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ECONOMIA E DINTORNI
Tra il dire e il fare…
Grandi opere, banda larga e dintorni: cultura del fare o cultura del dire?
Giacomo Correale Santacroce


notte

La recente vicenda dei nove miliardi di euro stanziati dal governo per le grandi opere, con la contemporanea cancellazione di 800 milioni destinati alla banda larga (che sembra poi rientrata per il rotto della cuffia), illustra perfettamente un modo di vedere arcaico e demagogico dell'economia, purtroppo in perfetta sintonia con il sentire e l'ignorare della gente comune.
Queste scelte dimostrano infatti:

1. Che quando si parla di investimenti, il pensiero di questo governo va subito e solo al cemento e al mattone, tanto cari all' ahinoi presidente del consiglio. E' la vecchia “cultura del fare”, che significa fare solo ciò che si vede, ben tangibile, a effetto immediato sulla gente. E che costa molto, fa guadagnare miliardi a poche grandi imprese che agiscono in regime di quasi monopolio (“le cordate”) e quindi scarsamente efficienti. Gli investimenti intangibili, come le reti telematiche, la cultura e la ricerca, la tutela dell'ambiente, che oggi sono tra le leve economiche più importanti, che spesso richiedono investimenti meno stellari e vanno a favore di imprese tecnologicamente avanzate ed esposte alla competizione internazionale, vengono trascurati perché meno visibili e palpabili.
2. Che questa “cultura del fare” è spesso piuttosto una “cultura del dire”, dell'annuncio non seguito dai fatti: si costruisce una scuola per dire che se ne costruiranno cento che non verranno mai fatte. Peggio, si avviano grandi opere pubbliche destinate a non essere utilizzate perché non necessarie, spesso lasciate a metà o, se completate, esposte a un rapido degrado. Con immani distruzioni di risorse pubbliche, cioè di noi contribuenti.
3. Tutto ciò è anche frutto di una inversione di ruolo tra mezzi e fini i cui effetti sono da sempre economicamente devastanti.
Il ripensamento sugli stanziamenti per la banda larga ne è la prova più lampante.
Perché serve la banda larga, e la fibra ottica che ne è il principale veicolo? Perché consente alle imprese e alle persone di collegarsi con maggiore velocità e stabilità. Una impresa che impiega il triplo del tempo a collegarsi con fornitori e clienti, con interruzioni continue, è come una fabbrica con una catena di montaggio arretrata che si ferma continuamente. Questo è un rischio gravissimo a cui sono esposte le imprese italiane, specie le piccole e medie che sono oltre il 90% del totale, che si confrontano quotidianamente con quelle di altri paesi più lungimiranti del nostro.
Ma cos'è che ha sbloccato, alla fine, lo stanziamento per la banda larga? Non l'importanza strategicamente vitale per l'economia italiana di questo investimento, ma l'aver calcolato che quegli 800 milioni potranno generare 50 mila posti di lavoro! E a mio parere, senza dirlo, l'essersi accorti che, guarda caso, la posa della banda larga significa scavi, scavi, scavi che possono interessare l'industria del cemento e del mattone*.
Purtroppo, sul fatto che sia questa la giustificazione dell'investimento, e non quella vera e seria del “a che cosa serve veramente la banda larga”, molti, troppi saranno d'accordo: politici, sindacalisti, e l'opinione pubblica: Tutti diranno all'unisono e ben diretti: “Evviva la banda larga, perché crea occupazione!”.

Questa politica, di cui l'attuale governo è l'ultima e più perfetta espressione, è alla base del declino, e si svolge puntualmente secondo la teoria delle catastrofi.

Giacomo Correale Santacroce

* Analogamente: perché tanto interesse per il ritorno al nucleare, che prevede la costruzione di centrali costosissime, tecnologicamente superate, e che entreranno in funzione tra decenni? Per risolvere il problema dell'approvvigionamento energetico e della “sicurezza energetica nazionale”? Macché, questo risultato potrebbe essere conseguito progressivamente e meglio con la maggiore efficienza energetica e le fonti rinnovabili (che comportano naturalmente tanta, tanta poco palpabile ricerca). Ma le centrali hanno bisogno al contrario di tanto, tanto cemento.


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  10 novembre 2009