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RICORDI
Il 25 aprile
Annamaria Colombo Ferrari sul  libro "Giocavamo alla guerra" - Memorie di giovani monzesi


25 aprile

25 aprile 1945 - partigiani davanti il Municipio

Quel 25 aprile era stato preceduto da una giornata con cielo coperto, freddina l'aria, un po' ferma, come in attesa di qualcosa.
Qualcosa di cui in casa si sussurrava da tempo con frasi brevi, interrotte da lunghe pause, forse per non far capire ai ragazzi quello che si attendeva con ansia, ma che non si sapeva come sarebbe avvenuto.
Io avevo tredici anni, abitavo in via Mantegazza e stavo alla finestra piena di curiosità perché la mattina era stranamente silenziosa, poche le persone per strada. Aveva cominciato a piovere piano piano e quel senso di attesa si era fatto più intenso, misterioso per una ragazza che i genitori avevano pensato di proteggere non spiegando certi cambiamenti, anche quelli accaduti nell'ambito strettamente familiare: un fratello sparito da casa per nascondersi dopo certi fatti avvenuti in città, uno zio che prima veniva ogni settimana a salutare la mamma ed ora non dava più notizie di sé, altrettanto per il caro cugino Ennio fucilato dai tedeschi.
Ad un tratto una sorda vibrazione si fa sentire e piano piano aumenta fino a farti capire che qualcosa si avvicina, qualcosa che aggiunge al rumore anche un tremito che si propaga dalla terra all'aria. Affacciata alla finestra, nascosta dalle persiane, posso vedere spuntare in fondo alla via un carro armato, scuro, coi cingoli che girano lenti e regolari, col cannone puntato dritto davanti, con la torretta aperta che lascia intravedere un soldato tedesco protetto dall'elmetto, che guarda davanti a sé. Dietro questo primo carro un altro, poi un altro ancora, è una colonna di carri che passa riempiendo di sé tutta la via.
I tedeschi di stanza nel nostro Parco se ne stanno andando. Poi sapremo che erano diretti al Brennero.
Dopo un tempo che mi sembrò lunghissimo la colonna si dileguò lasciando dietro di sé un silenzio irreale, un tempo sospeso come in attesa di qualcos'altro che sarebbe dovuto accadere. Infatti poco dopo il silenzio fu rotto da una serie rabbiosa di spari che sembravano provenire dalle vicinanze. A poche decine di metri dalla mia casa esisteva la caserma S.Paolo dove stazionavano dei fascisti; un gruppo di partigiani stava assaltando la caserma, si accese una scontro che si concluse felicemente per i liberatori dopo qualche ora.
La mattina passò rapida e dalla radio accesa cominciarono ad arrivare notizie di importanti città che si erano liberate dai fascisti e dai nazisti con l'aiuto di gruppi partigiani che prima operavano nascosti ed ora finalmente erano venuti alla luce.
Nei giorni immediatamente successivi al 25 aprile ritornò in famiglia mio fratello Alberto che, a causa dell'arresto di alcuni compagni poi torturati e fucilati, era stato costretto ad allontanarsi da Monza. Ritornò dal fronte, dove aveva combattuto i tedeschi nel Corpo di liberazione affiancato agli inglesi, Vladimiro, in tempo per andare a Pian Vadà a raccogliere i resti del padre Amedeo fucilato dai tedeschi nel corso del tremendo rastrellamento dell'Ossola.
La guerra era finita: si apriva un nuovo periodo di storia, i problemi erano tanti e gravosi ma l'entusiasmo era grande e pervadeva tutti, giovani e vecchi; si tentava di cancellare le infinite sofferenze che ci avevano oppresso negli anni precedenti.

Annamaria Colombo Ferrari


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 25 aprile 2004