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MEMORIA
Al di là del niente
I deportati monzesi nei campi di sterminio nazisti
di Franco Isman


la copertina del libro

Questi titolo e sottotitolo di un bellissimo libro pubblicato a cura dell'Amministrazione comunale di Monza, che verrà presentato oggi in occasione del Giorno della Memoria (Teatro Villoresi ore 21).
Il libro ricorda “le storie di vita dei deportati e delle deportate monzesi nei campi di sterminio nazisti” mentre non prende in considerazione le storie, spesso altrettanto tragiche, degli internati militari, che avevano un diverso status giuridico, e della loro eroica resistenza.

Di molti, deportati e spariti nel nulla, è rimasto poco o niente, una vecchia foto-tessera, una breve nota biografica, alcuni pensieri, alcune abitudini. Di molti non sappiamo nulla, ed è spesso impossibile rintracciare i parenti. Molti sono stati deportati che erano poco più che ragazzi, spesso dopo le retate che sono seguite agli eroici scioperi del marzo '44, in particolare alla Falck e alla Breda di Sesto San Giovanni. Questo è il caso di Giuseppe e Angelo Signorelli, fra i pochissimi che sono tornati, e quest'ultimo ancor oggi porta la sua semplice e preziosa testimonianza nelle scuole.

Che fare in queste condizioni ? Un doveroso ma arido libretto con i nomi, le date di nascita e quelle della morte, qualche piccola e sciupata fotografia ? L'arduo compito è stato affidato dalla commissione, che per conto del Comune ha esaminato il problema, al professor Raffaele Mantegazza, che già da alcuni anni, collabora con l'Amministrazione alla celebrazione del 2 giugno, con la consegna della Costituzione agli studenti diciottenni, nuovi cittadini a tutti gli effetti della Repubblica.
Mantegazza ha accettato la sfida, ha affidato le ricerche al suo collaboratore Emiliano Vincenzo Toppi, che si è valso essenzialmente della collaborazione e degli archivi dell'ANED (Associazione nazionale ex deportati) di Sesto San Giovanni ed ha trasformato le scarne testimonianze in poesia; per quelli di cui non si sapeva proprio nulla ha fatto dei “cori”: il coro di Gusen, quello di Mauthausen e quello di Ebensee, il coro dei ragazzi e quello dei cinquantenni. E al posto delle foto mancanti la semplice sagoma di un volto.

Alessandro e Ilda Colombo

E così possiamo vedere, su due pagine adiacenti, gli sposi Alessandro Colombo e Ilda Colombo Zamorani, ebrei residenti a Monza, già nonni, ma qui ci vengono riproposti da giovani, il primo arrestato in seguito ad una spiata quando era tornato momentaneamente a casa sua, la seconda in questura a Milano dove era andata disperatamente a cercare notizie del suo compagno. Deportati ad Auschwitz - Birkenau ed immediatamente uccisi al loro arrivo l'11 dicembre 1943. Di loro ci ha parlato la nipote Sandra nel bel libro “Giocavamo alla guerra” edito da Novaluna e riproposto su Arengario.
Perché è certamente vero che in Italia, con una popolazione di quarantamila ebrei, un problema ebraico non esisteva e che gli ebrei hanno trovato molto spesso aiuto e rifugio presso amici o anche cittadini qualsiasi e da sacerdoti ed organizzazioni religiose. Ma ci sono stati anche episodi come questo: denunce, persecuzioni ed arresti da parte dei fascisti repubblichini e, ancor prima, all'emanazione delle famigerate leggi “per la purezza della razza” del '38, indegne manifestazioni di razzismo. Ricordiamo come nella nostra civile Monza, in un bar del centro ove si ritrovava quotidianamente un gruppo di giovani professionisti, all'avvocato Giorgio Colombo, figlio di Alessandro e Ilda, era stato interdetto l'ingresso. E tutti gli amici, nomi che sarebbero divenuti importanti, non hanno mai più messo piede in quel bar. E ancora adesso, dopo che la gestione è cambiata più di una volta, non ci si va volentieri, perché non si riesce a dimenticare quello che c'è stato.

Ci è stata anche riproposta una visione del lugubre castello di Hartheim dove sono stati compiuti terribili esperimenti sugli esseri umani e sono stati uccisi i portatori di handicap. Qui è scomparso Enrico Bracesco, che aveva perso una gamba in un incidente mentre trasportava armi ai partigiani; peccato che non ci sia una didascalia che ce lo dica.
Alla fine del volume le fotografie del sindaco Michele Faglia con il vicesindaco Roberto Scanagatti a Mauthausen, che porta e materialmente posa una lapide realizzata da Vittorio Bellini “Monza ai suoi figli caduti nei lager nazisti”. Però non è la prima volta che Monza, nella persona del suo sindaco, rende omaggio ai suoi caduti, ed una foto “storica” non avrebbe guastato.

Un libro realizzato con una grafica perfetta ed una splendida veste editoriale, curato con amore e competenza da alcuni componenti del comitato per le celebrazioni, in particolare Vittorio Bellini e Alberto Colombo, con il progetto grafico e l'impaginazione di Contemporanea, nelle persone di Mario Longhi Fumagalli e Valentina Boffi. Un grazie a tutti.

Franco Isman

Il castello di Hartheim
Il castello di Hartheim



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  27 gennaio 2007