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Il Leviatano
Marta Frittoli


La proposta del ministro Calderoli di ridurre del 5% lo stipendio dei parlamentari, oltre a generare quantomeno un po' di legittima preoccupazione nella gente comune (chissà che cosa aspetta noi, se loro arrivano addirittura a tagliarsi lo stipendio), solleva di nuovo la spinosa questione della casta, che tanto violentemente agita gli animi, quanto velocemente viene rimossa non appena si abbassa il polverone.
“Così sapranno cosa significa vivere con poco più di 14 mila euro al mese”, hanno commentato sul blog di Daniele Luttazzi, e non servono altre parole per spiegare la frustrazione di chi ancora pensa che dovrebbero essere al servizio dei cittadini, quei circa mille sceicchi che siedono nelle due Camere del nostro glorioso Parlamento.
Inutile ricordare che - come calcola Paola Zanca su Il fatto quotidiano - rinunciare a 758 euro al mese, da parte di chi ne guadagna 15 mila (a cui vanno aggiunti i rimborsi per l'abitazione a Roma, le spese elettorali, il telefonino, i viaggi etc.), non è poi un gran prezzo per farsi belli davanti agli occhi degli italiani. E, infatti, adesso ci tocca pure assistere alla gara tra i politici di maggioranza e opposizione per entrare nel codazzo ipocrita di Calderoli.
Il problema di fondo, che pare peraltro di difficile risoluzione, è che chi governa non è a sua volta governato; né può esserlo, se gli abbiamo conferito il potere sovrano.

verminaio Il Leviatano di Thomas Hobbes

Il filosofo inglese Thomas Hobbes, considerato a buon diritto il padre dello Stato moderno, aveva una teoria ben precisa sulla natura umana: “se il pubblico interesse si incrocia con quello privato, la maggior parte delle volte [il governante] preferisce quest'ultimo, perché le passioni degli uomini sono solitamente più potenti della loro ragione”. Per questo, alla domanda se sia meglio un governo monarchico o uno democratico, Hobbes rispondeva che “nella monarchia si ha questo inconveniente, che ogni suddito può essere privato di tutto ciò che possiede con il potere di un solo uomo, per arricchire un favorito o un adulatore (…). Ma lo stesso può accadere dove il potere sovrano è in un'assemblea”; e bisogna considerare che, “mentre i favoriti del monarca sono pochi e non hanno altro da promuovere che la loro parentela, i favoriti di un'assemblea sono molti e la loro parentela è molto più numerosa di quella di qualsiasi monarca”.
Parole scritte nel 1651, eppure ancora attuali: se oggi, in Italia, qualcuno mi volesse convincere della superiorità della monarchia sulla repubblica, non potrebbe trovare argomento migliore. Perché l'Italia, a differenza dell'Inghilterra di Hobbes, dal 1651 a questa parte non ha sviluppato quell'arma che sola può tenere sotto controllo il potere, ossia un'opinione pubblica forte. Un'opinione pubblica che non permetta di intraprendere una carriera politica a nessuno che abbia anche la minima macchia sulla propria reputazione. Nell'Inghilterra di Hobbes, oggi, i politici coinvolti nel benché minimo scandalo sono costretti alle dimissioni: l'ultima testa a saltare, per esempio, è stata quella di Michael Martin, presidente della Camera dei Comuni, per una storia di rimborsi elettorali gonfiati. Da noi l'avrebbero fatto ministro.

Marta Frittoli


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  17 maggio 2010