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Dedicato alla Bomba
(nel giorno del suo compleanno)
Luigi Pintor, Il nespolo

Storici, giornalisti, libri neri e documenti colorati ricordano con insistenza che le rivoluzioni più recenti sono costate ottantacinque milioni di morti, che fa quasi un milione all'anno nell'arco di un secolo. Il doppio della seconda guerra mondiale che però seppe concentrarli in sei anni. E avendo Giano animosamente parteggiato per quelle rivoluzioni si sente in colpa. Purtroppo qualsiasi sommossa di schiavi, da Spartaco in poi, ha il potere di sedurlo malgrado il costo e la vanità dell'impresa.
Trova però parziale il conteggio e si considera erede responsabile di molto peggio. Se una volta l'anno Voltaire accendeva una candela e la metteva alla finestra per non dimenticare la strage di San Bartolomeo, Giano sentirebbe il bisogno di un candelabro multiplo e di un'ampia balconata per onorare gli ossari su cui sono edificati gli stati moderni.
Uno scrupoloso contabile ha calcolato che nella prima guerra mondiale sono morti undicimila uomini al giorno per quattro anni, soldati analfabeti e giovani ufficiali, pochi civili, senza armi di sterminio, con baionette in canna, mitragliatrici a nastro, elmetti e mollettiere, dietro sacchi di sabbia e rotoli di filo spinato, sotto i fuochi d'artificio degli obici e delle granate a mano.
Nelle campagne europee i cimiteri militari sono più numerosi delle chiese gotiche nelle metropoli e non c'è borgo senza una stele con l'elencazione gerarchica del tenente, sergente, caporale, soldati, caduti per le patrie. Eppure in quel tempo c'erano solo dinastie regnanti, borghesia e plebe. Il comunismo era un manifesto filosofico per pochi intimi. Quella guerra è di gran lunga la miglior chiave di interpretazione della storia degli ultimi due secoli.

La candela più grande, come può esserlo il tronco di una sequoia, spetta senza dubbio agli ebrei annichiliti nel paese più colto del mondo. La seconda candela in ordine di grandezza (per quanto sia difficile una gerarchia in questa materia) spetta alla bomba di Nagasaki. Non a quella di Hiroshima, la prima, ma a quella di Nagasaki, la seconda. Un crimine purissimo, la sperimentazione di un solo forno crematorio sulla popolazione di tutto un termitaio, un lascito testamentario alla futura umanità.
A Norimberga non se ne parlò, non era il caso. Chissà oggi, dopo tanto tempo, cosa direbbe il mondo se una bomba così l'avesse sganciata su Amburgo un pilota sovietico il giorno prima della fine della guerra. Ma non l'aveva e quindi arrancarono tutti a piedi fino a Berlino.

Luigi Pintor, Il nespolo, Bollati Boringhieri, 2001, pp. 44-46



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  6 agosto 2001