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da: Giuseppe Motta
inviato il: 24/12/01 22.01

Dino e Dina


Si chiamava Dino e il nome gli bastava. Usava il cognome solo per firmare documenti e lo premetteva al nome provocando così sorrisetti divertiti: la sua identità diventava infatti generica e nessuno credeva più vivesse in un "buco di paese" fatto di quattro case senza municipio, sperse in una campagna bellissima.
Col camion, che sarebbe diventato suo quando avesse finito di pagare le rate del "leasing", trasportava macchinari per trivellare e scavare pozzi.
 
Oggi la sua felicità supera la stanchezza: torna a casa dopo un mese ed è impaziente di condividere la sua gioia con la moglie e di consegnarle, come sempre, il frutto del suo lavoro. Anziché percorrere l'autostrada eternamente intasata, imbocca la vecchia stradina tutta curve, disegnata tra campi stupendi e boschi superbi.
Rivede con piacere il territorio della sua gioventù e le colline sulle quali a fine inverno raccoglieva mazzi di bucaneve.
 
Canta spensierato quando la sua attenzione è attratta da uomini all'opera in un grande spazio cintato da rete e filo spinato. Incuriosito, si ferma e scende dall'abitacolo per osservarli meglio. Tutti elegantemente vestiti di scuro portano ben in evidenza sulle giacche i cartellini dell'azienda per la quale lavorano: la S.B.A.L.
Ciò che più lo attrae è la loro attività: scavano buchi profondi, diritti o rotondi, larghi e perfetti come non ne ha mai visti. Affascinato dai buchi neppure si accorge che uno della S.B.A.L. gli si è avvicinato e lo saluta. Il lavoro è finito anche per lui e possono così parlare: dei buchi naturalmente, della velocità di scavo, perfezione di esecuzione, accuratezza di finiture. Si danno del tu, come vecchi compagni.
Viene così a sapere che l'attività è ininterrotta: una squadra scava i buchi, un'altra controlla la loro esecuzione a regola d'arte, una terza riempie i buchi scavati poche ore prima e l'ultima controlla che siano stati riempiti alla perfezione mentre altri ricominciano a scavare.
 
"Sono sbalordito", dice Dino.
"Tutti lo sono. Noi della S.B.A.L. lavoriamo proprio per sbalordire. Ci riusciamo sempre e siamo anche invidiati perchè la nostra è un'attività di grande soddisfazione".
"Ma non è noioso riscavare sempre gli stessi buchi ?", chiede Dino.
"Non sono sempre gli stessi !", si sente rispondere. "I buchi appena scavati li vendiamo in giornata e per questo dobbiamo scavarne sempre di nuovi. Quel che ci manca non sono i buchi nuovi ma la terra dove scavarli: infatti dobbiamo trasportarla qui anche dall'estero".
Dino ha un tuffo al cuore. Molti pensieri gli affollano contemporaneamente la mente.
"Li vendono !", continua a ripetersi.
 
Ha sempre avuto il desiderio di scavare un bel buco nel terreno ancora spoglio che circonda la sua rustica e modesta casetta, proprio vicino allo stenditoio del bucato ed ora, forse, il sogno può avverarsi.
"Scavano buchi da vendere !"
Pensa a Dina, sua moglie. Proprio domani compie gli anni. Potrebbe regalarle un bel buco della S.B.A.L. Ha in tasca il guadagno di un mese di lavoro e, pur non avendo le mani bucate, è disposto a spenderli tutti per far felice la persona che ama. Immagina già la gioia della sua Dina per il dono inaspettato, le lacrime per la sorpresa, l'abbraccio affettuoso e poi, a tavola, i suoi favolosi bucatini. E il "leasing" ? Al massimo non paga qualche rata.
 
"Me ne potete vendere uno ?", chiede, mentre già gli addetti del terzo turno si apprestano a riempire i pochi buchi rimasti."
In un attimo si conclude. Il contratto, predisposto dalla S.B.A.L su moduli fitti di clausole, viene sottoscritto da Dino col cognome (sempre quel dannato cognome !) ed il nome.
Il gruzzolo se ne va tutto: prezzo, iva, bolli, marche, registrazione, spese accessorie, oneri vari. Dino imbuca nella tasca del dipendente della S.B.A.L. anche un congruo compenso per il disturbo, la gentilezza e perchè ... non si sa mai di aver bisogno ancora.
 
Il buco, issato dai dipendenti della S.B.A.L. sul pianale del camion, è tanto grosso che ci sta appena.
Soddisfatto per l'affare concluso, Dino si rimette in moto. E' tardi, i fari fendono l'oscurità, la strada è una curva dopo l'altra ma lui, impaziente di arrivare a casa col suo carico, accelera la corsa.
All'uscita da una curva a gomito, uno scossone fa sussultare il camion ed un tonfo fa tremare Dino. Frena da lasciare strisce sull'asfalto; blocca il camion; si precipita giù dall'abitacolo: "Maledizione ! Il buco non c'è più !"
Disperato, corre indietro a cercarlo: è buio pesto, non vede che è proprio in mezzo alla strada, ci cade dentro e muore.
 
Il buco potrebbe anche essere lasciato lì dove è caduto, in attesa che altri sbuchino dalla curva, ma la S.B.A.L., subito informata, lo recupera e trasporta nel luogo del suo scavo per riempirlo e riscavarlo.
 
La disperazione di Dina è immensa ma la S.B.A.L. viene in suo aiuto proponendole di acquistare un buco più piccolo, lungo, stretto, rettangolare: proprio quel che ci vuole per contenere la salma. Dina accetta a malincuore e paga la S.B.A.L.
Il funerale è modestissimo, di carità: un solo manifesto ma con le generalità complete del defunto:
 
Citta Dina piange CITTA DINO caduto in un buco S.B.A.L (Silvio Berlusconi Al Lavoro).
 
Alcuni amici consigliano Dina di far causa alla fabbrica dei buchi ma due bucanieri che frequentano il Ministero dei Buchi la dissuadono: "Vinta la causa non riusciresti mai a farti pagare neppure un soldo bucato".
Dina rinuncia così ad ogni pretesa nei confronti del bucolico acronimo che trasformerebbe volentieri in altro che non si può dire".
  
Giuseppe Motta