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ECONOMIA E DINTORNI
Ricucci, Della Valle, Montezemolo:
chi crea ricchezza e chi no?
di Giacomo Correale Santacroce


Scopo dell'azienda è creare valore, o ricchezza. Valore non è solo il profitto, che pure è condizione di sopravvivenza e di sviluppo dell'azienda, ma tutto ciò che l'azienda fornisce ai propri clienti, traendone profitto, salari, interessi e tasse, che nel loro insieme sono infatti definiti “valore aggiunto”
Ricchezza o valore sono per loro natura positivi; non a caso i prodotti vengono anche chiamati “beni”. La droga normalmente non crea valore, anche se fonte di lauti guadagni per i trafficanti e gradimento per il tossicodipendente. Fare soldi non significa creare valore, se frutto di rapine, della vendita di droga e dintorni, di speculazioni finanziarie, che anzi spesso distruggono valore. Contrariamente al vecchio detto “Pecunia non olet”, il denaro in realtà ha odore, e bisogna sforzarsi di separare quello che ha un buon odore da quello che puzza.

Luca Cordero di Montezemolo Stefano Ricucci Diego Della Valle

Queste affermazioni sono ben messe alla prova dalla vicenda Ricucci, Montezemolo e Della Valle.
Ha cominciato Luca Cordero di Montezemolo, presidente di Confindustria e della Fiat, che detiene con altri il controllo del Corriere della Sera, a dire che sarebbe utile fare chiarezza sulle attività dell'immobiliarista Ricucci, per sapere dove trova tanti soldi per tentare la scalata al più prestigioso quotidiano italiano. E che “si deve distinguere tra chi fa l'imprenditore e chi fa trading immobiliare”.
Gli ha risposto Stefano Ricucci, affermando che è giunto il momento di “capire finalmente chi produce ricchezza nel nostro Paese e chi invece, nel migliore dei casi, si limita a consumarla”. E dopo aver affermato che in 25 anni di lavoro ha saputo costruire un gruppo (Magiste Real Estate) di 2,5 miliardi di euro di valore, si chiede “quale gruppo produttivo di tale valore ha costruito Montezemolo in uguale periodo di tempo”.
Ed ecco entrare in campo Diego Della Valle, imprenditore leader nel settore calzaturiero (Tod's).
Non usa mezzi termini: “Ricucci è un'invenzione di mezza estate, un ragazzotto che ha fatto il passo più lungo della gamba e sta cercando di uscire senza danni da una operazione più grande di lui”. A Berlusconi, che ha mostrato di apprezzare Ricucci, Della Valle raccomanda di “volare più alto. Se lo farà saprà distinguere le imprese serie dagli affaristi dell'ultim'ora”.

Della Valle non dice che ci sono settori buoni, come l'industria, e settori cattivi come il settore immobiliare. A suo parere nei diversi settori ci sono persone eccellenti, che si comportano correttamente e in modo trasparente. Anche nel settore immobiliare “bisogna distinguere tra il mondo immobiliare serio, importante tanto quanto gli altri settori, e chi fa speculazioni che non portano ricchezza al Paese”. Così come, in altri settori, “Mediobanca e Generali sono gestite in modo eccellente da manager giovani e preparati”. E ancora: “Se guardiamo a ciò che sta facendo Alessandro Profumo, dobbiamo solo essere orgogliosi: l'operazione Unicredit-Hvb ci fa onore sui mercati internazionali”…; il rapporto tra imprenditori sani e banchieri seri è fortissimo”…; per fortuna ci sono tante istituzioni serie come il Tar, la Consob e l'Antitrust, che non si fanno influenzare da una certa politica”. E a Ricucci, che aveva sminuito l'importanza della Tod's, risponde che “quello che la mia famiglia possiede è frutto di 50 anni di lavoro duro, onesto e soprattutto trasparente”, aggiungendo che la sua storia imprenditoriale “è tutta ricostruibile passaggio dopo passaggio, fin nei minimi particolari e con precisione matematica. Qualunque organo dello Stato che ne abbia titolo può verificare quando vuole la nostra situazione e da noi sarà considerato il benvenuto”. Infine, ritiene “che sia ormai inderogabile fare con estrema rapidità chiarezza assoluta sulla provenienza dei patrimoni di questi personaggi apparsi dal nulla, dei loro sodali e di tutti i movimenti finanziari a loro riconducibili”.

Dopo questi scambi di sciabolate, a chi dovremo dare ragione? Ma soprattutto, chi dei tre protagonisti ci sembra più “imprenditore”, cioè capace d'innovazione e di creare valore per se e per gli altri?
I tre sono espressione di tre mondi economici diversi, che convivono nel nostro Paese.
Montezemolo è in un certo senso un epigono del vecchio “salotto buono” dell'industria italiana, dei cui protagonisti Della Valle dice che “o non contano più o sono passati a miglior vita”. Cioè, che il salotto buono non c'è più.
Ricucci è l'espressione di un mondo speculativo, che ha trovato e trova nell'intermediazione immobiliare (non è un costruttore) uno dei luoghi di maggiore sviluppo. Certamente, anche l'intermediazione è una attività produttrice di ricchezza, e quindi legittima. Ma le domande sono due: perché Ricucci non mette sul tavolo la sua storia economica, che dimostri che i suoi soldi sono frutto dell'intermediazione immobiliare e non d'altro? E soprattutto: gli attuali proprietari del Corriere, pur non essendo del settore (purtroppo in Italia non esiste una grande imprenditoria editoriale), hanno sinora garantito livelli di indipendenza e di qualità dell'informazione di alto rilievo. Cosa si propone e ci promette Ricucci? Perché non ci dice perché e come ritiene di rendere il Corriere migliore di quello che è?
Della Valle è uno dei portabandiera di quelle imprese italiane medio-grandi, dette anche “multinazionali tascabili”, come Ferrero, Merloni, Brembo, Barilla e molte altre meno conosciute, che per riconoscimento generale sono i pilastri su cui si regge la nostra economia. Aziende focalizzate sulla offerta di prodotti e servizi eccellenti, esportati in tutto il mondo, e abituate a confrontarsi con mercati altamente competitivi.

Per concludere: anche io esprimerei qualche perplessità, come fa Ricucci, sulla produzione di ricchezza da parte di Montezemolo. Occorrerebbe ripercorrere la storia economica del Paese per capire meglio in che misura l'indiscutibile sviluppo economico e di benessere italiano negli ultimi cinquant'anni sia stato determinato dalle grandi imprese del passato (il “salotto buono”), monopoliste e ampiamente sussidiate dallo Stato, o piuttosto da quel 90% di imprese italiane che non superano i dieci dipendenti.
Non credo però che un Ricucci possa essere considerato l'esempio di una nuova classe dirigente economica italiana, destinata a risollevare le sorti del Paese nel contesto globale. Chiunque abbia acquistato una casa negli ultimi decenni ne ha visto crescere il valore in misura notevole. Anche questa è ricchezza prodotta, senza dubbio. Ma con quanti danni ambientali, e con quante commistioni perverse tra pubblico e privato? E soprattutto, con che futuro?
E' evidente la conclusione: chi produce veramente valore, e promette di produrne nel futuro, sono le aziende di cui Della Valle è espressione. In qualsiasi settore. E' su queste che bisogna contare e puntare.

Giacomo Correale Santacroce


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  27 giugno 2005