prima pagina pagina precedente




ECONOMIA E DINTORNI
I ricchi producono di più dei poveri?
di Giacomo Correale Santacroce


Recentemente qualcuno (chissà chi !) ha affermato che è giusto ridurre le tasse a chi possiede redditi più alti perché si tratta di persone che producono più degli altri. Le maggiori risorse finanziarie lasciate a loro disposizione si tradurrebbero in iniziative economiche capaci di aumentare ricchezza e benessere per tutti.
Purtroppo questa affermazione piuttosto rozza è semplicemente falsa.
Forse chi l'ha fatta aveva in mente imprenditori e manager capaci e responsabili, capi di aziende innovatrici, generatrici di profitti, di valore aggiunto (il valore aggiunto non comprende solo il profitto, ma anche i salari e altre cose), di benessere per la collettività.

Ma purtroppo, non sempre imprenditori e manager sono capaci e responsabili. Ci sono imprenditori che per non perdere il controllo della propria azienda le impediscono di crescere (per crescere, avrebbero bisogno di condividere il potere con altri investitori). Ci sono manager che pensano solo ad arricchirsi a spese dell'azienda. Più in generale, ci sono imprenditori e manager semplicemente incapaci o irresponsabili. Purtroppo, la cultura generale, specie italiana, ritiene che la dote più importante di un capo sia quella di decidere. Non di decidere bene, ma semplicemente di decidere comunque. Ma, come diceva Dante dei fiorentini, sono in molti ad esser pronti a dire, senza essere richiesti, “I' mi sobbarco” (Purg., VI, 132), incuranti dei disastri che provocheranno perché comunque ne trarranno vantaggio.

Ma ricchi non sono solo imprenditori e manager, capaci e incapaci. Ci sono anche coloro che vivono di monopoli e di rendite.
Com'è noto, chi ha un monopolio ha la possibilità di fissare i prezzi al livello che crede, e di fornire beni e servizi di qualità minima. I clienti sono costretti a subire il ricatto, specie se il bene è essenziale per sopravvivere. Quando si instaura un monopolio il mercato, inteso come concorrenza più o meno imperfetta (la concorrenza perfetta non esiste), con i suoi grandi vantaggi per produttori capaci, clienti e consumatori, non esiste più.
Chi vive di rendita è per definizione improduttivo. Alleggerirgli le imposte equivale a consentirgli maggiori sprechi (al massimo contribuirà al commercio dei beni di lusso).

Tralasciamo una quinta categoria: quella degli affaristi, e di quella contigua dei criminali, mafiosi eccetera. Anche questi sono ricchi e si avvantaggerebbero della riduzione delle imposte ad essi riservata. Ma le maggiori risorse lasciate a loro disposizione alimenteranno settori che per lo più distruggono valore (pur procurando ricchezza ad alcuni), come l'industria bellica, il commercio della droga e lo sfruttamento di esseri umani nelle sue diverse forme.

Tutte queste persone, meno le prime (i capi azienda capaci e responsabili), non producono ricchezza se non per sé. Mentre l'attività della prima categoria di persone, che si traduce in investimenti positivi per aziende e clienti, realizza un gioco economico a somma maggiore di zero (lo scambio genera maggior valore per tutti coloro che vi partecipano), tutti gli altri giocano un gioco nel migliore dei casi a somma zero (io vinco quello che tu perdi, come in certe operazioni finanziarie o nella rapina) e, molto spesso, a somma minore di zero (vicende come Parmalat e Cirio, per non parlare del dominio della mafia sul territorio, scoraggiano migliaia di imprenditori e finanziatori dall'intraprendere iniziative produttive).

Conclusione: dire che i ricchi producano più ricchezza e valore rispetto ai poveri è dire una sciocchezza: mentre solo alcuni ricchi lo fanno, sarebbe facile dimostrare che moltissimi poveri producono abbondantemente valore e ricchezza, spesso più per gli altri che per sé stessi.

Giacomo Correale Santacroce


in su pagina precedente

  27 novembre 2004