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Colore e genere. Aggiornamento
di Giuseppe Pizzi

Colpo di scena in Sudafrica. Dopo la coraggiosa abolizione delle quote negli sport di squadra, il revanscismo razziale si prende una rivincita.

I fatti sono noti. L'allenatore degli Springboks, Jake White, prima di battere in finale gli inglesi e conquistare la Coppa del Mondo di rugby pretende e ottiene, fra furibonde polemiche, di mettere in campo i giocatori migliori, che in Sudafrica sono quasi tutti bianchi, come è logico se si considera che il 90% dei giocatori e dei tifosi di rugby sono bianchi, mentre i neri giocano e seguono il calcio.

La lezione di Parigi - meglio vincere con i bianchi che perdere con i neri - convince le autorità politiche e sportive sudafricane a rinunciare alle quote e lasciare libertà di scelta all'allenatore. Però White paga il prezzo della sua fermezza e non viene riconfermato. Il più qualificato a succedergli è Heyneke Meyer (bianco), ma gli viene preferito Peter de Villiers (di colore) con una motivazione esplicitamente politica: "Dobbiamo essere onesti: questa nomina non ha ragioni solamente sportive ma con lui oggi facciamo la storia. Il nostro obiettivo in questo momento è la trasformazione del nostro rugby".

Significa che torneranno le quote? Che de Villiers guarderà al colore più che al valore? Niente affatto. Gli Springboks continueranno a essere in prevalenza bianchi, solo che a deciderlo non sarà più quell'arrogante di White, che è bianco anche nel nome. Quando gli stessi uomini scelti da White verranno confermati da un coach di colore si tratterà di un onesto riconoscimento, non di un'odiosa discriminazione. E comunque, una volta in campo, anche uno Springbok ormai leggendario come l'estremo Percy Montgomery (il beniamino di White) dovrà obbedire a de Villiers, che negli anni '70 e '80, pur essendo un ottimo mediano di mischia, non poté vestire la maglia verde-oro degli Springboks, a quel tempo appannaggio solo dei bianchi.

Insomma, in Sudafrica le istanze socio-politiche-sportive impongono una soluzione di compromesso: giochino pure i bianchi, …purché li comandi un nero. Dalla padella nella brace! Vedremo che cosa succederà alla prima sconfitta.


***
Notoriamente, in Italia il problema delle quote di colore è gia risolto da tempo con il manuale Cencelli (tanto ai bianchi, tanto ai rossi, agli azzurri, ai verdi, ai neri e a tutte le sfumature della tavolozza cromatica). Rimane sul tappeto la questione delle quote di genere. Il neonato Partito Democratico, Veltroni in testa, continua a farne un punto di principio, gli uomini e le donne devono essere presenti in ugual numero sia nell'organizzazione del partito che nelle liste dei candidati. Facile da dire, ma si sa che poi la politica ha le sue esigenze e le sue regole, la prima delle quali è che gli incarichi vanno a chi è in grado di prenderli e di tenerli, ed ecco che le cronache di tutti i giorni ci dicono che il partito è visibilmente in mano a Veltroni stesso, Franceschini, Bettini, Reichlin, Latorre, Vassallo, e sottotraccia Prodi, D'Alema, Rutelli, tutti uomini.


Perciò, vista l'impossibilità di distribuire artificiosamente il potere fra uomini e donne in parti uguali, è forse il caso che anche il PD prenda in considerazione il compromesso sudafricano: niente più quote di genere, le cariche di partito e le sue rappresentanze nel parlamento e nelle istituzioni vadano pure a chi le merita, quand'anche fossero tutti uomini, … purché li comandi una donna. Anna Finocchiaro o Rosy Bindi al posto di Walter Veltroni.

Giuseppe Pizzi

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  15 gennaio 2008