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I morti di Nassiriya
Le falsità e la retorica della Destra
di Franco Isman

Nassiriya

Oggi è il triste anniversario del tragico attentato terroristico che quattro anni fa costò la vita a 19 italiani, in gran parte militari, oltre che a 9 civili iracheni e provocò 130 feriti.
Chi scrive, nell'apprendere allora la notizia, fu colto da un sentimento misto di orrore, dispiacere e rabbia, perché mi erano ben chiare le responsabilità che stavano a monte della tragedia. Non me la sentii allora di scrivere alcunché e mi limitai a rimandare i lettori ad un mio articolo di alcuni mesi prima “Mitridatizzazione - I soldati italiani in Iraq” che aveva un conclusione tristemente profetica, addirittura scritta in grassetto:
Ci auguriamo tutti che la missione possa concludersi in modo incruento; in passato i nostri comandi sono stati molto bravi nel gestire il rapporto con le popolazioni locali, e pensiamo in particolare alla missione in Libano comandata dal generale Angioni. Il nostro è uno strano Paese: tutti zitti, ma se dovessimo subire qualche attentato cruento si scatenerebbero le recriminazioni e le proteste, come se questa ipotesi non faccia purtroppo parte delle eventualità derivanti dalla situazione nella quale con sublime incoscienza ci siamo cacciati.

A questo punto è indispensabile avere ben chiara la cronologia degli eventi:
  • 20 marzo 2003.

    colpisci e terrorizza

    Parte l'attacco americano con l'operazione “colpisci e terrorizza” (terrorismo dichiarato): 3000 tra missili Cruise lanciati dalle navi e bombe sganciate dai B52 provenienti dall'Inghilterra. Attacco giustificato con l'affermazione del possesso da parte dell'Iraq di Saddam di armi di distruzione di massa in realtà inesistenti. L'Osservatore Romano lo definisce “un omicidio in massa”.

  • 15 aprile 2003. (25 giorni dall'inizio della guerra).
    Il Parlamento italiano approva l'invio di 3000 militari per una “missione umanitaria” di assistenza alle popolazioni. Missione che ha inizio effettivo ai primi di giugno.
    Scrive Lietta Tornabuoni su La Stampa:
    “POSSONO mettere paura le parole? Come no: la loro forza d'inganno e d'ipocrisia è molto temibile. A esempio, il modo in cui i termini della Seconda guerra mondiale, così veri, così cari nel ricordo, sono stati adottati per la guerra d'Iraq: definendo «liberazione» una guerra unilaterale, senza alcuna legalità internazionale, senza motivi confessabili; definendo «liberato» un Paese ridotto in polvere al quale si sottrae militarmente l'unica fonte di ricchezza, il petrolio; definendo «alleati» forze armate e comandi americani con una modesta coda inglese.”
    “Altro esempio di parole che mettono paura, il modo in cui in Parlamento sono stati usati i termini dell'altruismo ai quali gli italiani sono tanto sensibili: definendo «soccorrere», «portare aiuto», «garantire sicurezza», «assicurare il recapito degli aiuti umanitari», una spedizione di tremila militari armati, soli, non richiesti da nessuno, al di fuori dell'Onu, al di fuori della Unione europea. Un'operazione che secondo molti serve soprattutto a Berlusconi e al governo per mostrarsi zelanti con gli americani, per fingersi vincitori d'una guerra non combattuta, per acquisire diritti sul bottino petrolifero, per «tornare interlocutori di Blair». Un'operazione che coinvolge direttamente l'Italia in una guerra sporchissima, che espone senza necessità migliaia di militari italiani ai gravi rischi già messi in evidenza dalla cronaca bellica...”
    I nostri soldati, sotto comando inglese, sono di fatto truppe di occupazione, in spregio di quanto solennemente sancito dall'articolo 11 della Costituzione e dalla legalità internazionale.

  • 1° maggio 2003. (40 giorni dall'inizio della guerra).
    Bush dal ponte della portaerei Lincoln dichiara che la guerra è praticamente conclusa.
    Ma la guerra non è conclusa ancora oggi, dopo quattro anni e mezzo e decine di migliaia di morti, in gran parte iracheni.

  • 12 novembre 2003. (otto mesi dall'inizio).
    Nassiriya. Un camion imbottito di tritolo guidato da un kamikaze provoca 28 morti alla base italiana Ariete: 17 carabinieri e soldati, 1 cooperante, il regista di una troupe televisiva e 9 civili iracheni.

  • 8 giugno 2004. (un anno dopo il nostro "sbarco" in Iraq).
    Risoluzione N. 1546 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU che invita i Paesi membri a collaborare al mantenimento dell'ordine in Iraq con l'invio di truppe.
    Non siamo più fuorilegge. Evviva.

Cosa si dovrebbe concludere ?
Che Berlusconi e il suo governo hanno lanciato un'operazione assolutamente illegale ed anticostituzionale alla scopo di compiacere l'alleato americano alla ricerca di partner, ma sarebbe più esatto dire complici, che potessero in qualche modo coprirlo. Un'operazione che, in scala per fortuna enormemente più piccola, ricorda la tragica spedizione dell'Armir in Russia, richiesta come un onore da Mussolini a Hitler e conclusasi con centomila caduti (o dispersi).
Ma come i morti di Russia li ha sulla coscienza Mussolini, per quelli di Nassiriya il primo responsabile è Berlusconi; di qui il sentimento misto di orrore, dispiacere e rabbia di cui ho parlato all'inizio.
Nelle celebrazioni si continua a falsare la realtà ed a definire la spedizione italiana come un'operazione di “Peace keeping” condotta sotto l'egida dell'ONU, ma pur essendo ciò indecentemente falso, è difficile contestarlo per non rischiare di diventare strumentalmente quelli che non vogliono onorare i caduti.

Franco Isman
franco.isman@arengario.net


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  12 novembre 2007