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MONZESI
Roberto Cassanelli
Intervista di Carlo Vittone sul  libro MONZESI - cinquanta personaggi della città


Roberto Cassanelli    Nato a Milano nel 1954, celibe. Nel 1980 si laurea in Storia dell'Arte medievale all'Università di Pavia, poi segue corsi di specializzazione nelle Università di Firenze e di Poitiers in Francia. Tra il 1982 e il 1984 collabora coi Musei Civici di Modena all'organizzazione di una mostra sul locale duomo. Vincitore di concorso per l'insegnamento della Storia dell'Arte nelle scuole secondarie, nel biennio 1983-85 e borsista presso l'Istituto per la Storia dell'Arte Lombarda. Nel 1990-93 è professore a contratto presso l'Università di Milano e nel 1991 vince la cattedra di Storia dell'Arte all'Accademia di Brera. Dal 1993 al 1996 è conservatore delle raccolte artistiche della medesima Accademia. Nel 1997-1998 è professore ordinario all'Albertina di Torino. Dal 1 gennaio 1999, a seguito di concorso, diventa conservatore dei Musei Civici di Monza, carica tuttora ricoperta. Autore di numerosissimi saggi e contributi di storia dell'arte medievale e moderna e di storia della fotografia, di lui vanno ricordati in particolare il volume sul restauro della facciata del duomo di Monza (1988) e i contributi sulla cappella di Teodolinda (1991), sulla Corona Ferrea (199) e all'importante opera collettiva "Monza. La sua storia" (2002). Dai primi anni `90 fa parte del Comitato scientifico del Museo del Duomo e collabora dalla sua fondazione con la Società di Studi
Monzesi. Dirige, per Jaca Book, la collana "Patrimonio artistico italiano".

foto di Fabrizio Radaelli


Quando gli proponiamo l'intervista, si schermisce: "Ma io non mi sento monzese, sono solo un milanese trapiantato qua". Poi, quasi ripensando alla più che decennale frequentazione e studio del patrimonio artistico cittadino, ci ripensa: "Sì, forse è utile, perché proprio questo "distacco" può rendere più veritiere e obiettive le mie osservazioni sulla città". Aria certamente professorale, ma modi gentilissimi e quasi un po' impacciati, si ha subito l'impressione di una vasta cultura mai ostentata.

Professore, ci racconti intanto della Sua esperienza come Conservatore dei Musei Civici. Sono ormai quasi quattro anni.

Sì, è un periodo già abbastanza lungo per poter tracciare un bilancio, naturalmente provvisorio. Credo di aver mirato soprattutto due obiettivi. In primo luogo, nel campo espositivo e per quanto riguarda le mostre al Serrone della Villa Reale, aver cercato di spostare l'asse verso il Novecento, lombardo e monzese, anche alla ricerca di una più precisa identità dei Musei Civici. Precedentemente ci si era molto concentrati sull'Ottocento, e questo ne appiattiva eccessivamente l'immagine. Ho cercato di rivalutare la tradizione della grande esperienza dell'ISIA, e nel far ciò hanno certo aiutato le ricche donazioni che sono riuscito ad ottenere, in totale oltre 200 opere di grafica, pittura e arti minori (Zovetti, Crippa, Salvatori, Palazzo). In secondo luogo aver contribuito alla progettazione di uno specifico Museo della Città, che
coniugasse la conservazione con l'attività di ricerca, di studio e di valorizzazione del patrimonio cittadino.

Ma se dovesse valutare l'intera attività espositiva di questi ultimi anni?

Direi che non sono mancati validi progetti, troppo spesso restati sulla carta. C'è molta difficoltà a garantire un profilo coerente all'attività espositiva in tutte. le sue fasi, dalla progettazione all'esecuzione finale. In secondo luogo c'è stata urta notevole difficoltà da parte dell'amministrazione comunale a "immaginarsi" un ruolo della città, a scoprirne una vocazione su questo terreno. Inoltre abbiamo sempre scontato grandi problemi di budget economico, di fondi disponibili per operazioni valide. E poi c'è un ultimo problema.

Cioè?

La collocazione culturale della città. Monza è come schiacciata tra Milano e la Brianza e ha un rapporto ancora non risolto col capoluogo. Monza non ha un'immagine forte agli occhi dei milanesi, che 7a confondono ancora coll'indistinta periferia urbana dell'hinterland. Pur lavorando da molti anni a Monza, io abito a Milano e penso sempre un po' da milanese. E posso dirle che per tanti milanesi la città di Monza è ancora sinonimo di provincialismo, di cultura "minore". Non so se sia del tutto giustificato come atteggiamento, ma è ancora largamente diffuso. E Milano ha un peso primario per quanto riguarda la ricezione e la valorizzazione delle attività espositive.

E per quanto riguarda la Villa Reale?

Beh, su questo tema si è detto molto. Ma io credo che la Villa debba ancora essere studiata a fondo e che siamo ancora gravemente carenti sul terreno della ricerca specifica. Per predisporre un vero piano di recupero della Villa sarebbe necessario riattivare studi e ricerche unitarie su di essa, perché troppo spesso si è proceduto in modo episodico o frammentario. Per esempio aprendo proprio in Villa un centro di studi al quale chiamare a collaborare specialisti di diverse discipline. Credo davvero che questa sarebbe un'operazione utile e urgente.

Ma se toccasse a Lei decidere una destinazione per l'ala Nord, quella su cui gravano i maggiori dubbi?

Io vi riaprirei la Pinacoteca monzese, senza esitazioni. La Villa è la sede storica della Pinacoteca e tale dovrebbe tornare. E questo anche in presenza del futuro Museo della Città alla ex casa degli Umiliati, perché non vi sarebbe alcun conflitto. Veda, la nostra Pinacoteca, o meglio i suoi magazzini, conservano un patrimonio di opere assolutamente non disprezzabile. E va ancora recuperato appieno tutto il patrimonio della tradizione dell'ISIA del periodo intrabellico del Novecento. Fu quello davvero il momento del massimo splendore della Villa e non è affatto vero, come si dice comunemente, che la Villa fu desolatamente abbandonata dopo la partenza dei Savoia. La sua vera decadenza non comincia col 1900 e l'assassinio di re Umberto, ma col 1943 e la chiusura dell'ISIA. Dopo d'allora la Villa non ha saputo reinventarsi un ruolo e questo ha portato al suo declino. E poi il patrimonio della Pinacoteca Civica, una volta ricostituita, potrebbe ulteriormente arricchirsi inglobando collezioni che oggi sono sparse sul territorio e attendono ancora una adeguata sede espositiva.

Ovvero?

Penso alla quadreria dell'ospedale San Gerardo (un tempo nel secondo piano nobile dell'ala nord) o al tesoro della Guastalla. L'acquisizione alla pinacoteca di queste collezioni ne arricchirebbe molto il prestigio.

Ma nel frattempo?        

Credo la Villa debba vivere fin dall'oggi, non solo attendendo il futuro restauro. E questo significa anche farla centro di studi e ricerche, come ho già detto. Per esempio al castello di Schönbrunn a Vienna, l'altro grande edificio asburgico in Europa,coniugano efficacemente l'attività di restauro del monumento con una attentissima attività di ricerca storica e artistica, e questa credo sia la strada da seguire anche da noi.

Lei prima parlava delle donazioni di opere recentemente avute. Ma i monzesi sono generosi?

Sì, fondamentalmente sì - e credo di fare una dichiarazione contro tendenza. La città non è affatto priva di uno spirito di mecenatismo anche in campo artistico. Il problema vero è che forse manca un affidabile e autorevole centro di raccolta di lasciti e donazioni, qualcosa che garantisca sul futuro delle opere donate. Veda, si metta nei panni di un ipotetico donatore: se dovesse lasciare qualcosa alle collezioni del Comune per poi sapere che verrà forse esposto per poche settimane e poi chiuso in un magazzino, non crede che cambierebbe idea? E questo riduce enormemente le potenzialità del territorio. Ma chi, a distanza di vent'anni, si ricorda più dei due musei civici monzesi? Della pinacoteca resta solo la lapide, sul portone d'ingresso della Villa.

E dunque si torna ai discorsi fatti prima.

Sì, i nodi sono sempre quelli.

Carlo Vittone


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 28 febbraio 2004