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I Giudici di pace
di Franco Petrelli


Bilancia
Anche l'anno che si è appena concluso ha visto al centro del dibattito politico la questione giustizia. Lo ha ricordato, nel suo messaggio natalizio, il Presidente della Repubblica, che ha posto in evidenza la necessità che la durata del processo sia contenuta in tempi ragionevoli: principio, questo, accolto dalla Costituzione nell'art.111 nella sua nuova formulazione.
Consapevoli che la legittimazione del giudice risiede nella sua imparzialità e nella sua capacità di rispondere in modo corretto alla domanda di giustizia che sorge dai cittadini, i giudici di pace si sono sin dall'inizio impegnati per dare il proprio contributo, raccogliendo, anno dopo anno, significativi riconoscimenti. Anche il 2002 si è concluso in modo sostanzialmente positivo. E' sempre elevatissimo il numero di processi civili definiti dai giudici di pace in termini temporali accettabili, e del tutto marginale la percentuale di impugnazioni (in appello o dinanzi alla Cassazione) avverso le loro decisioni. Ma, soprattutto, i giudici di pace hanno continuato a dimostrare praticabile la strada di una giurisdizione fatta di attenzione agli interessi sostanziali reclamati dalle parti piuttosto che alle esasperazioni del formalismo, dando vita ad una cultura della giurisdizione più vicina ai bisogni dei cittadini. Non sono mancati – è ovvio - errori e distorsioni: ma mai in dimensioni tali da preoccupare, e comunque suscettibili di correzione.
L'attribuzione della competenza penale, che di fatto ha preso avvio soltanto nella seconda metà dell'anno decorso, è ancora troppo recente per poter consentire una documentata analisi. Mi sembra però si possa sin d'ora convenire sull'assiduità con cui i giudici di pace hanno seguito i corsi di formazione e sulla serietà del loro impegno nell'affrontare la nuova giurisdizione. Anche in questo campo, i giudici di pace hanno intuito la volontà del legislatore di privilegiare un approccio di politica criminale diverso da quello tradizionale, costruendo un ventaglio di sbocchi alternativi alla sentenza di condanna, tutti protesi alla ricomposizione del rapporto leso dall'illecito penale, e – ove a ciò non sia possibile pervenire - predisponendo un inedito impianto sanzionatorio, più mite ma effettivo.
Va ricordato che il giudice di pace è competente per una serie di delitti punibili a querela di parte, oltrechè per diverse contravvenzioni. Fra i primi, l'ingiuria, la diffamazione, le percosse, il danneggiamento, le lesioni volontarie con lesioni guaribili entro venti giorni, le lesioni colpose lievi, gravi e gravissime; fra le seconde, la guida sotto l'influsso di sostanze alcoliche o stupefacenti, l'omissione di soccorso, la messa in commercio di giocattoli o apparecchi medicali privi del marchio C.E. Come si vede, si tratta di un'ampia gamma di illeciti attinenti alla vita del quotidiano, e come tali particolarmente avvertiti dal cittadino comune. Per la prima volta la legge attribuisce alla vittima del reato la possibilità di adire direttamente il giudice senza la mediazione dell'autorità inquirente, conferendogli una sorta di azione penale. Il giudice è vincolato ad esperire un serio tentativo di conciliazione e – in caso di esito negativo - a valutare la possibilità di dichiarare estinto il reato a seguito di adeguati comportamenti riparatori, o non procedibile il reato laddove sia contraddistinto dalla particolare tenuità del fatto e dalla occasionalità e della condotta. Dunque, la pretesa punitiva dello Stato fa un passo indietro, riconoscendo priorità alla volontà della vittima e alla riparazione dell'interesse leso dall'illecito penale. Anche sul piano delle pene la legge rinuncia al tradizionale impianto sanzionatorio, tanto terrificante quanto velleitario (è noto che decine di migliaia di processi finiscono con la prescrizione), attribuendo al giudice di pace il potere di comminare sanzioni penali miti: la pena pecuniaria, la permanenza presso il domicilio, il lavoro di pubblica utilità. Ma non gli ha consentito di concedere la sospensione condizionale, rendendo effettiva la sanzione inflitta.
L'Ufficio del Giudice di pace di Monza si è attrezzato, fra i primi in Italia, per rendere operante la nuova giurisdizione. Con il completamento degli organici (da settembre 2002 il numero dei giudici di pace in servizio è passato a 25) il potenziale di lavoro si è notevolmente ampliato, tanto da lasciar presumere che anche il previsto aumento della competenza civile potrà essere assorbito senza problemi. Restano, invece, ed anzi si sono acuiti, i problemi logistici e quelli derivanti dall'insufficienza del personale amministrativo. Le esperienze fin qui condotte hanno confermato che il processo penale presenta una sua specificità rispetto a quello civile: la delicatezza della materia, la pubblicità del processo, la necessità di decidere immediatamente, richiedono al giudice doti di preparazione e di equilibrio di elevato livello. Finora, peraltro, l'attività si è svolta in modo soddisfacente, grazie anche alla piena collaborazione dei difensori e dei rappresentanti del Pubblico ministero.
Siamo convinti che anche il bilancio del 2003 risulterà sostanzialmente positivo: ne trarranno, i giudici di pace, stimolo per un sempre più responsabile ed efficace apporto al buon funzionamento del sistema giustizia; i cittadini, maggiore fiducia nelle istituzioni.

Franco Petrelli
Giudice di pace in Monza
Presidente onorario dell'Associazione Nazionale Giudici di pace


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  6 gennaio 2003