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Piazza Fontana: noi sappiamo
di Fabio Isman inviato speciale de Il Messaggero


Orrenda strage a Milano

In un suo celebre “scritto corsaro”, Io so, Pier Paolo Pasolini spiegava di conoscere chi fossero gli autori del massacro di Piazza Fontana. Lo sapeva, perché era uno scrittore e un intellettuale; ma non ne aveva le prove. Ora, dopo la sentenza con cui la Cassazione ha ratificato ieri l'assoluzione degli ultimi tre neo (o vetero) fascisti implicati (Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Giancarlo Rognoni), si dice e scrive che quella strage del 12 dicembre 1969, che ha sicuramente mutato il modo di fare politica nel nostro Paese e ne ha improntato i due successivi decenni (basti pensare che in essa una buona fetta del “partito armato” ha trovato alcune sue radici), è rimasta, e rimarrà, senza colpevoli. Non è vero. E, per saperlo, non occorre nemmeno essere degli intellettuali, o degli scrittori: basta soltanto un po' d'attenzione agli stessi episodi giuridici, e perfino alle stesse sentenze.

Ricapitoliamo alcune delle certezze che sono ormai state comprovate. Qualche condanna con una sentenza definitiva, nell'infinità di processi che si sono susseguiti, c'è pur stata. Intanto, Franco Freda e Giovanni Ventura. Quello, ha trascorso un discreto numero d'anni dietro le sbarre, perché riconosciuto colpevole di alcuni tra gli attentati compiuti nello stesso periodo, e con analoghe modalità, di Piazza Fontana. Il secondo, per alcuni casi perfino confesso, e comunque anche lui condannato; ma “provvidenzialmente” sfuggito all'estero (in Argentina) all'esecuzione della pena. Per la strage, e soltanto per quella, assolti con la formula (allora ancora esistente) dell'insufficienza di prove. Ma la stessa ultima sentenza, ratificata ieri dalla Corte di Cassazione, riconosce che assolverli fu, quanto meno, un errore; insomma, che di quell'orrenda strage essi sono responsabili, anche se non giuridicamente colpevoli.

Analogamente condannati in modo definitivo due alti esponenti del Sid, l'allora servizio segreto militare italiano: il generale Gianadelio Maletti, che n'era perfino il vicecomandante, e l'allora capitano Antonio Labruna, suo “braccio destro” operativo. Il primo, vive da decenni in Sud Africa; il secondo è, nel frattempo, deceduto. Colpevoli d'aver fatto fuggire all'estero, con documenti falsi appositamente preparati, un paio di persone su cui la magistratura stava indagando proprio per la strage. Ed esattamente l'agente segreto Guido Giannettini, che era ancora a libro-paga durante la sua latitanza e lo stipendio gli veniva recapitato appositamente a Parigi, e il bidello dell'Istituto per ciechi “Configliachi” di Padova Marco Pozzan, uomo assai vicino a Freda. E perché mai agire in tal modo, se non per coprire inconfessabili verità?

Dunque, come Pasolini, anche noi “sappiamo”. Ci sono delle sentenze; ci sono le inchieste parlamentari, i cui atti (quelli della “Commissione Stragi”) sono ormai disponibili e, in parte, anche pubblicati. Di quella strage, e dei suoi “dintorni”, ci raccontano molto: moltissimo. Io non sono un giudice; ma la requisitoria dei magistrati Emilio Alessandrini e Rocco Fiasconaro, che lega in un modo indissolubile Piazza Fontana ai precedenti attentati per cui Freda e Ventura sono stati poi condannati, mi ha sempre avvinto, e convinto (Fiasconaro e Alessandrini accusano, Marsilio, 1974). Io non sono un giudice; ma nei sei tomi de Il partito del golpe, con cui Gianni Flamini ha ricostruito una bella fetta della storia del nostro Paese soltanto sulla base di documenti giudiziari (Bovolenta editore, 1981-85), ho trovato molte verità. Io non sono un giudice; ma Lo Stato parallelo di Aldo Giannuli (consulente della Commissione Stragi) e Paolo Cucchiarelli (Gamberetti Editore, 1997) mi ha permesso di capire tanti scenari, tanti episodi, tanti “perché”. Io non sono un giudice; ma gli anni trascorsi a Catanzaro (una settimana sì ed una no), per assistere a un processo che la Cassazione aveva spedito laggiù soltanto per la mancanza d'una sezione di Corte d'Assise a Lampedusa, o a Pantelleria, non li dimenticherò mai; come non potrò mai scordare, avendoli conosciuti a lungo e “da vicino” (così scriverebbe anche Giulio Andreotti), i volti, e non solo quelli, di Freda, Ventura, Giannettini.

Piazza Fontana rimane senza colpevoli solo per chi non vuole cercarli nelle ”carte” che già sono disponibili. Piazza Fontana resta senza colpevoli solo per chi voglia restare sordo. Piazza Fontana è senza colpevoli solo per la verità giudiziaria; ma non certo per la storia di questo nostro Paese, e la coscienza d'ogni sincero democratico.

Fabio Isman


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  4 maggio 2005