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ECONOMIA E DINTORNI
Studi di settore: una clava ideologica ?
Giacomo Correale Santacroce


L'Uomo qualunque  

Da oltre un decennio ho combattuto una battaglia solitaria contro il modo con cui sono stati usati gli studi di settore come strumento di persecuzione ideologica: di qui i buoni, cioè i lavoratori dipendenti proletari che pagano le tasse, di là i cattivi, i lavoratori autonomi capitalisti evasori.
Nel 2007, commentando un editoriale di Scalfari su Repubblica a sostegno di questo strumento fiscale, nel quale il direttore de la Repubblica ribadiva questa divisione tra buoni e cattivi, esprimevo il mio dissenso (pur qualificandomi come "un prodiano inossidabile"), attribuendo a questa "visione veteroclassista la causa della perdita di consenso al centrosinistra da parte di una larga fascia di ceti produttivi". Cosa confermata dalle disastrose conseguenze elettorali. 
Facevo anche notare :"Questo sistema è agli antipodi del principio  a suo tempo auspicato e ormai del tutto cancellato: il principio della fiducia tra fisco e contribuente".
Mi spiace dire che la risposta di Scalfari, che ho sempre stimato,  fu scorretta, attribuendomi  la proposta di abolire gli studi di settore. 
Non ho mai sostenuto che gli studi di settore dovessero essere aboliti: ho sempre affermato che dovevano essere usati non come una verità virtuale, rivelata dai numi statistici, che si sostituiva alla concreta realtà delle vicende dei contribuenti, bensì come uno tra gli strumenti a disposizione del fisco per fare poi il suo mestiere: che non è quello di sparare nel mucchio,  ma quello di qualsiasi polizia di questo mondo: fare indagini e acciuffare i criminali.
A conferma delle mie tesi, mi basta riportare un confronto recente (fonte ACTA) tra due lavoratori, uno dipendente e uno autonomo, che paghino tutti e due le tasse: a parità di un reddito lordo di poco più di 40 mila euro annui, il reddito disponibile residuo (dopo il pagamento di tasse e contributi vari) del dipendente è di poco più di 20 mila euro, quello del lavoratore autonomo si riduce a  miseri 13.500 euro, un terzo del reddito lordo! Evidentemente tra i dipendenti e gli autonomi evasori c'è quanto meno una terza categoria: quella degli autonomi che pagano tutto. Che sono molti,  molto incazzati, e che fanno anche la differenza sul piano elettorale.
La cosa consente di spiegare anche una cosa ovvia (che come tale molti rimuovono dalla sede funzionante del cervello): che sono ben pochi i lavoratori dipendenti, così maltrattati dal fisco, che accetterebbero di diventare lavoratori autonomi!
Quindi posso ripetermi: ""Se non si capiscono queste cose non si capirà mai perchè il centrosinistra ha perso il consenso di una grande fascia dei ceti produttivi". E finchè la sinistra non le capirà, continuerà a perdere le elezioni. Esemplare e, purtroppo, ancora attuale.
Tutte queste cose così semplici da dire e da capire, le ha espresse finalmente con estrema lucidità la Corte di Cassazione, con una sentenza resa nota il 21 dicembre, scrivendo: 
"Gli studi di settore sono da considerare "una mera elaborazione statistica, il cui frutto è una ipotesi probabilistica  che, per quanto seriamente approssimata, può solo costituire una presunzione semplice".
Semplice, no?

Giacomo Correale Santacroce


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Armando Pioltelli
December 25, 2009 10:59 PM


Scusa Giacomo gradirei dei chiarimenti: assodato che il lavoratore dipendente o il pensionato non possono evadere perchè hanno la ritenuta alla fonte.
Ritenuta che ritengo errata perchè in ITALIA i vari CAAF del sindacato insegnano ai lavoratori come pagare tutte le imposte, mentre i migliori commercialisti insegnano ai benestanti  come pagarne di meno, interpretando il ginepraio delle nostre leggi illeggibili.
Anche qui con la mancanza di trasparenza il più debole soccombe, esempio: tutti i poveri fanno la comunione dei beni e pagano di più.
Ora vorrei capire come mai un reddito di 40 milioni viene tassato al 48% mentre a un lavoratore dipendente e a un lavoratore autonomo viene tassato per  il 65%.
Ricordo che con gli studi settore ognuno può mostrare il reale reddito, capisco che a Milano oltre il 70 % dei dentisti dichiara meno di 6000 € annui, c'è da incazzarsi.
Poi nel nostro paese ci sono meno dello 0,2% che dichiarano oltre 100 mila € mentre i porti sono pieni di tante barche lunghe più di 18 metri, qui qualcosa non va, per finire lo scudo è la prova che i lavoratori dipendenti sono i più vessati.

Armando
UNITI SI VINCE



G.Casera
December 26, 2009 7:24 PM

Forse gli studi di settore non sono lo strumento più efficace e più equo per la corretta tassazione dei lavoratori autonomi, professionisti etc, ma siamo sicuri che, se il trattamento fiscale fosse uguale a quello dei lavoratori dipendenti, i primi dichiarerebbero al fisco il reddito effettivo percepito?
Ho i miei dubbi. Certo Giacomo ha ragione, in teoria, sulla carta il trattamento è iniquo e può fornire un comodo alibi agli evasori (ma nei tempi andati, ben prima degli studi di settore, ne ho sentiti tanti altri, tipo "non voglio pagare le tasse perchè il governo usa male i nostri soldi" etc).
Si potrebbe in generale parlare del costume o carattere individualista e antistatale degli Italiani, retaggio della nostra storia, per spiegare il senso di orticaria quando si parla di tasse (e questo vale per tutti: prima della riforma fiscale degli anni '70 (Visentini?) che introdusse la ritenuta alla fonte da parte delle aziende, anche nel lavoro dipendente c'era, eccome, evasione!).
Però è un fatto: i lavoratori dipendenti e i pensionati pagano fino all'ultima lira, gli altri no.
E basta fare riferimento alle nostre esperienze quotidiane per avere evidenza del fenomeno. Fabbri, muratori, idraulici, falegnami etc lavorano per noi in nero. Qualcuno salva la forma chiedendoci se vogliamo la fattura (e un + 20% sul compenso pattuito) ricevendo un cortese rifiuto (il 20% in più non vale la soddisfazione di sapere che quel reddito sarà dichiarato), altri chiedono (pretendono) il pagamento in contanti per non lasciare tracce contabili. Oppure se il lavoro è di importo consistente chiedono di fatturarne solo una parte. E' la  norma. Come uscirne? Gli studi di settore non vanno bene? Che altro?
 
Chiudo con un aneddoto.
Qualche anno fa dovevo trasportare un armadio da Milano a Monza. Attraverso segnalazioni di colleghi riuscii a contattare un piccolo trasportatore, che aveva un furgone di media taglia. Contrattato il compenso, ovviamente in nero, procedemmo al caricamento dell'armadio e alla partenza per Monza. La strada era molto trafficata e il viaggio durò abbastanza. All'inizio le chiacchiere riguardarono la sua attività: lui "viveva" di piccoli trasporti, prevalentemente con privati come committenti. Esaurito l'argomento cominciò a parlarmi, con dovizia di particolari,  delle ultime vacanze estive, trascorse per un periodo consistente in un'isola al largo del Venezuela, di cui non ricordo il nome, ma ho capito che era una località senz'altro bella e piuttosto costosa. 
E nello stesso tempo, ogni tanto, si lamentava del traffico e dello stato delle strade: "Lo Stato non fa abbastanza per la viabilità...dovrebbe spendere di più!", diceva.
 
Giorgio Casera



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  23 dicembre 2009