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Iraq, umanità perduta
di Michele Casiraghi


Secondo fonti della France Press Samir al Sumaidaie, ex ministro dell'Interno iracheno e oggi ambasciatore all'Onu, ha denunciato ai colleghi del Palazzo di Vetro il fatto che, durante un'operazione Usa di ricerca di armi ad Al Shaikh Hadid, suo cugino Mohammed è stato ucciso a
sangue freddo con un colpo in testa (al collo, per la precisione) mentre il fratello minore è stato torturato.
Il tutto se non bastasse, quasi davanti alla madre del primo.
I marines autori della prodezza, secondo testimoni oculari se ne sono andati ridacchiando.
Il comando Usa ha ammesso "l'incidente", riservandosi di acclararne la "dinamica" esatta, formula che risulta assai utile quando non si intenda acclarare nulla (vedi Calipari).
Ora, negli Usa in tanti (almeno la maggioranza dei votanti) hanno la memoria corta al punto di non andare più  indietro dell'attentato alle Twin Towers ma a  noi, che abbiamo la memoria un pò più lunga, episodi del genere non appaiono strani, perchè quei giovani reclutati a ragione della  loro miseria/frustrazione e di una retorica abnorme (Enduring freedom?!) non sono fondamentalmente diversi da quegli altri adolescenti, loro compagni, che ogni tanto fanno il tirassegno sui passanti, come a Columbine.

la strage della Columbine High School di Littletown

Non lo sono per un semplice motivo, facile da spiegare.
Gli autori delle stragi tipo Columbine hanno smarrito le ragioni del loro stare al mondo assieme agli altri, soprattutto quando il rapporto con gli altri diventa problematico e richiede capacità di gestire le differenze, d'opinione o d'altro, e per questo fanno il tirassegno.
Perdendo la capacità di intessere questa relazione, perdono gli altri e se stessi al contempo, diventando omicidi/suicidi.
I soldatini in Iraq, smarrite - perchè bruciate nel profondo della propria anima più ancora che altrove - le ragioni del loro essere in quel luogo a portare a compimento una "mission" che appare sempre meno comprensibile e sempre più incompiuta, torturano e sparacchiano a caso, incuranti di ogni limite di umana decenza.
Possono farlo, e dunque lo fanno credendo, ingenuamente, che di ciò di cui non dobbiamo render conto ad altri non risponderemo mai neppure a noi stessi.
Invece, entrambi sparano sugli altri -  a caso - proprio per non sparare a se stessi (e c'è anche chi spara a se stesso).
E' un film già visto.
Apocalypse now, infatti, cosa racconta, se non la vicenda tragica e allucinata di un'umanità che ha smarrito persino le ragioni della propria violenza, della propria capacità distruttrice?
In questo è necessario tornare al Vietnam, per capire: non perchè il contesto geopolitico o militare o sociale sia il medesimo, ma perchè analoga sta diventando la progressiva paranoia che investe sempre più i protagonisti.
Per questo il cosiddetto "terrorismo" ha gia vinto: perchè non ha smarrito, nonostante tutto, le sue "ragioni", ai nostri occhi folli, al punto da rendersi "ragionevole" il suicidio simbolizzandolo in martirio.
E perchè a quelle "ragioni" gli occupanti possono ormai opporre - sepolta da coltri di retorica in disfacimento - solo la loro progressiva schizofrenia e autodistruzione.
Che si resti laggiù o che si vada via appare quasi questione secondaria, perchè - ormai - si è irrimediabilmente "andati via" dalla propria umanità e difficile e doloroso sarà il ritorno.
Per tutti.

Michele Casiraghi


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  2 luglio 2005