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Il colore della pelle
I risultati delle elezioni americane
Franco Isman


Obama family

Innanzi tutto alcune cifre, tratte in verità dagli exit polls, ma comunque significative.

Le percentuali di elettori di differenti origini (che si sono pronunciati) sono rispettivamente: bianchi 74%, ispanici 8%, asiatici 2%, neri 13%.
Bene, le dichiarazioni di voto sono state rispettivamente:
  • bianchi 43% per Obama, 55% per McCain (57% gli uomini, 53% le donne),
  • ispanici 66% per Obama, 32% per McCain,
  • asiatici 61% per Obama, 35% per McCain,
  • neri 95% per Obama, 4% per McCain.
Se si fa la media ponderata dei voti salta fuori la vittoria di Obama.

Cosa significa questo ?
Che il voto è stato largamente influenzato dal colore della pelle: i neri hanno votato plebiscitariamente per Obama, mentre i bianchi hanno dato una larga maggioranza a McCain.

Naturalmente altre considerazioni hanno pesato a favore di Obama: per la larga fetta della popolazione sotto la soglia di povertà, e in particolare per i “coloured people”, la speranza di cambiamento che poteva venire soltanto da lui.
Per la parte più evoluta, e più ricca, ha certamente contato la tradizionale “appartenenza” ai democratici o ai repubblicani, la disastrosa politica di Bush, al minimo storico dei consensi, la gravissima crisi economica a ragione o a torto addebitata alla sua amministrazione, la novità, il carisma, la gioventù di Obama. L'abbronzatura è stata apprezzata soltanto dal nostro ineffabile presidente del Consiglio.
Senza tutto ciò la maggioranza di McCain in questa fetta di popolazione, in gran parte bianca, sarebbe stata ancor più ampia.

Allora quello che abbiamo pensato e detto, che il voto degli americani ha superato il “fattore R”, dove R sta per “race”, razza, non è vero: i neri hanno plebiscitato Obama, i bianchi, nonostante tutti i fattori a suo favore, gli hanno in larga maggioranza votato contro. Soltanto una minoranza di bianchi, più o meno un terzo della popolazione, ha saputo superare questa barriera.
Ma questa composizione del voto, che segue in larga misura la suddivisione etnica della popolazione, rappresenta un grave handicap per il nuovo Presidente che non ha spazio per sbagliare ma deve invece conquistare la fiducia e la stima anche di quella maggioranza di “wasp” che gli ha votato contro.

Franco Isman



Alan White
November 10, 2008 7:51 PM
 
Caro Franco:
Sono d'accordo con te che la vittoria di Obama non e' la fine del razzismo in America ma un importante passo in avanti di valore simbolico. Il crollo del massimalismo della  Destra su tutti i fronti : su quello economico, politico e diplomatico ha aperto le porte a Obama. Non sono sicuro, se il panico finanziario non fosse esploso in Ottobre, che Obama  ce l' avrebbe fatta.
In ogni caso si e' rotto il ghiaccio perche' una percentuale sostanziale  di bianchi e specialmente i giovani hanno superato i loro pregiudici. E' una gioia osservare i neri sulla strada e leggere la felicita' scritta sulla loro faccia.
E' una vera festa anche per tutti noi di esserci  liberati dall'incubo bushista.
 
Non voglio essere un guastafeste  ma ci sono dei possibili risvolti negativi.
I simboli sono importanti ma i risultati concreti lo sono altrettanto.
In America grazie all' Affirmative Action' si e' formata una nuova borghesia nera la quale si sta staccando dai loro fratelli  impoveriti (come nel SudAfrica). Obama e' un  beneficiario di quelle leggi. Sara' solidale col sottoproletariato nero? Lui ha criticato parecchie volte la loro sotto-cultura. Se non si impegnera' a risolvere i problemi dei poveri avremo un sottoproletario nero abbandonato dal loro strato dirigente.
La risposta a questi interrogativi si trovera' ultimamente nella linea di condotta del partito democratico al potere. Il partito da tempo era slittato verso il centro e si era allontanato dal New Deal. L'influenza delle grandi societa' ha corrotto il partito che ha sostanzialmente accettata la mitologia del global free market. La delegazione congressuale e' stata particolarmente sensibile ai finanziamenti da parte dei 'grandi' donatori.
La guerra nell' Iraq e il massimalismo politico di Bush pero' hanno risvegliato gli istinti  progressisti nel partito (e anche nel paese). Obama ha sfruttato  questo risveglio  usando l'Internet per mobilitare la base che ha fornito millioni di dollari in piccole donazioni (superando per la prima volta il Partito Repubblicano nella raccolta dei fondi) e potenziata l'organizzazione elettorale di base.
 
Siamo a un punto cruciale: Quo vadis Obama?  E' una persona di grande capacita'  intellettuale. Ma e' gia' sotto pressione per minimizzare i vari obiettivi di cambiamento di cui aveva parlato durante la campagna elettorale.
I suoi consiglieri negli  affari economici sono centristi . Cio' non augura bene per la sua futura condotta nella lotta contro le grandi societa' che si opporranno con tutta la loro ragguardevole forza a ogni provvedimento che tenendo conto del collasso del Free market cambiasse  le regole del giuoco.  
E' ovvio che senza il depotenziamento  dei grandi poteri  lui manchera' all'appuntamento colla storia che le condizioni presenti hanno fatto possibile.
Se persistera' potrebbe divenire un presidente 'trasformatore' che cambia la faccia dell'America, ma anche del mondo . 
 
Saluti augurali
Alan
 
PS Parecchi dirigenti del civil rights movement sono preoccupati che Obama presidente possa ridurre la militanza della base nera.


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  9 novembre 2008