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Gli ebrei e i pogrom
di Vittorio Amodeo


Nel corso dei secoli il popolo ebraico ha subito vessazioni e persecuzioni di ogni genere: dalle torture dell'Inquisizione ai pogrom in tutta Europa, in Russia in particolare.
E' naturale che gli ebrei considerassero queste persecuzioni crudeli e ingiustificate: il fatto di essere minoranza, oltre a tutto in atteggiamento di sudditanza verso gli stati costituiti, non dava certo ragione a comportamenti vessatori da parte dei governi in carica.
C'è anzi da pensare che nella cultura e nel pensiero ebraico venisse elaborata una dottrina per una diversa convivenza, negli stati, tra minoranze e popolazione di maggioranza. Mentre subivano persecuzioni, si può ritenere che gli ebrei pensassero che tutto ciò non era giusto, e che se fossero stati loro in maggioranza (in un allora utopico stato ebraico) avrebbero trattato ben diversamente, e con altro spirito di tolleranza, le eventuali minoranze presenti.
Ignoro se una tale teoria sia stata elaborata. Purtroppo il comportamento della maggior parte degli ebrei nell'attuale stato di Israele sta a indicare che tale teoria non sia esistita o, se mai elaborata, sia stata del tutto dimenticata. Infatti lo stato di Israele, nell'attuale Palestina, tratta la minoranza araba palestinese con disprezzo e crudeltà, ben poco curandosi di quelle che possono essere le legittime aspirazioni vitali di ogni popolo (parlando di minoranza palestinese non mi riferisco tanto a proporzioni numeriche, quanto a una effettiva superiorità ebraica in tema di forza, organizzazione dello stato, ricchezza disponibile).
Nel 1969 il primo ministro Golda Meir affermò: “I palestinesi non esistono”. Il suo successore, il primo ministro Levi Eshkol, disse: “Dove sono i palestinesi? Quando arrivai qui c'erano 250.000 non ebrei (in realtà erano 750.000), in gran parte arabi e beduini. Era un deserto meno che sottosviluppato. Il nulla”. Il primo ministro Menahem Begin definì i palestinesi “bestie a due gambe”. Il primo ministro Yitzhak Shamir li definì “cavallette da schiacciare”. Questo è il linguaggio dei capi di stato, non della gente comune. Nel 1947 le Nazioni Unite divisero ufficialmente il territorio della Palestina, assegnandone il 55 per cento ai sionisti. Tempo un anno e questi ne avevano conquistato il 76 per cento.
Lo stato israeliano usa in modo spregiudicato la forza e la violenza contro la minoranza palestinese. Uccisioni indiscriminate di militanti e di civili (bambini compresi), rappresaglie, case distrutte, impediti i movimenti della popolazione, blocco delle attività economiche, insediamenti illegali di coloni ebraici in territorio palestinese. Il comportamento di Israele sembra stia a indicare che il rapporto tra lo stato e le minoranze non può che essere quello della forza e della sopraffazione.
Ma questo non è ciò che subivano gli ebrei in Europa? A mio avviso gli ebrei dovrebbero stare attenti ad adottare la teoria (e la pratica) dell'uso della forza, anziché del diritto, verso le minoranze: verrebbero, se non a giustificare, a rendere plausibili le lunghe persecuzioni da loro subite. Se i rapporti non possono che essere rapporti di forza, quando loro erano deboli era inevitabile subissero quanto hanno subito.
Credo che, al contrario, Israele potrebbe dare l'esempio di come rapporti differenti, basati sui diritti delle minoranze, sulla comprensione e il rispetto del diverso, infine sullo spirito di umanità, siano possibili anzi desiderabili: e come questi siano produttori di benessere, minori sofferenze e migliori prospettive rispetto all'uso greve della forza e dell'intimidazione.
Si può obiettare che il comportamento di Israele verso i palestinesi è causato dal loro ribellismo, a iniziare dalla seconda intifada esplosa nel 2000. C'è purtroppo il dramma dei giovani kamikaze che si fanno esplodere per terrorizzare Israele: ma questo è il dramma della disperazione di molti giovani palestinesi, che non vedono prospettive al loro futuro se non nella protesta estrema.
Molti ebrei, sia dentro che fuori Israele, non condividono la linea dura dell'attuale governo. Se gli attentati palestinesi sono frutto della disperazione, Israele – volendo – avrebbe la possibilità di attenuare questa disperazione. Concedendo libertà di movimento, giusti diritti di autonomia, cessazione delle operazioni militari, gli attentati suicidi diminuirebbero, e non aumenterebbero. Poiché l'uso della forza ha fallito lo scopo di rendere sicuro Israele, impiegare mezzi pacifici corrispondenti al diritto delle genti sarebbe prova di intelligenza, che agli ebrei non dovrebbe mancare.

Vittorio Amodeo

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  25 ottobre 2003