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In memoria di Aldo Juretich
Passato per l'inferno di Goli Otok
Umberto De Pace


Goli Otok
Goli Otok

Domenica 5 novembre è morto Aldo Juretich. Cittadino monzese nato a Fiume negli anni '20, in quelle terre del confine orientale dove, per usare le parole dello storico Guido Crainz, la rimozione del dramma “ … è stato il nostro modo di rimuovere la più generale storia di cui esso fa parte, collocata com'è fra tensioni e conflitti di lungo periodo, l'incubo del nazismo, le macerie materiali e ideali della guerra, e i processi traumatici di costruzione di un'Europa divisa.”
Aldo Juretich questo dramma lo aveva vissuto tragicamente nei ventidue mesi passati nel gulag che il regime comunista jugoslavo di Tito tenne aperto a Golj Otok (l'isola Calva) dal 1948 al 1956. In quest'isola dell'arcipelago del Quarnaro furono deportati i detenuti politici, per lo più anch'essi comunisti, e lì costretti a un lavoro massacrante nelle pietraie, sottoposti alla tortura, alle bastonate, alle umiliazioni, alla fame. Ma la ferita più grande Aldo la portò per sempre nel suo cuore; come poteva accadere tutto ciò? Ma soprattutto, come potevano le stesse vittime diventare a turno carnefici dei loro stessi compagni?

E' nel 1948 che si consuma la rottura fra Tito e Stalin e subito dopo parte in Jugoslavia la caccia al “cominformista”, cioè a tutti quei comunisti che scelgono di stare con l'Unione Sovietica di Stalin. Fra di essi molti i comunisti italiani e con loro quelli monfalconesi che in duemila, nei primi mesi del 1947, abbandonarono i cantieri navali di Monfalcone per cercare lavoro nella Jugoslavia socialista. Una storia di idee e uomini che Claudio Magris, nel 1990, definì una “sanguinosa nota a piè pagina della storia universale”. Nel 1987 ce ne lasciava testimonianza Milovan Gilas – guida, a fianco di Tito, della resistenza jugoslava – nel suo libro “ Se la memoria non mi inganna …Ricordi di un uomo scomodo 1943-1962” dove racconta, nel capitolo dedicato a Golj Otok, di “coercizioni, pressioni torture inimmaginabili e inaudite”. Nel 1991 è lo storico Giacomo Scotti a raccontarci nel suo libro “ Goli Otok. Italiani nel gulag di Tito” il girone dantesco in cui finirono, fra gli altri, anche molti italiani. Attraverso una raccolta di testimonianze, ricordi e documenti ufficiali, Scotti stima che furono circa 30.000 i detenuti politici che passarono per Goli Otok e che quasi 4000 lì morirono per stenti e torture. Nel luglio 2004 Aldo Juretich torna sull'isola con Gino Kmet, anch'egli ex-deportato nel lager comunista, per accompagnare il giornalista scrittore Marco Coslovich. Gino Kmet, rimettendo piede sull'”Isola Calva” ricorda come nel gelido inverno del '49, insieme ad altri duecento, corressero nudi lungo la via che conduceva al campo sotto i colpi dei “veterani”, mentre la strada grondava rosso sangue al loro passaggio. Se lo ricorda bene anche Aldo il “topli zec”, il trattamento della “lepre calda”, riservato ai nuovi arrivati.

Goli Otok
Goli Otok - foto Alberto Simalan

Ho avuto modo di conoscere la storia di Aldo per caso, scoprendolo protagonista dell'opera teatrale “Goli Otok. Isola della libertà”, in anteprima lo scorso settembre al Teatro della Cooperativa di Milano. “In questi anni ho avuto la possibilità e l'onore di apprezzarne lo spessore umano davvero raro. Le avversità non hanno mai piegato la sua incrollabile fede nei valori della democrazia, della libertà e della fratellanza; valori per i quali ha dedicato la sua vita e sacrificato gli anni più belli. Poche persone sono sempre presenti come Aldo nel nostro impegno quotidiano. Ma ci mancherà la sua saggezza mai convenzionale, i suoi consigli, la mitezza del suo ragionamento”. E' con queste parole che il regista Renato Sarti ricorda l'uomo a cui, tra l'altro, era legato da una profondissima amicizia; non si può dargli torto ascoltando direttamente le parole di Aldo nella sua breve testimonianza rilasciata nel trailer del documentario “Il tramonto di Spartaco”, presentato alla 18° edizione del “Trieste Film Festival”: “Abbiamo vinto una volta sola nella nostra vita, quando ci hanno messo in galera” – e poi ancora “ Noi da questo usciamo puliti, gli altri, chi ci ha fatto questo, no”. Si, Aldo è uscito “pulito” dall'inferno di Golj Otok senza mai sottomettersi alla gogna del “revidirci” – il ravvedimento – grazie al quale il prigioniero doveva rivedere la propria posizione, denunciando i propri compagni, amici, a volte fratelli, figli o padri. Una volta uscito però lo aspettava un secondo inferno dettato dal completo isolamento nella società in cui rientrava, suggellato dalla firma estorta sul quel documento in cui i sopravvissuti dichiaravano che mai avrebbero fatto cenno alla loro storia. Goli Otok non doveva esistere, e con Goli nemmeno loro. Vissero per anni nel terrore e nell'isolamento totale, a volte anche da parte dei propri cari. Il silenzio d'altronde si imponeva per non rischiare di coinvolgere parenti e amici in quella spirale di sospetti che durò decenni, persino dopo la morte di Tito. Aldo raccontava che: “Una volta che sei finito nelle grinfie della polizia segreta quella non ti molla”, mentre sua moglie Ada aggiungeva che: "Il dubbio è più forte della certezza" – donna pure lei di enorme spessore come ci tiene a sottolineare il regista Sarti – e che, nonostante l'aspetto apparentemente esile, ha condiviso con grande forza i ricordi e soprattutto gli incubi che solo negli ultimi anni si erano un po' diradati e avevano lasciato un po' in pace le notti di Aldo.
Quella sera di settembre, finito lo spettacolo teatrale, avvicinai l'attore regista Renato Sarti per chiedergli se potevo incontrare Aldo e raccogliere la sua testimonianza; mi rispose che non era possibile perché era allettato e stava molto male. Oggi Aldo Juretich non è più qui con noi, non possiamo quindi far altro che raccontare la sua storia e conservarne la memoria. La memoria di un uomo che, parafrasando l'epilogo del documentario citato, racconta un pezzo di “…storia della fede comunista, delle speranze e delle illusioni di militanti comunisti, della loro lotta ed eroismo” senza nascondere o dimenticare la violenza e la disumanità degli “altri” pur sempre comunisti. Spero che Monza possa ospitare presto l'opera teatrale “Goli Otok. Isola della libertà” per conoscere un pezzo di storia ai più sconosciuta e in memoria di Aldo Juretich un nostro concittadino.

Umberto De Pace


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  14 novembre 2010