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Napolitano
Franco Isman


Napolitano Di Pietro

Antonio Di Pietro accusa il Presidente Napolitano di aver compiuto un atto di viltà ed abdicazione firmando "la legge criminale sullo scudo fiscale”, i presidenti di Camera e Senato lo difendono e maggioranza e opposizione, con una unanimità degna di miglior causa, lo attaccano indignate: “ruolo di garanzia ineccepibile” dice Franceschini del comportamento di Napolitano, “inaccettabili” per Bersani le critiche di Di Pietro, “vile” afferma Fassino, “dovrebbe rispettare le istituzioni” fa eco D'Alema.
Ricordiamo come Napolitano a Rionero in Vulture abbia risposto ad un cittadino che gli chiedeva di non sottoscrivere la legge “Non firmare non significa niente. Se non firmo oggi il Parlamento rivota e sono obbligato a farlo”, ribadendo con forza, anche in un successivo comunicato, come il Presidente non abbia un potere di veto.

Affermazione addirittura ovvia che non tiene conto però del fatto che un eventuale rinvio al Parlamento avrebbe avuto un significato politico importantissimo, avrebbe obbligato le Camere a rivotare la legge, avrebbe potuto provocare qualche defezione nella maggioranza e permesso all'opposizione di presentarsi compatta alle nuove votazioni senza le vergognose assenze dell'ultimo voto di fiducia.

L'articolo 74 della Costituzione afferma testualmente: “Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione. Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata.”
Non è espressamente scritto che il rinvio debba necessariamente derivare da forti dubbi sulla costituzionalità del provvedimento, ma questa effettivamente è la prassi.

Il presidente emerito Ciampi aveva rinviato alle Camere ben sei leggi, Napolitano è ricorso al rinvio nel 2003 a proposito della legge Gasparri sulle frequenze televisive, ma in genere ha preferito ricorrere alla cosiddetta “moral suasion” “contrattando” con il governo miglioramenti o addolcimenti di determinate disposizioni: sistema che ha il vantaggio di evitare scontri istituzionali ma rende in un certo senso il Presidente corresponsabile delle leggi che poi vengono da lui promulgate.

E' stato affermato, in particolare dallo stesso Napolitano, che lo scudo fiscale non è una amnistia, infatti se lo fosse sarebbe palesemente incostituzionale in quanto l'articolo 79 della Costituzione recita testualmente: “L'amnistia e l'indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale.”
L'amnistia infatti estingue il reato, invece lo “scudo” lo rende non più perseguibile: la differenza è fondamentale, si afferma, ma a noi sembra degna dei peggiori sepolcri imbiancati.

Lo “scudo” non permette soltanto il rientro dei capitali dei poverini che lo avevano esportato in Svizzera per non pagare le inique imposte italiane, e con il 5 per cento sanano chissà quanti anni di evasione della ritenuta del 12,5 per cento, ma, anche senza parlare dei capitali di Mafia & Co, consente la sanatoria di capitali illegalmente accumulati con vere e proprie truffe ai danni dello Stato: per esempio occultando introiti con la contabilizzazione di fatture fasulle emesse da veri e propri “fatturifici” ed evadendo quindi non soltanto le imposte sugli utili ma addirittura l'IVA, contabilizzata e non versata.

Di Pietro ha certamente i suoi limiti, ma bisogna riconoscere che, a parte la “sinistra” quasi inesistente, rappresenta purtroppo l'unica reale voce di opposizione.

Franco Isman


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  4 ottobre 2009