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MONZESI
Paolo Pilotto
Intervista di Carlo Vittone sul  libro MONZESI - cinquanta personaggi della città


Paolo Pilotto    Nato a Verona nel 1960, sposato con due figli. Studi al liceo “Zucchi”, in seguito frequenta corsi di formazione teologica presso l'Università Cattolica e in altre facoltà. A 21 anni diventa insegnante di religione prima al Liceo Artistico delle Preziosine e dal 1989 al Liceo Classico “Zucchi”. Qui ha ricoperto l'incarico di vicepreside dal 1999 al 2002. Fin da giovanissimo fa parte di gruppi cattolici parrocchiali collegati all'Azione Cattolica con responsabilità diocesana alivello provinciale. Tra gli ultimi discepoli di Giuseppe Lazzati, è stato tra i fondatori dell'Assoziazione Culturale “Vittorio Bachelet” che ha pubblicato per circa dieci anni la rivista “Risorse Locali”. Nel 1992 è consigliere comunale per la Democrazia Cristiana, poi del neonato Partito Popolare. Nella legislatura è assessore all'Istruzione e Biblioteche dal 1995 al 1997. Viene rieletto nella legislatura 1997-2002, unico consigliere del Partito Popolare. Nel 2002 viene rieletto nuovamente al consiglio comunale con 750 preferenze, il massimo tra i candidati. Dal giugno 2002 è assessore all'Istruzione, Personale e sistemi Informativi. Nel 1997 venne nominato Cavaliere della Repubblica.

foto di Daniele Rossi


Giovane, brillante, con un'inconfondibile barba a pizzetto e una bella e ampia risata che trasmette freschezza e sincerità. Retto da una riconosciuta tensione morale che lo porta a investire tutta la sua vita, è stato a lungo considerato un novello “enfant prodige” del cattolicesimo democratico monzese, godendo di un'ampia popolarità nell'intera città. Oggi pare aver raggiunto i suoi obiettivi, andando a rioccupare la poltrona di assessore lasciata quasi cinque anni prima.


Prof. Pilotto, Lei prima di dedicarsi alla politica è stato insegnante. E insegnante di religione (oggi in verità ribattezzata “Educazione religiosa”), ovvero di un insegnamento che, senza false ipocrisie, è la cenerentola tra le materie e molti studenti considerano quasi un'ora “buca”. Che ne pensa?

Quello che dice è purtroppo vero. In molti casi l'insegnamento della religione è stato una terra senza confini, una specie di catechismo generalizzato svolto da insegnanti non sempre consapevoli del ruolo “scientifico” della disciplina. Per errata concezione poi, è stato talvolta considerato una sorta di “avamposto” della Chiesa nel mondo della scuola. In realtà sia i vecchi che i nuovi programmi danno un respiro larghissimo, anche multiconfessionale e multiculturale, a questa materia. Soprattutto si sbaglia quando si pensa che l'ora di religione sia un'iniziazione al percorso di fede: è un itinerario culturale serio di comprensione del fenomeno religioso nell'esistenza umana.

Qualche esempio?

Beh, ricordo genitori che venivano da me dicendomi “mio figlio non va a messa, cosa devo fare?” e io rispondevo “e perché deve essere l'insegnante di religione a rispondere e non un credente che insegna matematica o italiano?”Se invece rovesciamo quell'assunto, se consideriamo l'ora di religione come un'ora di studio teologico dotato di un proprio apparato critico e scientifico, ecco che essa diventa strumento di integrazione tra diverse conoscenze e discipline. La situazione sta nettamente migliorando, anche se lo studio teologico è ancora poco sviluppato nelle università e nei centri di cultura statali.

E gli studenti la seguivano su questa strada? Non è che preferissero la “vecchia” ora di religione, un po' meno impegnata e più lassista?

Lei forse dimentica che oggi gli studenti ci scelgono, potendo comunque liberamente chiedere di non avvalersi del nostro insegnamento. Io personalmente ho sempre avuto medie alte di presenti alle mie lezioni, intorno al 95% dell'intera classe. In certi casi è addirittura capitato che all'inizio dell'anno alcuni studenti facessero domanda di esonero dall' ora di religione,e poi nel corso dell'anno chiedessero di poter restare in aula quando facevo lezione.

E cosa li spingeva?

Erano di solito studenti che si professavano atei e giustamente cercavano un'occasione di confronto con chi non “forzava” per una adesione di fede, ma proponeva una riflessione su religione ed esistenza. Molto stimolante.

Cosa l'ha spinta ad un impegno diretto nella politica?

Tra i 20 e i 30 anni non ho potuto far politica attiva, non c'erano spazi per farlo secondo la mia ispirazione e i miei valori. C'era una specie di “sindacato di blocco” verso le nuove leve, che agiva delimitando rigidamente la gestione del potere ed emarginando chi veniva da fuori. Pensi che prima del '92 non ero iscritto a nessun partito, neppure alla DC. Le racconto un piccolo aneddoto: già alla metà degli anni '80 parte del mondo cattolico locale giudicava inaccettabili i metodi di gestione politica dei partiti di maggioranza. E sui giornali fummo attaccati perché, così dicevano di noi, a dar voce a “intellettualini presuntuosi e ingenui” si sarebbe rovinata la città. Beh, di coloro che parlavano così molti furono travolti dallo scoppio della Tangentopoli monzese.

Già, come giudica quell'esperienza. Che ricordi ne conserva?

Non sono un giacobino: non esistevano tutti i buoni da una parte e tutti i cattivi dall'altra. La storia non si scrive solo in bianco o in nero. Veda , io stesso nel 1992 prendevo sputi, solo tre anni dopo, nel 1995, venivo nominato assessore. Io credo solo che tra il 92 e il '95 la magistratura abbia dato un aiuto a sbloccare quei vincoli che bloccavano la città, l'ha mossa e rimessa in marcia su nuovi binari. Con questo non si può negare che possano esserci stati degli errori, ma direi anche che globalmente si può dare un giudizio positivo di quell'esperienza: moltissimi dei fatti contestati sono alla fine risultati veri. Ma non voglio neppure ergermi a giudice degli altri, non l'ho mai fatto. Nel nostro partito, come anche in altri su posizioni diverse, c'erano molte donne e molti uomini validi, capaci ed altri che hanno tradito. Valutando l'esperienza fatta in questi dieci anni credo comunque che per me sia stata comunque molto più importante la vicinanza ad un “filone” culturale, quello cattolico democratico, che l'appartenenza a questo o a quel partito politico.

Se dovesse scegliere tra l'insegnamento e la politica, come sceglierebbe?

Beh, in realtà questa è una scelta che ho già dovuto fare. Infatti per i prossimi cinque anni penso di dover continuare a fare l'assessore, non riuscendo a conciliare gli impegni amministrativi con quelli scolastici.

Ma se la scelta Le si ponesse in forma assoluta, totale, come valore di vita?

Non ho dubbi: pur essendo molto legato alla scuola, sceglierei la politica, intesa come servizio, come aiuto allo sviluppo della vita di una comunità. So che potrebbe sembrare stonato dire questo, ma non coltivo false ipocrisie e amo affermare quello che penso davvero. E poi porto con me sempre le parole pronunciate da Papa Paolo VI: “La politica è la forma più urgente di carità”.

Ma in tutto questo suo impegno pubblico, esiste anche uno spazio per un Paolo Pilotto privato?

Come no? La domenica è dedicata alla famiglia: inforco la bicicletta e faccio lunghi giri con mia moglie e i miei figli.

E qualche passioncella segreta?

Segreta no, mia piace la musica ed in particolare il jazz, e giocare a pallavolo. Ma, oggi, chi lo trova più il tempo?

Carlo Vittone


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 1 febbraio 2003