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Un Oscar per l'Europa
di Michele Casiraghi


La sera degli Oscar: Stupid White Men

Oscar
La sera della consegna dei premi Oscar, Michael Moore, regista di Bowling a Columbine e scrittore di Stupid White Men ha urlato nei microfoni “Una nazione irregolare ha prodotto un presidente immaginario, che ci ha condotto in una guerra inventata. Vergogna Bush, sei finito” (vedi il testo completo).
Bush sembra tutt'altro che finito, ma il resto della frase rispecchia la verità dei fatti. Cosicché, visti i brogli elettorali che hanno condizionato il successo di G.W. Bush, Moore invita l'Onu a ripristinare la democrazia nel proprio paese. Soltanto un paradosso?
Chi vuole saperne di più, legga il libro: aldilà del taglio spesso tipico dei radical statunitensi – condito qui, però, d'abbondante ironia - si troverà di fronte a un mondo grottesco, ma verosimile.

Democrazia e fondamentalismo Usa

Stupid White Men
Sempre Moore si diverte, in alcune pagine, a tracciare l'identikit, procedendo per interrogativi successivi sulle decisioni e gli atti legislativi adottati o trascurati, del miglior presidente repubblicano degli ultimi decenni. Risultato: Bill Clinton, che solo alla fine del suo mandato ha cercato di operare alcune inversioni di rotta. Fatto che la dice lunga sulla relativa consistenza della dialettica politica in atto in quel paese, nel quale il saldarsi delle tendenze antidemocratiche più o meno sotterranee sempre esistite con le teorizzazioni unilaterali e neoimperiali degli attuali apparati neoconservatori, ha oggi come esito una miscela estremamente pericolosa, che può produrre guasti gravi per la comunità internazionale. Manca infatti una reale dialettica sociale e politica, le differenze tra i competitors repubblicani e democratici si sono andate via via sfumando, la concentrazione delle grandi corporation è sostanzialmente intatta (Bill Gates docet…), cinque o sei gruppi controllano la grande maggioranza dei mass-media, l'85% dei cittadini si informa attraverso reti televisive la cui indipendenza dal potere economico e politico è dubbia: Fox è presieduta da un cugino di Bush e il rapido licenziamento del “mitico” Peter Arnett la dice lunga sulla residua autonomia CNN.

E' finita OGNI ideologia

Bowling a columbine 1
Fatto è che se non si accettano TUTTE le conseguenze della fine del bipolarismo Usa/URSS, ci si priva degli strumenti utili a comprendere il “mondo nuovo” che sta nascendo, come sempre tra lacerazioni, conflitti e travagli interni alle nazioni, e tra le nazioni e le loro organizzazioni.
La prima fra tutte è che, dopo la progressiva disgregazione e disfatta del mito ideologico sovietico, se non si arriva rapidamente ad una presa d'atto politica dell'essenza ideologica attuale del mito statunitense, il ruolo stesso dell'Europa e il suo assetto futuro rischiano di nascere, più che da un progetto consapevole, da occasionali e illusorie sommatorie di fatti e decisioni.
L'american way of life, in altri termini, è davvero un ricordo, e il fatto che molti commentatori e politici europei vi restino invece attaccati come cozze allo scoglio ricorda, in perfetta simmetria, quel che fecero politici e mass-media dei paesi satelliti dell'ex URSS, anch'essi comico/tragicamente abbarbicati a una proiezione ideologica per niente corrispondente alla realtà.
L'avversione strenua del Papa al capitalismo illiberale, che data da ben prima degli eventi iracheni, non è che la presa d'atto di questa necessità, urgente per la convivenza civile globale.

A sinistra: interpretare il nuovo

Bowling a columbine 2
Se non si interpreta e rappresenta il nuovo sentire politico comune che si è espresso, a proposito degli eventi iracheni, contemporaneamente nel rifiuto della guerra e dell'asservimento a qualsiasi ideologia, riducendolo invece a pacifismo illusorio, lo si perde, rinunciando in tal modo a quella che è, probabilmente, la leva più importante su cui costruire la nuova Europa, poiché accomuna pensiero religioso/spirituale e pensiero laico/sociale su alcuni temi di fondo.
Che questa capacità di nuova rappresentanza nasca da mutamenti dei tradizionali istituti (partiti, leader, governi…) o da altro, è un punto del tutto secondario rispetto al fatto che o ciò che questi soggetti chiedono trova risposta in tempi brevi, o assisteremo al loro ripiegamento, con quel che ciò significa in termini di democrazia dell'Europa allargata e delle sue istituzioni. Perché, dietro i sofismi apparenti che cercano di dirimere natura e ruoli delle nuove istituzioni europee, sta la realtà concreta di chi tende a interpretarle in senso restrittivo e di chi, al contrario, vuole enfatizzarne le componenti democratiche e partecipative. E questi ultimi sarebbero gli sconfitti. Se per evitarlo sono irrinunciabili anche passaggi di “diversificazione” e “ricomposizione” fra partiti e formazioni varie, utili a valorizzare forze nuove, è bene avvengano tempestivamente, non a tempo scaduto, quando sarebbero ormai masochismo puro.

Usa / UE: confronto globale per i mercati globali

Bowling a columbine 3
Come anche i recenti dati OCSE ribadiscono, siamo di fronte ad una quasi stagnazione globale, forse duratura. In questo contesto, il debito pubblico Usa - che, tra l'altro, si era retto sinora su fattori favorevoli assai particolari - ha raggiunto dimensioni tali da minare la dinamicità economica di quel paese, invece che sostenerla come ai tempi dell'equivalenza e inconvertibilità dollaro/oro, e della mancanza assoluta di monete concorrenziali come l'euro. Ora, il confronto avviene su basi più equilibrate, come dimostra l'apprezzamento costante di quest'ultimo. Lo stesso fenomeno dell'esibizione della strapotenza militare Usa assume luce diversa: come avevano lucidamente anticipato anni fa alcuni studiosi, probabilmente le strategie neoconservatrici non fanno altro che esplicitare la necessità di supplire con essa al declino di quella puramente economica. Inoltre, se si guarda ai potenziali mercati acquisibili, l'Europa gode di prospettive migliori, sia per la loro natura specifica (potenziali consumatori di beni non solo primari, quindi più remunerativi), sia per la capacità, più volte dimostrata, di allacciare relazioni politiche basate su un tasso maggiore di mutuo rispetto dei reciproci interessi e non su rapporti di dipendenza. Dopo l'Iraq, il confronto sostanziale che ci attende, quindi, sarà tra chi propugna una sorta di neocolonialismo ideologicamente mistificato e chi cerca di allargare l'area nella quale le proprie imprese possono operare e vendere in base a relazioni di scambio condivise dai contraenti e non imposte.

Egemonia dell'emergenza, egemonia dei diritti

Bowling a columbine 4
Gli schieramenti in questo confronto, le cui avvisaglie ci sono già tutte, non seguiranno probabilmente né i perimetri dei vecchi sistemi d'alleanza (cristallizzati negli attuali organismi internazionali) né quelli della geografia politica ed economica precedente, soprattutto in Europa e nel Sud America. L'Europa e i modi e i tempi del suo allargamento ne saranno inevitabilmente il cuore e da essi non si uscirà - e per una volta dò ragione al pragmatismo fintamente bellicoso di Giuliano Ferrara rovesciandoglielo contro - con l'appello ai buoni sentimenti e gli Amarcord sul ruolo degli Usa portatori di libertà. L'Europa arriva al confronto disarmata dal punto di vista militare, ma forte di un garantismo sociale e democratico per ora non interamente travolto, come quello statunitense, dall'ondata neoconservatrice. Lavoro, assistenza sanitaria, previdenza sociale, istruzione pubblica di qualità, governo dell'integrazione e rifiuto dell'emarginazione sono le sue armi per niente spuntate dal punto di vista dell'egemonia globale, poiché difendono esattamente gli stessi diritti che, negli Usa, sono invece andati sfumando da anni, senza che tutto ciò producesse né il promesso aumento del benessere diffuso né crescita del senso di appartenenza sociale (per questo, ci sono volute le Twin Towers, la guerra, il terrorismo…)

L'iperpotenza “nuda”: cominciano a scarseggiare le risorse

Bowling a columbine 5
Il re (gli Usa) è nudo, infatti, se deve incarnare il tentativo di rinnovare la propria egemonia in un modello economico apparentemente molto pragmatico e invece ricco di conrtraddizioni intrinseche , alla lunga sostenibile solo in in una logica di emergenza perenne - di cui Enduring freedom è la concreta testimonianza - cui chiamare a sostegno la comunità internazionale. Infatti le tasse devono calare (perché bisogna pur mantenere gli impegni presi con le lobbye elettorali), ma contemporaneamente le spese militari devono aumentare vertiginosamente (per far fronte al clima emergenziale chiamato a sopperire all'incapacità crescente di normale controllo politico) mentre il debito pubblico assume dimensioni allarmanti e il benessere di ampie fasce di cittadini diminuisce concretamente. Non a caso, oggi, gli Usa stessi bussano progressivamente e in modo discreto alle porte diplomatiche perché altri paesi e l'Onu concorrano, infine, a dare un qualche sostegno alle spese che comporta la loro supremazia, senza però metterla in discussione. Onestamente, mi pare, si tratta di un progetto politico che può esser paragonato ai tentativi geometrici di quadrare il cerchio…

La nuova Europa tra confronto e bon ton

Bowling a columbine 6
Sulla base delle avvisaglie - che datano a ben prima della questione irachena - il confronto Usa/Ue non sarà quindi un balletto diplomatico barocco pieno di moine, ma una rappresentazione fatta anche di pugni e schiaffi non sempre metaforici, nel corso della quale, il neoconservatorismo Usa non rinuncerà a utilizzare TUTTI gli strumenti possibili per conservare la propria supremazia. Prodi, da alcuni accenni che ha fatto, se n'è reso conto. I residuati dell'ideologia filo - atlantica hanno già fatto la loro scelta strategica di vassallaggio opportunistico improduttivo. Il centro-sinistra mi sembra ancora troppo attestato sul richiamo al bon ton tattico (ricucire, ricucire…), proprio mentre bisognerebbe allestire rapidamente strategie per il futuro e costruire il modo perché camminino. Infatti, la querelle in corso su Costituzione europea, ruolo della Presidenza, del Consiglio, della Commissione e del Parlamento ci dice che il processo è in una fase cruciale: gli schieramenti si vanno magmaticamente delineando. Comunque si risolva, questa querelle - probabilmente destinata a durare nel tempo ben oltre i suoi primi esiti formali - il rapporto Usa /Europa nato nel corso della seconda guerra mondiale e del dopoguerra è entrato definitivamente in crisi, né sopravviveranno immutati gli organismi sovranazionali che gli sono corrisposti.
Questo è il DATO da assumere, analizzare e tradurre in proposta politica.

Michele Casiraghi


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  24 aprile 2003