinarne gli effetti su quell'evento. Isman è d'accordo che l'art. 11, nella sua seconda parte, "consente la delega delle proprie responsabilità ad un organismo sovranazionale" che promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte allo scopo di assicurare la pace e la giustizia fra le Nazioni. Ma poi conclude, contraddicendosi, che  dell'art. 11 rimane solo la prima parte, quella del ripudio della guerra come strumento ....etc. Ma nulla ci autorizza a leggere nella seconda parte quel che non c'è scritto, e cioè che si volesse "alludere ad una futura e impossibile Europa Unita con un vero e proprio governo sovranazionale", o solo a questa.

Anche per la Carta delle Nazioni Unite vale quel che ho scritto per la Costituzione Italiana; e cioè che è indispensabile coglierne lo spirito, rinunciando a ritrovarvi l'esatta aderenza all'evento cui la si applica. Così quando l'articolo 39 parla di "atto di aggressione", perché dobbiamo rinunciare ad applicarlo all'aggressione di un despota contro il suo stesso popolo? Non è forse un atto contro la giustizia e la pace? Perché dovremmo limitarne l'applicabilità solo all'aggressione contro un popolo diverso da quello che aggredisce, rispettando certamente la lettera, ma tradendo lo spirito della Carta? Che differenza fa dal punto di vista della giustizia e della pace? Vogliamo sostenere che l'ONU, nel caso in esame ma anche in innumerevoli altri casi analoghi, abbia sempre violato le sue stesse regole? E tutto ciò per evitare di stiracchiare quanto scritto negli art. 42 e 43, come si potrebbe fare sostenendo che, nel caso della Libia - come constatiamo ogni giorno - i fatti stanno effettivamente mettendo a rischio "la pace e la sicurezza internazionale", anche se in un senso diverso da come lo legge Isman.

Parliamo ora di "esperti". Naturalmente non intendo certo manipolatori delle norme per trasformare in legittimo l'illegittimo. Intendo tecnici che conoscano a fondo la storia, la natura, i contenuti, la cronologia dei vari accordi fra nazioni, così da poter stabilire, sulla base di documenti ufficiali, se un nuovo accordo da stipulare sia o no stato preceduto da altri accordi con i quali esso, se fosse stipulato, entrerebbe in conflitto. In caso affermativo, mi sembra che esistono solo due strade: o si rinuncia all'accordo vecchio oppure al nuovo. Il nostro governo ha scelto un'impossibile terza via.
L'accordo con la Libia - anche se votato da tutti - perché fosse valido avrebbe almeno dovuto contenere l'esclusione del divieto all'uso delle basi in caso di decisione in tal senso da parte dell'ONU. Così com'è viola almeno l'art. 43 della Carta del Consiglio di sicurezza.

Toti Iannazzo



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  26 marzo 2011