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Sul corpo di una donna
Umberto De Pace


Ancora una volta è il corpo di una donna ad essere al centro della violenza. Una donna la cui vita, sospesa dopo un grave incidente subito 17 anni fa, è diventata oggetto di contese da parte di presunti difensori della vita, che nel loro furore ideologico non si preoccupano minimamente di calpestare e violentare le vite dei suoi cari, prendendo in ostaggio il suo corpo.
Questa vita sospesa, che per i più, si incarna in un corpo costretto da innumerevoli anni a letto, nutrito a forza dall'esterno, accudito con affetto e cura, amato e sofferto da chi l'ha generato; per i difensori presunti della vita, quel corpo, è diventato un simbolo. Un simbolo nel quale riversare il proprio credo, il proprio personale concetto di vita, brandendo in nome del proprio Dio, la propria fede come una spada a difesa di esso.
Al loro fianco, ci sono anche i profittatori della politica, pronti a cogliere qualsiasi occasione pur di realizzare il proprio disegno politico. Ed così che oggi, è lo stesso governo a tentare di sequestrare questo corpo di donna, sventolandolo come una bandiera, per la sua battaglia contingente, che oggi è riscrivere la Costituzione. Anche il governo non esita, come i presunti difensori della vita, a utilizzare per i propri scopi, una vita sospesa; non esita ad offendere, insultare, violentare la vita dei suoi cari, che si pongono – loro malgrado – come un ostacolo al raggiungimento dei suoi scopi.
Mi ero ripromesso fin dall'inizio di questa dolorosa vicenda, di osservare il silenzio, per rispetto non verso la VITA astratta, ma verso le vite concrete di esseri umani che stanno attraversando un lungo periodo di dolore e sofferenza.
Per rispetto nei loro confronti, ho controllato la rabbia, ho sopito la vergogna, di fronte alle innumerevoli volgarità che in troppe occasioni i presunti difensori della vita, hanno ostentato in tutto questo tempo: fossero esse le bottiglie d'acqua sul sagrato, le ingiurie ai genitori della donna, gli appelli incredibili, comparsi anche sui nostri giornali locali.
Se questo silenzio, mio e di tanti altri cittadini come me, questo rispetto per la vita concreta di una famiglia e per le sue scelte, se questo silenzio e questo rispetto per la giustizia e per le sue sentenze, è stato interpretato come un segno di debolezza o di indifferenza; o peggio ancora se tutto ciò è stato assunto, dalle forze più reazionarie e oscurantiste, se non addirittura eversive del nostro paese, quale via libera ai propri progetti di calpestare i più elementari principi di libertà e convivenza civile, allora è giunto il momento di dire basta, noi non ci stiamo!
Il nostro silenzio, il nostro rispetto per le vite concrete di nostri concittadini, si tramutano da oggi in una barriera a loro difesa, affinché si compia la loro volontà. Ma attenzione, perché un domani, compiutasi la loro volontà, non saremo più silenziosi, ma rivendicheremo le nostre ragioni e chiederemo conto di tutte le volgarità subite. Attenzione, perché difenderemo fino in fondo la nostra libertà, e non lasceremo che questo paese sprofondi nel degrado morale e civile in cui i presunti difensori della vita e i profittatori che li accompagnano, hanno contribuito a portarlo.

Umberto De Pace


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  9 febbraio 2009