Chi vuole il partito democratico
Per delineare una riflessione compiuta sulla prospettiva (o meno) del partito democratico è necessario riflettere intorno ad alcune domande di fondo.
Ma chi realmente vuole il partito democratico? Si vuole costruire un nuovo partito oppure un partito nuovo? Quando e come realizzare questo progetto? di Sergio Civati
Non è questo o quel partito a volere il partito democratico ma non c'è dubbio che lo vogliono e lo richiedono i nostri elettori. Basta rileggere le tappe che hanno segnato questi ultimi dieci anni, per ricordare che periodicamente è stato il corpo elettorale a porre e richiedere ai partiti e alla politica un processo unitario e contemporaneamente innovativo. I nostri elettori hanno iniziato a porre questa domanda sin inizi anni '90 con il referendum che andava a sancire il superamento del proporzionale e l'affermazione di un sistema maggioritario e bipolare; lo hanno indicato e premiato con la vittoria di Prodi e dell'Ulivo nel '96, vissuto dall'elettorato come una domanda di progetto politico e non come poi si è rivelato una mera alleanza elettorale; ci è stato ricordato dall'elettorato, ogni volta che ha premiato l'Ulivo con maggiori voti della somma dei singoli partiti, così come è avvenuto anche nelle ultime elezioni. Infine, la domanda più chiara e determinata , ci è stata posta dalla grande esperienza popolare delle primarie: - con una partecipazione (più di 4 milioni) che è andata ben al di là degli iscritti dei partiti, il nostro popolo elettorale, ci ha dato espresso una disponibilità e una volontà al cambiamento, a voler partecipare e contare nel determinare le decisioni, nel voler nuove forme di partecipazione politica - premiando Prodi, si è voluto premiare il suo progetto di costruzione del partito democratico dell'Ulivo, con un processo unitario e di innovazione più avanzato. I gruppi dirigenti interessati, se vogliono essere tali, sono chiamati quindi a rispondere alle domande poste dal proprio elettorato e ad esserne conseguenti. Un nuovo partito? I dieci anni ricordati sono stati però anche anni nei quali, rispetto a questo progetto, si sono consumati arretramenti, blocchi, rinvii, scelte in altre direzioni, che hanno periodicamente determinato una divaricazione tra i gruppi dirigenti dei partiti e il proprio elettorato. Il fallimento dell'Ulivo allargato, consumato tra egemonie dei partiti grossi e veti di quelli piccoli; la Federazione dell'Ulivo nata e morta in tempi brevissimi, perché operazione di vertice e come sommatoria di partiti, la presentazione di liste separate alle elezioni da parte di DS e Margherita al Senato con i risultato che sappiamo. L'Ulivo intesa come una alleanza elettorale non di più. L'avvio del dibattito sulla nascita del partito democratico , ha tuttora un marchio sommatorio di due unici partiti (DS-Margherita), escludendone altri e mancando di relazionarsi in maniera compiuta con la società civile. In questo caso si rischia di partire male, con l'imprinting di un partito che nasce dopo un arduo assemblaggio di organigrammi al centro e in periferia; ben che vada si andrà a realizzare un nuovo partito (?), che assommandosi agli altri, confermerebbe in sé tutti i vizi della vecchia cultura che ha portato i partiti distanti dalla società civile e reale. Credo che l'ostacolo più rilevante da superare, sarà quello che ci deriva dalla presenza diffusa di culture dell'appartenenza e dell'autoreferenzialità; del muoversi in un sistema bipolare non avendo mai smesso pratiche e comportamenti proporzionali. Dall'altra, non possiamo pensare ad una operazione illuminata e di vertice, che prescinda dalla resistenza derivante da uno storico (e comprensibile) spirito di appartenenza, derivanti da culture diverse come quelle della sinistra democratica e del cattolicesimo popolare. Un partito nuovo Come è stato ricordato, la lunga marcia del nostro elettorato verso il Partito Democratico dell'Ulivo, ha già indicato alcune capisaldi di riferimento comuni:
Sarebbe illusorio pensare che il percorso costituente che abbiamo davanti a noi, sia facile e determinato, anzi è da prevedere che molti si metteranno di traverso, molti vi si opporranno e che probabilmente non sarà un processo indolore, un percorso tortuoso che metterà in gioco disaggregazioni e nuove aggregazioni. E' però la costituente del partito democratico una scadenza non più rinviabile, perché:
Ci sono infine alcune piste di lavoro che devono, secondo me, essere messe nell'agenda politica di tale processo costituente:
Sergio Civati presidente Associazione Monza per l'Ulivo Su Piazza d'Uomo il dibattito che ne è seguito 30 giugno 2006 |