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Obiettivo Parco
di Giuseppe Pizzi


abitanti 1 - il signor Farina dei molini Asciutti
il signor Farina dei Molini Asciutti

Ancora per pochi giorni (fino al 1° ottobre) si può visitare, davanti al Mirabello, la prima delle quattro rassegne fotografiche su cui si articola il progetto “Obiettivo Parco”. Introduce la curatrice del progetto Martina Corgnati: “Il parco è una realtà essenzialmente naturale e, come tale, soggetto a trasformarsi visivamente in modo significativo in rapporto al ciclo della natura. Questo passaggio progressivo e ciclico, dall'esuberanza estiva di colori e di forme all'austerità invernale, non è però mai stato raccontato in modo sistematico in un progetto fotografico unitario. Oggi questo vuoto si riempie grazie a un intervento che, attraverso gli occhi di quattro fotografi internazionali e quaranta studenti universitari, accademici e di corsi superiori d'arte e di fotografia, offrirà una visione completa del parco non solo nello spazio ma, soprattutto, nel tempo”. L'intento programmatico è esplicito, quattro fotografi di fama internazionale sono chiamati a puntare il loro obiettivo sul parco nei quattro successivi periodi dell'anno, dall'estate del 2006 alla primavera 2007, così da documentarne l'evoluzione stagionale, ognuno con dieci immagini.

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abitanti 3 - alla cascina San Giorgio

Il primo ad affrontare il tema, o meglio, ad andare intelligentemente e provocatoriamente fuori tema è Ron Nicolaysen, americano. Nicolaysen viene da New York, e nel parco di Monza scopre con stupore, ma è uno stupore nutrito di interesse sociologico, di essere immerso in qualcosa di strutturalmente e funzionalmente diverso dal Central Park. Capisce di non trovarsi in un giardino pubblico, la cui ragion d'essere, per grande e vario che sia, si esaurisce nella ricreazione fisica e mentale dei cittadini che lo frequentano e che senza visitatori inselvatichirebbe e morirebbe, avverte che nel parco di Monza il jogging e l'equitazione, i pic nic domenicali e le escursioni naturalistiche delle scolaresche invadono e rischiano di sopraffare una sottostante e sopravvivente realtà storica, culturale, economica, umana. Invece di compiacersi esteticamente dei suoi aspetti “essenzialmente naturali”, Nicolaysen nota con curiosità che il parco è ancora abitato: “I parchi di New York non sono più abitati da oltre 150 anni e anche allora gli unici “residenti” erano squatter - abitanti abusivi-. Ciò che mi ha colpito di Monza e del Parco è stata questa comunità, fuori dal normale spazio e tempo, che mi è sembrata sopravvivere all'interno di regole proprie”.

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Così, l'occhio di Nicolaysen non ci prova nemmeno ad andare alla ricerca di “una visione del parco non solo nello spazio ma, soprattutto, nel tempo”, trascura lo spazio-natura e ignora il tempo-stagione per fissarsi sulla gente del parco, quella che ci vive, non quella che ci passa, e riprenderla nella sua quotidianità domestica e lavorativa, che nulla suggerisce del suo rapporto con la natura circostante e col suo mutevole aspetto. Ne esce una galleria di ritratti impietosi, donne e uomini in età avanzata, facce senza sofferenza e senza gioia, figure segnate dal tempo, che si offrono in posa nel loro ambiente precario e disadorno, in stanze dal lavello incrostato, su solai sconnessi e polverosi, sotto porticati ingombri di masserizie sgangherate. Unica eccezione, espressione di una residuale speranza di salvezza, il corrucciato allevatore di bovini della cascina S. Giorgio, uomo ancor nel vigore dell'età, ripreso in una stalla modernamente meccanizzata insieme ad un bell'esemplare di vacca da latte.
Le foto di Nicolaysen denunciano e interrogano con una eloquenza forte, diretta, sintetica. Ci dicono, a noi che lo frequentiamo senza percepire il pericolo che sta correndo, che il parco sta perdendo una delle sue connotazioni identitarie, ci obbligano a rendercene conto e ci chiedono se è proprio questo che vogliamo, e se abbiamo idea di che cosa diventerà, dopo.
A questo yankee, che è venuto a sbatterci in faccia quello che, pur avendolo sotto gli occhi, non sappiamo o non vogliamo vedere, va la nostra ammirazione e la nostra gratitudine.

Giuseppe Pizzi

Il dibattito su Piazza d'Uomo

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  25 settembre 2006