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I “bamboccioni”
E in Germania ?
Marta Frittoli


I “bamboccioni”

«Mandiamo i bamboccioni fuori di casa», fu nel 2007 l'uscita infelice dell'allora ministro Padoa-Schioppa, «Obbligherei per legge i figli a uscire di casa a 18 anni», ha tuonato più recentemente Brunetta il Giustiziere. A questo punto, in genere, si cita qualche statistica per dimostrare che i giovani italiani sono mediamente più attaccati alle sottane materne rispetto ai coetanei europei, ma questo già lo sappiamo: ritengo quindi più istruttivo raccontare la mia personale esperienza a riguardo.
Sono, o meglio ero, una «bambocciona» di 24 anni: laureata con 110 e lode, mi mancano due esami per ottenere anche la laurea magistrale e ho la media del 30 (ciò non mi dà diritto a nessuna borsa di studio); lavoro da quando avevo 15 anni e cerco di non chiedere mai soldi ai miei genitori eccetto che per ragioni di studio; tuttavia (o forse proprio per questo) sono sempre vissuta con loro, facendo ogni giorno – come quasi tutti i miei coetanei monzesi – la pendolare da Monza a Milano, dove studio. Certo, è comodo avere qualcuno che cucina, lava e stira per te, ma, che ci crediate o no, il motivo per cui sono sempre rimasta in famiglia non è questo. Il fatto è che, a Milano, una stanza in una zona decente costa almeno 450 euro al mese: troppo, per le mie tasche di studentessa.
L'occasione per rendermi finalmente «indipendente» si è presentata quest'anno, quando ho ottenuto la borsa di studio Erasmus per trascorrere 10 mesi in Germania. Ho così potuto vedere con i miei occhi come si vive in questo meraviglioso regno del Bengodi che prende il nome di «estero». All'estero dovrebbe trovarsi la soluzione di tutti i problemi, soprattutto dal punto di vista degli studenti italiani: vediamo allora come è stata risolta, da queste parti, la questione «bamboccioni».

casa delolo studente

In Germania – Brunetta sarebbe contento di saperlo – è prassi comune, per i giovani, abbandonare il nido familiare al termine della scuola superiore. Per l'università, di solito, si opta per una città diversa da quella dove risiede la famiglia. Certo, gli studenti sono anche messi nelle condizioni di compiere questa scelta: in ogni città o cittadina universitaria sorgono diversi studentati, dove si trovano stanze singole da 160 a 300 euro al mese, spese incluse. Se la piccola Brema (600mila abitanti), dove vivo attualmente, offre 1720 stanze, una città come Monaco di Baviera ne mette a disposizione circa 10mila. Anche il mercato degli affitti, da queste parti, è controllato e non ha certo il carattere selvaggio di Milano o Roma: vivere in un appartamento condiviso costa come o poco più che stare in uno studentato.
Risultato, gli studenti tedeschi tendono a vivere per conto proprio, negli studentati o in appartamenti condivisi, dove si organizzano feste quasi tutte le sere e ci si diverte davvero tanto. A questo punto mi sorge un dubbio: prendiamo un qualsiasi «bamboccione» italiano e domandiamogli se non sarebbe disposto a lasciare la famiglia per vivere con quattro amici, in un appartamento vicino all'università, in un condominio di soli studenti dove paga 200 euro al mese per una spaziosa e luminosa stanza singola. Si accettano scommesse.
Adesso, però, vorrei sottoporvi anche il cosiddetto rovescio della medaglia. Alcuni di questi giovani tedeschi, così «indipendenti» rispetto a noi, guadagnano, sì, qualcosa con lavoretti di fortuna – proprio come noi a Milano. Quasi tutti gli studenti tedeschi che ho conosciuto, però, sono completamente mantenuti dai genitori, che danno loro i soldi non solo per l'affitto, ma anche per la spesa, per la birra (che qui si beve più dell'acqua), per le feste, le uscite serali e poi, alla fine di ogni «duro» anno accademico, persino per le vacanze. In che cosa consiste, allora, l'indipendenza? Nell'aver imparato a rifarsi il letto da soli?
Forse, ciò che rende «bamboccione» un giovane non è tanto la casa in cui abita, quanto un certo tipo di educazione. A Milano magari non tutti, ma una buona parte degli studenti universitari, pur vivendo ancora in famiglia, lavora almeno quel tanto che basta per pagarsi da sé una birra, un biglietto del cinema o un viaggio low cost. Chi è, dunque, più «bamboccione»?
Impariamo dall'estero: chi studia deve avere delle agevolazioni per l'affitto, perché evidentemente non può lavorare full-time. Ma l'usanza nostrana, di restare in casa fino al raggiungimento della piena autonomia economica, è davvero così assurda?

Marta Frittoli


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  23 marzo 2010