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Dopo Firenze
Continuiamo a farci del male o iniziamo a volerci bene?
di Sergio Civati e Paolo Confalonieri


Continuiamo a farci del male? Per dirla alla Moretti.
A quasi due anni dalla sconfitta elettorale, dopo le grandi manifestazioni di piazza dell'Ulivo e dei movimenti, dopo la riuscita iniziativa al Palasport di Firenze, la domanda si impone con preoccupazione e speranza.
Di fronte a noi abbiamo due possibili scenari: quello disegnato sull'Espresso da Pansa che prevede una stagione di disgregazione e scissione nel centrosinistra, con una sorta di resa dei conti tra “riformismo e radicalismo”, cosa che regalerebbe a Berlusconi altri vent'anni di assoluto dominio e governo del paese oppure l'apertura di una stagione nella quale sarà davvero possibile una complessa ma positiva prospettiva che preveda il rilancio del progetto dell'Ulivo.
Un progetto capace di fare sintesi tra il patrimonio politico maturato in questi anni e i radicali e urgenti cambiamenti necessari per la costruzione di un soggetto politico davvero partecipato.
E' allora innanzi tutto importante far cadere tutte quelle contrapposizioni che ci appaiono spesso false e strumentali, così come con coraggio vanno dibattute tutte quelle questioni che rimangono tuttora aperte.
In questa fase, è evidente che “nella pancia” del popolo dell'Ulivo e dei movimenti, sia radicata una diffusa e forte anima critica che riguarda l'attuale leadership dell'Ulivo e dei partiti del centrosinistra. Non ci si sente rappresentati nei “sentimenti” prima ancora che nei contenuti.
L'elettorato chiede alla politica di avere dentro di sé anche quel “cuore” necessario per sviluppare passioni e partecipazione; sentimenti che però debbono assolutamente coniugarsi con gli strumenti e la cultura della “ragione” se vogliamo davvero essere capaci di fare sintesi e di realizzare gli obiettivi che ci diamo.
Un altro noioso falso problema da superare è quello del prima il programma o prima la scelta dei leader.

Dall' “usa e getta” ad una grande squadra di leader

La storia della sinistra di questi ultimi anni e in particolare dell'Ulivo, si è contraddistinta per la diabolica capacità di proclamare prima, di usare poi, e di gettare infine i propri leader, uno dopo l'altro.
E' accaduto prima con Prodi, poi con D'Alema e Amato, oggi sembra giunto il tempo del “passaporto” per Fassino e Rutelli, domani magari chissà lo stesso trattamento per Cofferati.
Pensiamo invece, che i leader citati, anche se non esenti da responsabilità ed errori, debbano continuare ad essere “risorsa” per l'Ulivo. Errore maggiore, sarebbe quello di continuare in questo “gioco al massacro” delle migliori intelligenze ed esperienze che nella politica del centrosinistra e dei movimenti si sono espresse. Risorse utili per le loro capacità e per la rappresentatività delle diverse e legittime anime culturali e politiche presenti nell'Ulivo.
Questo vale per D'Alema, dopo che ha riconosciuto i propri errori sull'Ulivo, è legittimo che continui ad essere portatore di un proprio pensiero “riformista” e di governo; non è condivisibile una cultura un po' “giacobina” di chi lo vorrebbe in eterna condanna e penitenza.
Vale per Rutelli e Fassino, ai quali vanno comunque riconosciuti i meriti di una buona e unitaria campagna elettorale e gli sforzi fatti nel voler rilanciare la centralità dell'Ulivo, nel tenere unite le due maggiori forze politiche del centrosinistra; a loro semmai vanno addebitate le troppe timidezze e incertezze, con l'incapacità di accelerare il processo costituivo dell'Ulivo, rimasto tutt'ora alla sola pura intenzione.
Infine questo vale per Cofferati. E' fuori di dubbio, che possa rappresentare un nuovo leader aggiunto per l'Ulivo, perché è stato capace in questi mesi di porsi come anello di congiunzione tra forze politiche e movimenti, per l'accelerazione che sta oggi dando, al necessario e radicale rinnovamento dei partiti e della politica; resta però aperta nei suoi confronti la preoccupazione di capire se prevarrà il Cofferati della sua prima stagione sindacale, uomo di sintesi ed unità, oppure il Cofferati della sua ultima fase sindacale, nella quale pur con le indubbie ragioni di merito sui contenuti, ha non poco contribuito alla divisione e lacerazione sindacale in atto, non utile ai lavoratori e allo stesso Ulivo. Cofferati quindi come gli altri, risorsa importante per l'Ulivo, che come gli altri andrà misurato nei comportamenti e nelle azioni.
Sulla questione dei leader ci sono quindi due prospettive: o il loro carisma e talento verranno sprecati in una contrapposizione personale e politicamente strumentale, oppure per l'Ulivo la grande opportunità di aver un “gruppo di leader” che, nella loro diversità, si dedica a costruire insieme una causa comune.
Una cosa deve essere certa: la definizione delle leadership non potranno più passare dalle decisioni “verticiste” dei partiti e nemmeno da seppur simboliche “incoronazioni” dei movimenti come è avvenuto a Firenze.

Ulivo, opposizione e movimenti

Un'altra delle questioni che sembra appassionare le divisioni nel centrosinistra e nei movimenti, è quella che riguarda una supposta o reale “debolezza” dell'Ulivo nel fare opposizione.
Con tutti i limiti del caso, questa ci sembra davvero un'altra falsa contrapposizione, perché in parlamento si è fatta una forte opposizione su tutte le gravi decisioni del governo Berlusconi: giustizia, scuola, sanità, articolo 18, conflitto di interessi, Cirami, finanziaria e i suoi condoni.
Perché le piazze in questi mesi sono state riempite dall'Ulivo, dai girotondi, dal sindacato come da anni non succedeva nel nostro paese. E allora? Qual è la contrapposizione: è reale o strumentale in funzione di ben altri fini?
Affermare che stiamo facendo opposizione non significa eludere la questione, che è ancor prima culturale che politica.
Cosa si intende per opposizione? Limitarci a dire di no (sui diritti e le flessibilità, sui conflitti internazionali e sul terrorismo, sulle riforme istituzionali, eccetera) oppure significa essere nel contempo capaci di proporre progetti , come forza che intende per il futuro candidarsi al governo del paese? Proposte che se vorranno essere vincenti, dovranno avere il consenso della maggioranza degli italiani: questo richiede il massimo di sforzo per produrre proposte in grado di poter recuperare sia l'astensionismo a sinistra, sia quegli elettori moderati che oggi votano per Berlusconi.
E' quindi necessario rifuggire dalla facile e semplice tentazione (oggi molto diffusa nell'Ulivo) di limitarsi a “unire” tutti sul nemico comune, rischiando così di far passare una lettura e una cultura semplificata della realtà e della politica. Bisogna invece assumere tutti (leader ed elettori) la responsabilità e la fatica della “complessità”, della necessità di portare a sintesi, senza pregiudizi e demonizzazioni le diversità oggi esistenti nell'Ulivo.
Questo vale ad esempio riguardo alle questioni dei conflitti internazionali e del terrorismo, così come per le necessarie riforme istituzionali; temi per i quali nell'Ulivo convivono storie, sensibilità, proposte diverse e forse anche divergenti, ma sulle quali il dibattito va fatto ricercando indicazioni comuni. Nel caso questo non fosse possibile, non è più rinviabile il darci gli strumenti necessari di democrazia interna all'Ulivo, altrimenti continueranno a prevalere paralisi o contrapposizioni.
La democrazia nell'Ulivo è infatti uno dei problemi che da tempo tiene paralizzato la costruzione del soggetto politico.
Per un soggetto plurale e complesso (non unico) in costruzione, è comprensibile questa difficoltà iniziale ma non è più rimandabile la definizione delle “regole” che permettano di dare all'Ulivo, a livello nazionale come locale, la possibilità e la capacità di poter decidere ed essere rappresentativo.
Rispetto alla costruzione del progetto dell'Ulivo, in questi due anni si sono fatti alcuni grandi passi in avanti a livello intenzionale: nel riconoscere che è l'Ulivo il soggetto indispensabile per il futuro del centrosinistra, nell'affermare (seppure a “denti stretti”) che è necessario un Ulivo che preveda la presenza di tre componenti: i partiti, gli eletti, le associazioni degli elettori dell'Ulivo, nell'iniziare a parlare di decisioni a maggioranza e di primarie.
A queste indicazioni, è bene ricordare, non si è arrivati per volontà determinate e unitarie, ma solo per i sacrosanti “schiaffoni” di Moretti e dei girotondi, con la costituzione e diffusione in tutta Italia di Associazioni di Cittadini per l'Ulivo. E' altrettanto utile ricordare che chi oggi paradossalmente nel centrosinistra (in particolare le forze “minori”) cerca di “cavalcare” il consenso dei movimenti, sono gli stessi che per motivi di propria sopravvivenza “proporzionale” ha in questi mesi bloccato il processo di rinnovamento dell'Ulivo.
E' solo nella chiarezza della conferma e del completamento di un sistema e di un progetto bipolare, (messo in discussione da Berlusconi), che si può pensare a un Ulivo, come soggetto nel quale sia possibile sprigionare un processo partecipativo, certamente complesso, ma potenzialmente originale ed entusiasmante.
Qui si colloca infine, la delicata e fondamentale questione posta anche a Firenze del rapporto tra Ulivo, movimenti e domanda di partecipazione politica.
Chi proviene, come noi, da una militanza sindacale e associativa, sa bene come sia importante preservare l'autonomia dei movimenti rispetto ai partiti: i no global, i girotondi, il sindacato etc. non sono né dell'Ulivo né di Bertinotti, ma dei cittadini che autonomamente vi partecipano.
Come allora saldare autonomia dei movimenti con domanda di partecipazione alla politica, in questo caso nell'Ulivo? Una possibilità tradizionale consiste nell'impegno dentro i partiti del centrosinistra, contribuendo al loro rinnovamento; un'altra nuova opportunità è quella di poter partecipare alla vita delle associazioni dei “Cittadini per l'Ulivo” come luoghi nei quali sia possibile esprimere presenza, progettualità e protagonismo politico, ricercando insieme nuove forme e contenuti del far politica in maniera diretta da parte degli elettori.
E' quindi possibile “continuare a volerci del bene”… se saremo capaci quindi di far cadere strumentali contrapposizioni, far emergere vere reali risorse, individuare le questioni aperte.
Dai leader dell'Ulivo e da ognuno di noi, dipenderà se davvero questo progetto indicato avrà cuore e gambe per realizzarsi.

Sergio Civati e Paolo Confalonieri

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  15 gennaio 2003