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MONZESI
Maurizio Corti
Intervista di Carlo Vittone sul  libro MONZESI - cinquanta personaggi della città


Maurizio Corti    Nato a Monza nel 1948, sposato. Cresciuto tra i ragazzi dell'oratorio di San Gerardo, dopo gli studi al Liceo classico Zucchi, si iscrive alla facoltà di Architettura a Milano, dove partecipa alle vicende della facoltà ed alle lotte studentesche di quegli anni e si laurea nel 1973. Dopo un periodo in cui alterna l'attività di architetto libero professionista a quella di insegnante, sceglie definitivamente la seconda e per 15 anni insegna Educazione Tecnica alla “Sandro Pertini” del quartiere San Rocco. Lascia la scuola nel 1995. Nel 1991 con altri dieci soci fonda la Cooperativa Sociale META (Metodologie Educative Territorio e Ambiente) della quale è eletto presidente, carica fino ad oggi mantenuta. META si occupa di servizi educativi per minori sia sul territorio monzese e milanese (Centri di aggregazione giovanile, servizi alle scuole, centri estivi….) sia nel Parco di Monza con attività di educazione nell'ambiente. Con un contratto di concessione dall'Amministrazione Parco, dal 1997 la Cooperativa gestisce la cascina Costa Alta . Negli stessi anni META ha creato su incarico della Regione Lombardia un centro di educazione ambientale a Prim'Alpe di Canzo, tutt'ora operante.

foto di Fabrizio Radaelli


Mi accoglie alla cascina Costa Alta tra nugoli di ragazzini urlanti. Sono in corso una caccia al tesoro e una gara di orientamento , nel Parco che circonda la cascina e i partecipanti sono tutti molto eccitati. Lui li osserva un po' divertito, forse compatendo l' educatrice che cerca di mettere ordine tra quelle piccole pesti scatenate. Poi ci sediamo in un fresco locale con le pareti di mattoni a vista, un ex fienile.

Come è arrivato a fondare la cooperativa?

Si è trattato di una naturale estensione del mio lavoro scolastico e forse, sono convinto, anche della mia formazione da architetto. Quando ancora ero insegnante, con altri colleghi e per conto dei Servizi Sociali di Monza abbiamo cominciato ad organizzare “settimane verdi” per gli studenti delle scuole medie. All'inizio pochi episodi , uno o due gruppi, poi anno dopo anno avevamo sempre più iscritti. Il gruppo di educatori si riuniva all'inizio dell'estate per programmare le attività, ma in autunno si disperdeva nuovamente. Col crescere dell'impegno, eravamo arrivati a 15 turni settimanali per stagione: è stato necessario creare una struttura fissa, che garantisse continuità e professionalità. Così nel 1991 è avvenuto il salto e abbiamo fondato META.

E a quell'epoca dove venivano ospitati i ragazzi?

Inizialmente a Cascina Frutteto, in collaborazione con la Scuola Agraria. Nel frattempo scoprivamo questa cascina, Costa Alta, e sempre più spesso venivamo qui per le nostre attività. Così tranquilla e immersa nel verde del Parco, appariva da subito come la sede ideale.

Ma non era occupata da qualcuno?

In quegli anni no. Dalla costruzione, avvenuta nel 1824, faceva parte di quello straordinario insieme architettonico e paesistico che era ed è il Parco, con una funzione produttiva precisa. Dopo avere ospitato un allevamento di cavalli fino agli anni '50, era stata poi impiegata dal Comune di Milano fino ai primi anni '80 come colonia estiva. Da allora era stata progressivamente abbandonata, pur mantenendo un custode residente, e per circa 15 anni usata saltuariamente. Versava in uno stato di progressivo degrado. Noi cominciammo ad utilizzarla sempre più spesso, finché nel 1997 la ottenemmo in concessione dall'Amministrazione come unici gestori. L'abbiamo rimessa quasi a nuovo, con un programma concordato di ridestinazione d'uso, rifacendo innanzitutto le reti tecnologiche ed i servizi, nessuno escluso e riportando tutto a norma, come vedi, anche se ancora tanti lavori sarebbero necessari. Ah, dimenticavo, nel 2001 siamo diventati a tutti gli effetti un “ostello della gioventù” con ora 17 posti letto che a breve diverranno 25. Chi volesse trascorrere qualche giorno a contatto con la natura, può venire da noi e pernottare qui.

Prezzo per una notte?

Circa 15 euro.

Più che ragionevole… Ma oggi che dimensioni ha la cooperativa?

30 sono i soci, 15 dei quali sono dipendenti della cooperativa stessa. Il bilancio annuale dei settori del nostro lavoro si aggira attualmente sui 750.000 euro, un miliardo e mezzo delle vecchie lire. A Costa Alta ed a Prim'Alpe di Canzo ospitiamo alcune migliaia di ragazzi l'anno, suddivisi tra attività residenziali estive, attività residenziali durante l'anno scolastico e attività giornaliere di educazione ambientale. Infine - e spesso - anche gruppi di adulti, magari con proprie attività autogestite. Insomma, tra una cosa e l'altra, direi che la cascina è operativa tutti i giorni dell'anno, così come Prim'Alpe.

Ma i ragazzi provengono tutti da Monza?

No. Inizialmente collaboravamo solo col Comune di Monza. Oggi abbiamo stretto rapporti e convenzioni nel circondario anche con Lissone, Vedano, Biassono, Macherio e Villasanta. Questi Comuni hanno collocato qui alcune delle loro attività per bambini e adolescenti.

Beh, un bel risultato per un'attività che ha poco più di dieci anni. Ma come è arrivato, partendo dalla Sua formazione come architetto e poi come insegnante, a diventare una sorta di imprenditore nel settore del sociale, con decine di dipendenti e bilanci miliardari?

Dicendo “ imprenditore sociale “ ha proprio usato l'espressione giusta. Veda, io credo che in me col tempo si siano fuse due distinte tradizioni familiari. Sono nato in una famiglia di imprenditori: un padre piccolo industriale del ramo tessile che arrivò ad avere fino a 35 dipendenti nella sua fabbrica. Sentiva fortemente il suo lavoro di imprenditore, un ruolo insostituibile, una missione. Era iscritto alle associazioni industriali e, naturalmente, anche lui teneva esposta in ufficio quella famosa definizione dell'imprenditore che rischia, investe, si sacrifica, di Luigi Einaudi. Quell'educazione severa mi ha lasciato un segno. Dall'altro lato ha contato la figura di mio nonno materno, Silvestro Maini, che fu tra i fondatori nel '21 del Partito Comunista a Monza e mi trasmise fin da piccolo la passione per gli interessi e l'impegno sociale. Tentava di farlo, in realtà: da ragazzo lo osservavo con curiosità e sufficienza, più avanti lo capii meglio. In queste radici contraddittorie mi sono barcamenato con una vera fatica: trovare una sintesi è stato duro. Questi interessi furono poi ulteriormente ravvivati dalla frequentazione dell' oratorio di San Gerardo, un luogo all'epoca molto ricco di stimoli sociali e culturali, di proposta e di servizio, e dalle lotte studentesche e sociali degli anni '60 e '70. Ci metta pure una madre insegnante…..

Un'interessante miscela.

…e poi ho avuto la fortuna di poter lavorare all'interno del Parco.


E' importante per Lei?

Da ragazzino per me il Parco era il giardino di casa. Da dove abitavo, alle Grazie Vecchie, in cinque minuti entravo nel Parco con la bicicletta. Lo giravo tutto, con i miei amici. Il Parco era un luogo di ricerca e di invenzione: i cavalli, le rogge da guadare, gli anfratti più lontani e coperti, il ciclocross più ardimentoso. La mia personale educazione alla scoperta ed alla curiosità si è formata anche così e me la tengo stretta; probabilmente anche lì stanno le origini del mio lavoro attuale, fondato su di una pedagogia dell'ambiente e dell'avventura. Era così anche quando andavo, come tanti altri, a scavalcare le reti per entrare all'Autodromo, a rimediare qualsiasi espediente per vivere da vicino il Gran Premio. Poi, ad un certo punto, crescendo, l'ho guardato con altri occhi, come luogo delle meraviglie naturali e architettoniche. Di colpo mi sono accorto che nient'altro valeva e che non poteva che essere così. Oggi è per me soprattutto una risorsa di benessere, un grande monumento naturale e del territorio che riconcilia con il quotidiano, per cui vale la pena di vivere a Monza.

Lei è di origini monzesi. Che rapporto ha con la città?

(dopo una breve pausa) Nei confronti di Monza credo di sentirmi come un innamorato costantemente in attesa…

Cosa intendi dire?

Io amo molto Monza, ma al contempo questa città mi respinge perché la vorrei diversa da quello che è. E' una città che fa molta fatica a valorizzare le sue bellezze, che galleggia su una dimensione sempre un po' provinciale, mentre potrebbe aspirare ad una dimensione civile europea, che spesso è ancora troppo gretta e chiusa. E poi, chi sono i monzesi, ora? Non certo solo lo stereotipo del brianzolo chiuso, attaccato alla ricchezza ed a valori conservatori. In maggioranza ormai vengono da fuori…..E' naturalmente anche un problema di classe dirigente. A tutti i livelli (industriale, culturale, politico, sociale) si sente la mancanza di un vero progetto per la città, qualcosa di ampio respiro e di forti ambizioni, che sostituisca il declino produttivo e dia identità e appartenenza ad un ceto composito.

Beh, forse è proprio tra quei ragazzini che giocano là nel prato che nascerà quella classe dirigente che desidera.

Sì, ha ragione, forse si tratta solo di aspettare qualche anno. La nostra parte, nel trasmettere protagonismo e progettualità, cerchiamo di farla…..

Carlo Vittone


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 25 ottobre 2003