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I paralipomeni della cadregonomachia
Giacomo Correale Santacroce


Il dibattito sull'inserimento nel Parco in pianta stabile della scultura “Lo Scrittore” è servito, se non altro, a mettere in luce un contrasto di fondo tra due visioni profondamente diverse sul futuro della Villa e del Parco.
Per semplicità darò un nome alle due visioni, e cioè:

VISIONE “CLASSICA”, nel senso proprio della parola, cioè una visione che ha come obiettivo l'elevazione spirituale dei frequentatori del monumento, puntando sui valori estetici artistici e naturalistici (in linguaggio naturale, sulla bellezza) .

VISIONE “FUTURISTA”, anche questa nel senso proprio di quel movimento del secolo scorso che aveva come mito il “nuovo” come valore fine a sé stesso (il che non significa che non abbia prodotto, in contraddizione con sé stesso, anche valori estetici).

Queste due visioni sono per molti versi incompatibili, e possono portare Villa e Parco verso futuri radicalmente diversi.
Il programma Faglia “Viva Monza più viva”, nella parte relativa a Villa e Parco, appare bifronte e ambiguo: da una parte le enunciazioni di principio rispondono sostanzialmente alla visione Classica, dall'altra le indicazioni operative contengono elementi della visione Futurista.
Vediamo quali sono alcuni tra gli elementi che più caratterizzano le due visioni.


VISIONE “CLASSICA”.

Parte dalle indicazioni che studiosi della Villa e del Parco, storici dell'arte e naturalisti, hanno fornito in modo convergente con numerosi studi e convegni dedicati all'argomento: queste indicazioni ci dicono che la Villa e il Parco hanno conosciuto un periodo di splendore che parte dai tempi del Cardinale Durini (Mirabello), passa per il periodo austriaco (costruzione della Villa Reale) e arriva a quello napoleonico (realizzazione del Parco).
Questa visione converge in particolare nel giudicare gli eventi del secolo scorso, verificatisi dopo il regicidio (spoliazione della Villa, realizzazione dell'autodromo nel Parco, affittanze varie) come causa dello stravolgimento del monumento, della sua quasi-morte, dell'attuale gravissimo degrado.
Chi segue questa visione non si chiede prima di tutto: “Che cosa facciamo della Villa e del Parco?”, bensì: “Cosa possiamo fare per la Villa e per il Parco?”.
E' cioè convinto della possibilità e necessità di operare un grande e permanente restauro di Villa e Parco, per riportarli con pieno diritto nel novero dei più importanti monumenti analoghi presenti in Europa.
Considera le destinazioni originarie della Villa e del Parco, come luoghi di rappresentanza, di ospitalità, di godimento estetico e naturalistico, e per quanto riguarda il Parco di attività produttive agricole e forestali esemplari, come destinazioni del tutto rispondenti anche alle esigenze attuali (ad eccezione della caccia), con la sola differenza dei destinatari: aristocratici a suo tempo, le migliaia di cittadini che vi si recano ogni settimana al giorno d'oggi.
Ritiene che, almeno in questa fase e per lungo tempo, si debba seguire una strategia del “levare”, piuttosto che del “mettere”. Levare il golf, levare il tennis, contenere l'autodromo entro gli spazi attuali riportando al Parco spazi e installazioni inutilizzate (vedi pista per l'alta velocità).
Considera quindi l'immissione di ogni cosa di nuovo e di stabile nel Parco come una prassi negativa, specie se frutto di proposte o donazioni occasionali e legate ad interessi estranei a quelli del monumento (“Timeo Danaos et dona ferentes…”); una prassi da evitare finché il Parco non sia stato riportato a una gestione e a una strategia coerente ed organica e agli antichi splendori. Qualsiasi immissione perpetua la logica dell'autodromo, del golf, delle giostrine, dei giochi di plastica per bambini, di chissà che cosa verrà in mente in futuro.
Considera positivamente iniziative e manifestazioni artistiche e naturalistiche di forte richiamo compatibili con la natura del monumento, come gran parte di quelle che si sono svolte per le celebrazioni del bicentenario del Parco.
Considera positivamente le attività ludiche e sportive nel Parco, agevolando quelle che tuttora si svolgono (jogging, ginnastica, equitazione , cicloturismo, pattinaggio, giochi di bambini e di grandi, raduni, allenamenti e giochi di squadra se non dannosi, eccetera), purché per diletto e rispettose dell'ambiente. Considera invece incompatibili con il monumento le attività sportive organizzate e richiedenti ingombranti strutture specialistiche permanenti.
Se la sopravvivenza dell'autodromo con la sua attuale destinazione dovesse essere compromessa dal divieto ad ampliarne l'area, chi aderisce alla visione Classica ne cambierebbe la destinazione piuttosto che concederne l'ampliamento.
Ritiene che la forma giuridica migliore per gestire efficientemente ed efficacemente la Villa e il Parco sia quella di una Fondazione, e che non si debba quindi contare sul tornaconto dei privati.
Ritiene che la gestione del monumento possa essere finanziata con fondi pubblici, contributi di mecenati, sottoscrizioni pubbliche, proventi dai visitatori della Villa e dei Giardini, e da programmi di eventi capaci di attrarre un vasto pubblico e di generare, in questi casi, anche sponsorship private.

Questa visione è prevalente nell'opinione pubblica informata, consapevole del grande valore della Villa e del Parco, e di orientamento ambientalista.
A livello di istituzioni proprietarie (Regione, Comune di Milano, Comune di Monza, Sovrintendenza ai Beni Culturali) questa visione è condivisa in linea di principio da tutti, fatta eccezione per il Comune di Milano, ma contraddetta spesso nei comportamenti e nelle decisioni.


VISIONE “FUTURISTA”

Ignora (deliberatamente, per scelta consapevole o per vera e propria ignoranza) le indicazioni di esperti, storici dell'arte e naturalisti. Secondo questa visione gli eventi del novecento vanno “storicizzati”. In quest'ottica, anche le sopraelevate diventano ruderi da tutelare.
Chi segue questa visione non si chiede prima di tutto: “Cosa possiamo fare per la Villa e il Parco” , bensì “Che cosa facciamo della Villa e del Parco?”.
Non crede nella possibilità di riportare Villa e Parco nel novero dei più prestigiosi monumenti analoghi in Europa. Crede quindi che Villa e Parco di Monza debbano cercare una loro nuova ragion d'essere, ma non sanno quale sia o non lo vogliono dire.
Ritiene che, dopo due secoli e mezzo, le concezioni e le destinazioni originarie della Villa e del Parco non rispondano più alle esigenze della civiltà moderna. Occorre quindi inventare nuove funzioni, anche se non è chiaro quali.
Persegue la logica del “mettere”, anziché quella del “levare”. E' quindi alla continua ricerca di qualcosa di nuovo da inserire nella Villa e nel Parco, esponendoli così ancora ai colpi di mano di interessi estranei. Non sarebbe una sorpresa se la visione Futurista ci riservasse qualcosa di nuovo e di peggio rispetto a “Lo Scrittore”, magari frutto di una nuova donazione (“A caval donato…”) o di una nuova “proposta geniale” d'importazione (da Milano, Roma, Londra…).
Chi sostiene consapevolmente o meno la visione Futurista considera positivamente, nell'ottica del “mettere”, le attività sportive organizzate. Quindi, non soltanto autodromo, golf, tennis non sono considerate veramente incompatibili; al contrario potrebbero rientrare in una politica di “zonizzazione ” del Parco per attività sportive organizzate (ovviamente e prima di tutto il calcio), e per attrezzature ad hoc per i diversi sport e giochi per bambini e adulti. In questo caso, la visione Futurista tende a concepire il Parco alla stregua di un giardino pubblico o di un'area per attività sportive moltiplicato per mille.
Nel caso in cui la sopravvivenza dell'autodromo richiedesse un ampliamento dell'area occupata, alla fine si dimostrerebbe che non se ne può assolutamente fare a meno.
Ritiene che la forma migliore per gestire efficientemente il Parco sia quella di una società di diritto privato, per poter coinvolgere interessi privati, che perseguirebbero ovviamente il loro tornaconto economico.
Ritiene quindi che per finanziare la gestione si debba far leva anche su questi interessi, e che quindi i programmi di valorizzazione del monumento debbano tenerne debito conto.

Questa seconda visione è prevalente nell'opinione pubblica disinformata, poco consapevole del valore della Villa e del Parco, del Duomo, della Corona Ferrea, della storia e della vera identità di Monza, e in quella che considera l'autodromo come la cosa più importante della città, il suo vero emblema. Indiscusso il Comune di Milano.
Tuttavia è presente anche a livello regionale (ad esempio con l'eccesso di rilievo dato alle funzioni di rappresentanza), a livello di Sovrintendenza (che considera le sopraelevate come “storicizzate” e quindi meritevoli di tutela), e purtroppo anche nel Comune di Monza e, è lecito temere, proprio ai vertici di esso.


Queste due visioni si scontreranno sicuramente in occasione delle scadenze delle convenzioni con l'autodromo e con il golf. Soluzioni di compromesso saranno inevitabili (in particolare, non è pensabile l'estromissione dell'autodromo).
Ma sarà importante valutare l'orientamento di fondo di tali compromessi: se costituiranno inevitabili fasi transitorie del percorso che dovrà portare alla realizzazione della visione Classica, o se piuttosto si riveleranno come ulteriori passi verso il consolidamento e la legittimazione, sinora non esplicitamente sostenuta da nessuno, della visione Futurista.

Giacomo Correale Santacroce


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  9 gennaio 2006