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Sinistra antisemita?
di Vittorio Amodeo


E' venuto di moda, da un po' di tempo, accusare la sinistra (in generale? o alcune frange d'essa?) di antisemitismo. Certo, in alcune manifestazioni sono state bruciate bandiere di Israele. Ma di qui a parlare di antisemitismo della sinistra ce ne corre.
La sinistra, per quanto ne so, è per definizione e tradizione internazionalista, aspira e tende alla comprensione e alla pace tra i popoli. La sua posizione è diametralmente opposta a ogni razzismo. Non può essere “contro” un popolo, semmai contro alcuni atteggiamenti di una parte di quel popolo.
Non conosco persone della sinistra che odino gli ebrei: se ne incontrassi una, le consiglierei sinceramente di lasciare la sinistra e intrupparsi in aree a lei più congeniali, come i neonazi o certe formazioni francesi. E' vero, con il progressivo “riformismo” di una parte della sinistra, certe distinzioni tendono a sfrangiarsi, quasi a scomparire: e possiamo così vedere una sinistra che si diluisce quasi in un centro che finisce per fare cose di destra. Ma se rimaniamo alla sinistra autentica, l'internazionalismo e l'aspirazione alla pace tra i popoli non può venire meno.
Dunque la sinistra non può essere antisemita, come non può essere “anti” alcun altro popolo. Ma certo non è priva, la sinistra, di capacità di discernimento e di giudizio. E i fatti di Israele, o meglio del governo di destra ora al potere in Israele, sono sotto gli occhi di tutti e non possono non essere valutati e giudicati per quello che sono.
E sono fatti di una gravità estrema. La Palestina è stata progressivamente occupata dagli ebrei a iniziare da fine '800 ma, anziché tentare accordi e cercare un modus vivendi con la popolazione autoctona, si preferito da parte ebraica puntare soprattutto sulla forza del denaro, su quella militare e sulla propria organizzazione interna. I problemi dei palestinesi sono stati pressoché ignorati, sinché si è addivenuti alla costituzione dello stato di Israele.
Seppure l'abbia mai avuto, credo che da tempo la sinistra abbia rinunciato a qualsiasi proposito di contestare l'esistenza dello stato di Israele. E' una realtà di fatto, che probabilmente si poteva realizzare in modo meno doloroso per le popolazioni interessate, ma ormai esiste ed è una potenza sociale, economica, militare (e nucleare). Dunque la sua esistenza non è più in discussione:è e tanto basta.
Ma il modo con il quale vengono trattati, o meglio vessati e angariati, i palestinesi è qualcosa che fa vergogna alla nostra epoca. Vengono assassinati, le case distrutte, le famiglie disperse, le persone impedite a muoversi e lavorare. I loro territori occupati con insediamenti abusivi. Cannoni e carri armati contro le pietre dei ragazzi. Nessuna sicurezza, né diritti, nelle loro città, continuamente esposte alle scorrerie delle truppe israeliane. Il presidente palestinese, democraticamente eletto, costretto a vivere in una stanza senza possibilità di spostamenti.
Chi potrebbe sopportare un tale modo di vivere? L'alienazione e la follia non possono che esserne il risultato, e il dramma dei kamikaze, di questi giovani che si tolgono e tolgono la vita, è il portato della disperazione. Gli ebrei hanno subito persecuzioni terribili nella loro storia: un popolo che ha tanto sofferto si pensa dovrebbe essere sensibile alle sofferenze ch'esso stesso induce. Ma non appare sia così.
Conclusione? La sinistra non può essere antisemita, ama il popolo ebraico come ogni altro popolo. Ma le atrocità che una parte degli ebrei commettono contro un popolo povero e defraudato dei suoi diritti quale quello palestinese non possono che essere condannate. Come le condanna, del resto, la sinistra in Israele. E' falso, quindi, chiamare antisemitismo ciò ch'è legittima condanna dell'operato di un governo. Ma crediamo che gli ebrei nel mondo dovrebbero prendere le distanze, in modo più netto di quanto in alcuni casi facciano, dall'attuale governo israeliano; perché è pur vero che, nel condannare Sharon, c'è il pericolo di trascendere e generalizzare, e coinvolgere gli ebrei come tali. E questo sarebbe un ulteriore drammatico arretramento della nostra epoca verso la barbarie anziché verso il cammino di civiltà.

Vittorio Amodeo


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  17 dicembre 2003