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Orgoglio e riconoscenza
Giuseppe Pizzi



Mariastella Gelmini   Mariastella Gelmini

In America, anche chi simpatizza per Obama non può nascondere di provare ammirazione per McCain che in gioventù, pilota della Marina abbattuto e catturato dai vietnamiti, ha rifiutato la clemenza di un rilascio anticipato perché con lui, a marcire in quel carcere, c'erano altri prigionieri da prima di lui. McCain era il figlio dell'ammiraglio comandante in capo della flotta del Pacifico, per suo padre e per se stesso sarebbe stato disonorevole tornarsene a casa senza di loro. Con loro, in quel carcere, ha tenuto duro per cinque anni.

In Italia, anche chi non simpatizza per Berlusconi e il suo governo sembra invece concedere la sua comprensione alla ministra Gelmini che nel 2001, dovendo affrontare l'ardua prova dell'esame di abilitazione alla professione di avvocato, pur essendo di Desenzano del Garda, non ha esitato a lasciare ai suoi colleghi conterranei (i fessi) le insidie della Corte di Brescia (72% respinti nel 2000) mentre lei (la dritta) correva a cimentarsi nelle più bonarie aule della Corte di Reggio Calabria (solo il 18% respinti nel 2000).

Oggi la Gelmini tenta di spiegare il suo comportamento di allora tirando in ballo la famiglia, che come salvacondotto vale sempre. Lei non era mica figlia di ammiraglio, di giudice o di notaio, suo padre era un agricoltore che non poteva mantenerla a lungo e quindi doveva passare subito l'esame per mettersi a lavorare.

E brava la nostra ministra dell'Istruzione che, a quanto sembra dire, se ha bruciato le tappe e in così poco tempo è arrivata tanto in alto, lo deve a suo padre - non per averla tenuta sulla strada maestra, ma per averla indotta a prendere la scorciatoia. L'orgoglio del padre sarà almeno pari alla riconoscenza della figlia.

Giuseppe Pizzi


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  8 settembre 2008