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Sinistra, blocco sociale, programma
di Carlo Arcari


Pellizza Da Volpedo - Quarto stato

Due interventi in questo fine settimana comparsi sui due più importanti quotidiani nazionali hanno risvegliato dentro di me la vecchia talpa marxista-operaista della mia giovinezza. Rispettivamente De Rita sul Corriere di sabato e Scalfari su la Repubblica di oggi hanno rivolto ai DS, cioè al mio partito, due domande cruciali di quelle che un tempo rappresentavano l'abc della nostra politica: a quale blocco sociale si rivolgono i DS?, ha chiesto il sociologo, e con quale programma chiedono il voto agli italiani? ha chiesto il fondatore di Repubblica.
"Programma" e "Blocco Sociale" due parole maestre, due domande alle quali un tempo era fin troppo semplice rispondere per noi. Oggi le cose "sono più complesse" come ormai da troppi anni ci ripetiamo tutti evitando accuratamente di inciampare nell'una e nell'altra parola. Cinque anni fa, dalle pagina delle lettere di Repubblica, rivolsi io le stesse domande e Cacciari mi rispose in sintesi così: il problema è più complesso, il mondo è cambiato, la fabbrica, il lavoro e gli operai, lo Stato, il Capitale, si sono smaterializzati. La globalizzazione, le reti telematiche, la fine delle barriere nazionali, il pensiero unico mettono nei guai la sinistra, ma anche la destra, perché anch'essa rimasta priva di punti di riferimento economici e sociali non ha più obiettivi definiti da perseguire. Insomma non c'è più il "programma" perché non c'è più il bersaglio, mi diceva Cacciari, che onestamente non forniva soluzioni o indicazioni.
Il filosofo ex operaista non mi convinse. Cinque anni fa mentre lui parlava di "smaterializzazione" di tutto o quasi, io vedevo invece che il possesso delle cose primordiali, cioè il sangue e il suolo, diventava la causa di guerre orribili, non nel Terzo Mondo, ma dentro i confini dell'Europa, E la riduzione in schiavitù di donne e bambini ridiventava un business "normale", perché praticato quotidianamente, mentre le maggiori autorità economiche e finanziarie internazionali adottava come indicatore della ricchezza reale di un Paese il costo del panino BigMac, il cibo-spazzatura che ha unificato il pianeta.
Allora la sua nuova filosofia non mi convinse e a maggior ragione non mi convince adesso una sinistra che indica, come ha fatto il segretario Piero Fassino nella sua relazione alla Direzione dei Ds di venerdì scorso, nei "settori più illuminati e dinamici delle professioni e delle imprese, del lavoro e dei saperi " i componenti del blocco sociale al quale ci rivolgiamo e con il quale cercheremo di vincere le elezioni regionali l'anno prossimo e poi le politiche tra due anni per tornare al governo e cambiare il Paese.
Basta con le immagini fatte di fumo mediatico, non c'è più tempo per questo. Arriva il momento in cui la chiarezza si impone e continuare a girare intorno alle domande fondamentali (per i marxisti, ma anche per dei semplici progressisti riformisti) diventa impossibile. Di quale blocco sociale territorialmente articolato vogliamo difendere gli interessi, insieme agli interessi del Paese? Quali gruppi professionali e quali ceti sociali vogliamo mettere al centro del nostro programma? Bisogna dirlo chiaramente se vogliamo che la futura coalizione sia credibile. E bisogna anche, come dice Scalfari, "fare un programma concreto, non una filosofia. Tre, quattro punti decisivi per riportare in linea l'Italia".
Parole sante. Purtroppo per ora non vedo e dunque non abbiamo un'idea, né sul blocco sociale né sul programma. Il generale Agosto si avvicina, ma a settembre a queste fondamentali domande si dovrà cominciare a rispondere. O la destra e Berlusconi potrebbero ancora vincere.

Carlo Arcari


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  18 luglio 2004