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ECONOMIA E DINTORNI
Spread: chi e' costui ?
Giacomo Correale Santacroce

Tanta massa di fango non è mai stata riversata su persone eccellenti, quanta ne è stata profusa su Prodi e su Padoa Schioppa. Che insieme a Ciampi e ad Amato e pochi altri dovrebbero invece essere messi su un piedistallo come salvatori del Paese contro i suoi stessi abitanti, tra i quali certi nani con la loro corte di clienti e ballerine riescono a volte addirittura (ricordate le risate incredule di Benigni?) a conquistare la maggioranza. E a scialacquare le risorse del Paese.
C'è una parola che può sembrare roba da addetti ai lavori, e che invece dovrebbe essere considerata attentamente e con timore reverenziale da tutti come sinonimo di spada di Damocle, di bordo del baratro o, forse più efficacemente, come “rischio Argentina”. E' la parola “SPREAD”.
Non si tratta di una pernacchia. Molto semplicemente, la parola spread significa "differenza": nel caso in esame quella tra gli interessi che riceve chi compra titoli di debito della Germania, e gli interessi piu' alti che lo Stato italiano deve pagare agli acquirenti dei suoi titoli di debito, se vuole che questi li acquistino (cioe' gli prestino i soldi).
Ebbene, questo spread che a giugno dell'anno scorso era pari allo 0,19%, è salito in marzo 2008 a 0,65%. Una differenza cioè di 65 punti (millesimi di euro) tra gli interessi sui titoli tedeschi e quelli sui titoli italiani, contro, ad esempio, i 16 punti della Francia e i 21 della Spagna. Significato evidente: gli investitori internazionali considerano più rischioso prestare denaro allo Stato italiano.
Secondo gli esperti (LaVoce.info) “le ragioni di questo divario sono da ricercarsi nella crisi dei mercati finanziari e hanno poco a che vedere con gli sviluppi del quadro politico in Italia”. Ma se ben ricordo, “speculare” vuol dire fare ipotesi sul futuro e scommetterci sopra. E il futuro politico dell'Italia, se dovesse vincere il PdL come sembrano dire ancora i sondaggi, evidentemente non è considerato buono.
Ma la cosa su cui ogni cittadino dovrebbe riflettere è che lo Stato italiano, per pagare gli interessi sul debito pubblico, è costretto a sottrarre dalla somma destinabile ai servizi e agli investimenti pubblici ben 70 mila miliardi. E, per riprendere il linguaggio specialistico, ma ben comprensibile, degli esperti de La Voce, “la maggiore volatilità cui oggi sono soggetti i rendimenti dei titoli di stato obiettivamente rende vulnerabile un paese con un debito pubblico elevato come il nostro. Gi oneri del debito possono salire bruscamente e scatenare reazioni a catena difficilmente controllabili”. Come dire che un evento internazionale imprevisto potrebbe causare improvvisamente per noi un disavanzo non più sostenibile, una inflazione galoppante, distruzione dei risparmi, crollo dell'occupazione, eventuale e drammatica cacciata dall'euro, passaggio definitivo dell'Italia dalla serie A alla serie B o C. E non si tratta di una partita di calcio. E' ciò che è accaduto qualche anno fa all'Argentina. Si chiama default, in italiano fallimento dello Stato.
Di qui la necessità assoluta di far scendere il nostro debito molto al di sotto dell'attuale 104% rispetto al prodotto annuale del nostro Paese (il famigerato PIL), come ha saputo fare il Belgio che era in una situazione simile alla nostra. Il nostro fardello si è ridotto progressivamente, faticosamente, negli ultimi 15 anni, dal quasi 125% a cui era arrivato nel 1994 fino al 103,8 del 2004, dopo la stagione dei nani e delle ballerine, della Milano da bere di craxiana memoria, di mani pulite. E' di nuovo aumentato al termine della gestione Berlusconi (106,4% nel 2005) e ha ripreso a scendere nei due anni scarsi di Prodi. La sua ulteriore discesa molto al di sotto del 100% (almeno al 95% nel 2011) è nel programma del PD, ben specificato nelle modalità per realizzarlo.
Allora, cari concittadini, ritenete che il rigore di Prodi e di Padoa Schioppa (e in precedenza di Ciampi) sia stato un disastro per l'economia italiana, una stupida soggezione alle imposizioni della Banca Centrale Europea, o una preziosa tutela per gli interessi nostri e dei nostri figli?
Ai posteri l'ardua sentenza.

Giacomo Correale Santacroce.


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  25 marzo 2008