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Involuzione autoritaria
Franco Isman


 re Berlusconi

Berlusconi è uscito indenne da quelle elezioni che ci si illudeva avrebbero rappresentato una svolta se non addirittura l'inizio della fine del regime, con la disaffezione dei suoi elettori provocata dagli ennesimi brogli. L'astensionismo c'è stato ma non nella misura di quello francese, gli italiani nonostante tutto sono affezionati al voto, ma ha colpito più o meno in pari misura tutti i partiti di governo e di opposizione fatta eccezione per la Lega, vera vincitrice di questa tornata elettorale.

Questi i raffronti con le precedenti elezioni politiche, ripresi da una interessante analisi di Eugenio Scalfari su la Repubblica del 4 aprile:
“Gli elettori della Lega infatti sono stati due milioni e 750 mila; nelle europee erano stati due milioni e 900 mila; nelle politiche del 2008 ne aveva raccolti due milioni 847 mila.”
“Lo stesso confronto esteso agli altri partiti dà i seguenti risultati in confronto con le europee: il Pdl ha perso due milioni e mezzo di voti, il Pd un milione, l´Idv 450 mila, l´Udc 360 mila.”

Il PD è un partito di opposizione che di opposizione ne fa proprio pochina, e questo non è apprezzato da una larga fetta dell'opinione pubblica ed impedisce un'intesa con i purtroppo frazionati partitini della sinistra, inoltre non propone una incisiva politica alternativa da contrapporre a quella governativa.

Berlusconi è ripartito a testa bassa con le sue mire autoritarie, con un presidente ad elezione diretta, sempre più sottratto al controllo del Parlamento, con il mantenimento dell'attuale sistema elettorale con i parlamentari designati dagli apparati di partito, con l'eliminazione dell'obbligatorietà dell'azione penale ed i PM gerarchicamente dipendenti dal governo, con le ventilate riforme del CSM e delle modalità di nomina dei membri della Corte costituzionale, in pratica con l'eliminazione di qualsiasi potere di verifica e di controllo. Forse ha ragione chi dice che non si tratta di fascismo, ma certamente ha con questo molti punti in comune.
A tutto ciò si sommano ora le ambizioni ed il fortissimo potere contrattuale della Lega che si pone l'obiettivo di arrivare quanto prima il più possibile vicini ad una “Padania” indipendente.

Molto grave la continua riaffermazione da parte di Berlusconi e della sua maggioranza dell'intenzione di procedere alla riforma della Costituzione, ma più che di riforme si tratta di uno stravolgimento, formalmente cercando il concorso dell'opposizione ma dichiarando preventivamente che si andrà avanti anche a colpi di maggioranza.
In queste condizioni cosa deve fare il principale partito di opposizione oltre a chiedere che contemporaneamente al federalismo ed alle altre modifiche costituzionali si discuta anche della grave situazione economica e dei programmi per porvi riparo, cosa che troverà scarso o nullo ascolto da parte del governo ?

Berlusconi propone un tavolo di discussione mentre Bersani, dice Scalfari nel citato articolo, “ha detto con apprezzabile coerenza: il tavolo no, il confronto si fa in Parlamento. La differenza è netta: al tavolo si dialoga su un pacchetto, nel confronto parlamentare si discute proposta per proposta e le proposte vengono da tutte e due le parti. Naturalmente esiste un nesso tra le varie proposte ma non un voto di scambio. Questa è la differenza non da poco.”

Seguire Berlusconi nelle sue furbe iniziative è assolutamente controproducente, lo si è sperimentato più volte, a partire dalla tragica Bicamerale. Confronto sulle riforme proposte certamente sì, ma soltanto nella sede a questo dedicata e cioè il Parlamento e senza accettare alcun compromesso: la Costituzione nata dalla resistenza al fascismo e dalla riconquistata libertà non può essere oggetto di alcun baratto.
Se la maggioranza vorrà stravolgere la Costituzione dovrà farlo da sola e da sola assumersene tutte le responsabilità. Purtroppo la miopia, e peggio, dei nostri politici, con il passaggio dal sistema proporzionale a quello maggioritario senza modificare di conseguenza le maggioranze richieste dall'articolo 138 della Costituzione per le modifiche costituzionali e dall'articolo 83 per l'elezione del Presidente della Repubblica ha messo l'una e l'altro alla mercé di una maggioranza relativa che è viceversa assoluta in Parlamento.
Nessun compromesso, nessuna esitazione, nessuna accettazione del “meno peggio”, ma una dura battaglia, preparandosi da subito all'estrema difesa della Costituzione rappresentata dal referendum costituzionale, con un'assoluta concordanza di intenti con tutte le forze che nella Costituzione si riconoscono indipendentemente dalla loro esatta collocazione politica.
Questo è quello che il PD deve fare, questo è quello che una grandissima maggioranza di cittadini di centro sinistra gli chiedono e potrà anche servire a riconquistare anime e voti.

Franco Isman


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  8 aprile 2010