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la cattedra di elia


La cattedra di Elia a Bari
a cura di Primo Casalini


Nel mese di marzo dell'anno 1087 alcuni mercanti di Bari trafugano le spoglie di San Nicola a Mira nella Licia, regione dell'Anatolia da poco caduta nelle mani dei saraceni. A maggio le reliquie giungono trionfalmente a Bari e sono accolte da Elia, l'abate del monastero benedettino, mentre il vescovo Ursone è assente dalla città perché si trova a Trani. Quando Ursone torna, rivendica le reliquie per la cattedrale, ma Elia rifiuta di consegnarle. Nasce un contenzioso dei frati con il vescovo, risolto dal duca Ruggero che offre, per la costruzione di una nuova chiesa che ospiti le reliquie, il cortile del palazzo del Catapano (governatore), abbandonato dai bizantini durante le lotte per l'affermazione del comune.

il pavimento musivo attorno alla cattedra

Così, e siamo ancora nel 1087, viene fondata la chiesa di San Nicola a Bari, che verrà consacrata solo nel 1197, quindi più di cento anni dopo. Nei primi anni i lavori procedettero con intensità, perché Elia alla morte di Ursone diviene vescovo di Bari, e nel settembre 1089 fa trasportare i sacri resti nella cripta della nuova chiesa, alla presenza del Papa Urbano II e dei duchi normanni Ruggero e Boemondo. Ma alla morte di Elia, nel 1105, la basilica è tutt'altro che ultimata, difatti una bolla papale del 1106, oltre a dichiarare che la basilica dipende dalla Santa Sede, la definisce “aedificanda” quindi ancora da costruire - almeno in parte – e “mox futura ecclesia”. Al posto di Elia diviene vescovo Eustasio, anche lui abate benedettino, che dirige attivamente i lavori fra il 1105 ed il 1123: si completano la navata trasversale e l'altare maggiore. Dopo la scomparsa di Eustasio iniziarono una serie di traversìe, causate specialmente dalle lotte delle fazioni politiche e religiose nella città di Bari, e per fortuna alla basilica fu risparmiato il saccheggio che Guglielmo il Malo inflisse a Bari nel 1156. Solo il 22 giugno 1197 si giungerà alla solenne consacrazione della basilica, alla presenza di Corrado, vescovo di Hildesheim.

i tre telamoni

Riguardo la basilica di San Nicola ci sarebbe tanto da dire, ma mi limito a due cose: il suo singolare aspetto di fortezza, che costituirà un modello per altre chiese della Puglia, e l'incrocio generalmente armonioso di influenze culturali ed artistiche molto diverse: l'antichità classica, l'arte bizantina, quella islamica, alcune caratteristiche normanne e le grandi novità dell'arte lombarda e tolosana (Saint Sernin). “Lombarda” ha un significato geograficamente vasto, occorre ricordare che i più grandi capolavori sono quelli di Lanfranco e Wiligelmo a Modena e le opere di Nicholaus alla Sacra di San Michele - il Portale dello Zodiaco - a Ferrara, Piacenza e Verona: si tratta dell'arte dell'Italia settentrionale, insomma.

Mi soffermo invece sulla singolare cattedra di Elia, ed è il caso di leggere con attenzione ciò che è scritto nel terzo gradino dell'altare maggiore della chiesa: “Ut pater Helias hoc templum qui primus egit, quod pater Eustasius sic decorando regit”.
E' una scritta contemporanea ai lavori che Eustasio con solerzia stava conducendo e stabilisce un chiaro nesso fra l'attività di Elia e quella del successore Eustasio, come se il periodo fra il 1089 ed il 1123 fosse uno solo. Ed è una scritta importante anche per la datazione della cattedra, di cui è opportuno dare una descrizione d'assieme.

la leonessa e la testa d'uomo

La cattedra è scolpita in un unico blocco marmoreo: sopra c'è il seggio con lo schienale ed i braccioli mentre in basso ci sono sul davanti tre figure che sorreggono il seggio e nel retro due leonesse che azzannano la testa di un uomo: c'è inoltre un suppedaneo retto dalle statue accosciate di due leoncini. Lo schienale ha forma triangolare e di esso fa parte una decorazione a colonnine con capitelli a forma di pomi circolari; sui fianchi dei braccioli c'è un lavoro a traforo con motivi di petali in una cornice liscia, circondata da una fascia decorativa a girali ed a fiori. E' quindi evidente l'ispirazione all'arte classica ed all'arte bizantina da parte di un notevole artista presumibilmente locale.
Ma le sculture che sorreggono la cattedra mostrano una espressività vigorosa e drammatica, una tensione formale che richiama l'arte di Wiligelmo e delle cattedrali dell'Aquitania, in particolare di Saint Sernin. Il passaggio dalla parte superiore a quella inferiore viene scandito dalla seguente iscrizione a lettere lunghe e strette: “ Inclitus atque bonus sedet hac in sede Patronus, Praesul Barinus Helias et Canosinus”. Questa esaltazione di Elia, vescovo di Bari e di Canosa, fa pensare ad una datazione assai vicina alle opere di Wiligelmo, e comunque precedente il 1105. Sembrerebbe incredibile, se non si considerasse che siamo nel tempo dei grandi pellegrinaggi e delle crociate, in cui le informazioni sulle novità dei santuari si trasmettevano assai rapidamente anche a notevoli distanze. Gli artisti erano pure loro pellegrini itineranti perché ne traevano una grande convenienza personale, sia nell'apprendimento sia nella acquisizione di nuovi ed importanti lavori, e l'arte quindi si divulgava attraverso le vie che facevano capo alle chiese ed ai monasteri.

decorazione del bracciolo

Si tratta quindi di una componente lombarda ed oltremontana portata da Nord a Sud nei pellegrinaggi, e comunque l'esecutore che in loco ne ha tenuto conto è di suo un grandissimo artista. I leoni che sbranano la testa umana ed i tre telamoni sofferenti hanno un significato simbolico molto chiaro: la malvagità del mondo e le sofferenze che ne conseguono. Delle tre figure quella centrale è vestita, con una abbigliamento che fa pensare ad un crociato pellegrino - ha il capo ricoperto da un elmo - le altre due seminude e disperate hanno fatto pensare che si trattasse di figure di saraceni sconfitti. L'ambito è quello di un rigoroso naturalismo e non ci potrebbe essere contrasto più forte con la decorazione così armoniosamente classica della parte superiore della cattedra. Contrasto, ma nessuna stonatura, perché il significato simbolico è coerente con le diversità nella rappresentazione e la qualità artistica non mostra cadute in nessuna parte della cattedra, comprese le leonesse ed i leoncini del suppedaneo.
Attorno alla cattedra c'è un magnifico pavimento musivo con monogrammi cufici, cioè con caratteri arabi antichi. E' probabilmente un lavoro di artigianato arabo-siculo, e nei monogrammi qualche studioso ha rintracciato il nome di Allah. Se si ricorda l'aspetto di fortezza che ha la struttura esterna della basilica si nota l'incontro di tutte le culture di cui si accennava prima, comprese quella araba e quella normanna.

telamone      telamone

Esiste però un'altra interpretazione sulla data della cattedra. Si sostiene che a suo modo la cattedra è un “falso documento” eseguito attorno al 1150 allo scopo di ottenere dalla Santa Sede il riconoscimento della basilica come sede vescovile. Questo sarebbe il senso della scritta laudativa di Elia “Praesul Barinus” e l'artista sarebbe stato un pugliese formatosi fuori, a diretto contatto con l'arte settentrionale ed oltremontana e tornato espressamente a Bari. Non esistono documenti comprovanti questa ipotesi, che ha una sua acutezza e che permetterebbe di superare l'eccezionalità di una datazione così precoce, mentre così ci sarebbe stato tutto il tempo per maturare le conquiste artistiche della fine del secolo precedente. Ma in tal caso la decorazione della parte superiore della cattedra avrebbe potuto anch'essa essere diversa, meno vicina alla antichità classica. L'argomento più forte a favore di questa tesi è che la cattedra ha più l'aspetto di un monumento a sé stante che di un seggio vero e proprio, come sarebbe stato più plausibile in una realizzazione fatta eseguire direttamente da Elia. Però recenti scoperte e ritrovamenti comporterebbero la possibilità che alla fine dell'XI secolo in Puglia esistesse già una cultura artistica assai aggiornata, e questo sarebbe un argomento a favore della ipotesi tradizionale. Ma per noi, fruitori emozionati di una tale meraviglia, non fa molta differenza che la cattedra di Elia sia stata eseguita cinquant'anni prima o cinquant'anni dopo. Certamente, al di là della interpretazione simbolica, della malvagità del mondo e delle sofferenze conseguenti, per secoli chi la vedeva trovava in essa una espressione diretta di una situazione di sofferenza reale, naturalisticamente espressa, ed è così ancor oggi per noi: una emozione così umanamente forte ce la trasmettono solo le opere di Wiligelmo e, molto tempo dopo , la grande scultura gotica dei pulpiti di Giovanni Pisano.

telamone            telamone



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  15 novembre 2004