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GIROVAGANDO PER MOSTRE  
Il Mondo Nuovo
La Milano 1890-1915 in mostra a Palazzo Reale
di Mauro Reali

Mario Stroppa - il viale tra Milano e Monza
Mario Stroppa 1909 - Il viale tra Milano e Monza per il progetto del quartiere industriale Nord Milano

Non vi è forse niente di più difficile che definire il concetto di "moderno", tanto che chi vi scrive (di solito grafomane impenitente…) non ha trovato nessuna frase – che non fosse troppo banale - da digitare in merito sui computer lasciati a disposizione dei visitatori della mostra Il Mondo Nuovo. Milano 1890-1915 (Milano, Palazzo Reale fino al 18 febbraio, Catalogo Skira. Informazioni sul sito www.mostrailmondonuovo.it ). Esiste cioè, un'idea di "moderno" in sé e per sé, oppure si tratta di un concetto relativo, opinabile, transitorio…? Non saprei proprio cosa rispondere! Eppure, visitando questa bella mostra (che il Comune di Milano ha organizzato col concorso dell'Università "Bocconi", che nel 2002 celebra il centenario della fondazione) si ha davvero l'impressione che la Milano fra i due secoli XIX e XX fosse un "laboratorio" di innovazioni di vario genere (scientifico-tecnologico, urbanistico, sociale, artistico-culturale…), tale da incarnare un'idea di "modernità" largamente condivisibile. Il labirinto della modernità è la prima sezione della mostra, cui fanno seguito Milano si trasforma, La società e gli individui, Il tempo nuovo, Il prossimo passo: non vi è però tempo di fare un dettagliato resoconto di tutto quanto è esposto, poiché – accanto a quadri, disegni, manifesti pubblicitari – vi sono documenti fotografici, filmati, oggetti, libri, macchinari di ogni genere, che ci obbligherebbero ad un'arida classificazione. Tutto ci ricorda però come in quell'epoca nascessero a Milano la Breda e la Pirelli, cominciassero a circolare i rumorosi tram, venisse fondata l'Università "Bocconi", prima in Italia per le scienze economiche (il "Politecnico" già esisteva), si tenesse (nel 1906) l'Esposizione Universale. Ma la Milano di allora – il cui dinamismo, la cui velocità, appaiono pure nei quadri di Boccioni e Balla – era anche una città culturalmente vivace, ove si rappresentavano a teatro D'Annunzio e Pirandello, dove nascevano Inter e Milan e si ideava il Giro d'Italia, dove – all'Ippodromo di San Siro – si passavano le ore liete della Belle Epoque, prima della Grande Guerra. Questo, e molto altro era Milano, con i suoi "cumenda" che iniziavano a tenere banco e a farsi ritrarre come i nobili di una volta: erano loro, finalmente, la "nobiltà dei danée"! Non posso davvero parlare, come vorrei, solo e tanto di pittura. Però… ecco che proprio la pittura ci mostra anche l'altro lato della medaglia della Milano che cambia: Giovanni Sottocornola immortala una buia e angosciante Alba dell'operaio, umida e fredda solo a vedersi; Angelo Morbelli e Attilio Pusterla, coi loro Il refettorio dei Vecchioni e Alle cucine economiche di Porta Nuova, fotografano le ampie sacche di solitudine ed emarginazione di una città in trasformazione; e che dire dell'affamato poveraccio dipinto da Emilio Longoni, mentre guarda i ricchi che sbafano una bella cena al ristorante? QQppp
Quest'ultima tela, del 1894, procurò tra l'altro al grande pittore lombardo un'accusa di «istigazione all'odio di classe»… E torno dunque al quesito iniziale: cos'è la modernità? Senz'altro trasformazione e innovazione, ma non sempre – o non solo – "progresso"! Nella Milano di ieri il "moderno" era l'industria, e mi piace credere che il poveraccio affamato di Longoni fosse un "tagliato fuori" dalle nuove fabbriche, che – pur tra mille fatiche – garantivano però una sussistenza a chi vi lavorava. Ai tempi nostri Milano ha perso tutte, o quasi, le sue industrie, e il "moderno" di oggi sono i servizi e le tecnologie informatiche, che difficilmente possono riassorbire i "tagliati fuori" dalle fabbriche chiuse o in chiusura: insomma, ho paura che – con rispetto parlando – il poveraccio di oggi possa essere un cassintegrato dell'Alfa di Arese. Eppure oggi, come ieri, Milano è "moderna": è da città come Milano che comincia "Il mondo nuovo"! Ma sarà mai possibile avere un "mondo nuovo" che sia anche più giusto e socialmente progredito? Molte delle soluzioni proposte nei tempi sono fallite, a principiare da quelle – straordinariamente utopistiche, ma poi attuate maldestramente – che Marx e Engels avevano proposto ancor prima dell'epoca messa in mostra a Palazzo Reale. Io, ovviamente, non ho qui risposte migliori… Eppure sono convinto che la "sfida" della modernità di oggi – e non solo a Milano, e non solo in Italia – si giochi proprio su questi temi: mi piacerebbe, insomma, che tra cent'anni o più vi fosse una mostra sui tempi di oggi (o di un prossimo domani…) intitolata non Il Mondo Nuovo, ma Il Mondo Migliore… Ma adesso basta, perché sto rischiando la banalità, quella banalità "catto-comunista" che ho voluto evitare sui computer di Palazzo Reale, ma che evidentemente mi è connaturata: coi tempi che corrono c'è infatti ben poco da sperare se Dio stesso – l'ha detto il Papa – è disgustato dalle nostre azioni! Buon 2003, … comunque!

Mauro Reali


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  30 dicembre 2002