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MONZESI
Giuseppe “Peppino” Motta
Intervista di Carlo Vittone sul  libro MONZESI - cinquanta personaggi della città


Giuseppe Motta    Nato a Monza nel 1932, celibe. Dopo gli studi al Liceo classico “Zucchi” si laurea in giurisprudenza all'Università Cattolica di Milano. Comincia prestissimo l'attività di avvocato civilista prima presso lo studio Centemero e poi in proprio, dedicandosi in particolare al diritto assicurativo. Nel periodo universitario si iscrive alla Democrazia Cristiana ricoprendo la carica di delegato cittadino e di zona per i gruppi giovanili e facendo parte della Direzione Cittadina monzese. Esce dalla D.C in rottura col partito in occasione della nomina a candidato sindaco di Alfredo Casiraghi. Continua tuttavia a seguire la vita politica cittadina, stringendo rapporti coi sindaci Luigi Pavia e Elio Malvezzi. Negli anni '80 fonda il Centro Età dell'Acquario che, aperto allo studio delle più varie esperienze riunisce oltre 100 monzesi attorno a conferenzieri come il cibernetico Silvio Ceccato, il missionario esperto di Zen Padre Soletta, l'amico e segretario del Mahatma Ghandi, il campione di arpa celtica Vincenzo Zitello, omeopati e macrobiotici, Segue un periodo di silenzio, interrotto nei primi anni '90 da alcune polemiche con l'allora sindaco leghista Aldo Moltifiori. In epoca più recente si avvicina alla sinistra democratica e nel 2000 fonda il forum telematico “Monza” sulla piattaforma domeus.it che oggi conta circa 160 iscritti e del quale è il moderatore. Attualmente ha chiuso l'attività professionale.

foto di Fabrizio Radaelli


In un suo fortunato volumetto Umberto Eco aveva un giorno scherzosamente proposto di istituire un dipartimento universitario di “tetrapiloctomia”, ovvero dell'arte di spezzare un capello in quattro. Di tale dipartimento Peppino Motta potrebbe facilmente diventare professore emerito. Ereditato dall'esperienza professionale il gusto dell'analisi minuziosa e logicamente stringente, la accompagna con una passione civile sempre vigile e attenta soprattutto ad aspetti apparentemente minori della vita sociale. I capelli bianchi, tenuti un po' lunghi quasi per vezzo, incorniciano un volto affabile che ben si accompagna ad un modo di parlare privo di artificiosità.

Lei ha più o meno silenziosamente seguito quarant'anni di vita politica monzese, in principio partecipandovi come militante democristiano. Come ricorda quell'esperienza?

Dobbiamo distinguere tra il giudizio che se ne può dare oggi e come la vivevo io allora. A quell'epoca avevo tanto entusiasmo e spesso poco spirito critico. Se oggi mi volto a guardare quegli anni, il mio giudizio non può essere del tutto positivo, soprattutto per quanto riguarda la vita interna del partito. Magari i nostri amministratori sapevano tecnicamente fare il loro mestiere, ma la democrazia nella D.C. era molto carente e anche quella che si potrebbe definire una necessaria umanità di rapporti. Ora sono convinto che la D.C. avesse paura delle persone intelligenti e scavasse sotto i piedi della gente capace. Lo stesso avviene ora in altre formazioni

La visione un po' tradizionale della D.C. come partito di tessere e correnti?

No, non si parlava di correnti vere e proprie. Direi invece che c'erano uomini potenti ed altri no, e comandavano sempre loro. Ma io allora vivevo queste cose un po' ingenuamente, da giovane entusiasta.

Poi venne la crisi e la rottura.

Sì, fu in occasione della decisione di nominare sindaco Alfredo Casiraghi. Io non ero d'accordo e mi opposi. La discussione degenerò e si arrivò quasi allo scontro fisico. Mi vien da ridere a ripensarci, ma dovetti scappare e rifugiarmi in una stanza.

Da allora Lei ha chiuso con la militanza politica e si è ritagliato il ruolo catoniano di “censore” dei costumi politici della città.

Beh, no, andiamoci piano. Per un lungo periodo mi sono solo dedicato alla mia professione, che mi teneva molto occupato. Ad esempio non ho vissuto il '68.

Un rimpianto?

Mah, ero ancora relativamente giovane, eppure, sì, è molto strano direi, ma quanto succedeva in quegli anni fu come non mi toccasse, me ne ritenevo al di fuori: vivevo solo nell'oasi, o pantano, monzese. Sì, se ci ripenso, un po' di rimpianto mi viene.

E quando è rinata la sua passione civile?

Nei primi anni '90, soprattutto dinanzi alla prima giunta leghista del sindaco Moltifiori. Alcune scelte provocavano la mia indignazione e sentivo si stava toccando il fondo. Ad esempio scrissi una lettera al “Cittadino” perché in occasione di una vittoria della nazionale italiana di calcio il monumento ai caduti di Piazza Trento e Trieste era stato invaso dai tifosi.

E questo l'aveva urtata?

No, cosa dice? in fondo si era trattato di una festa esattamente come avvenne il 25 Aprile 1945. Il problema era che quando era toccato ai bambini festeggiare per il carnevale, avevano mandato i vigili a cacciarli. Eppure io credevo che ai nostri caduti avrebbe fatto piacere stare accanto a dei bambini in festa, avrebbe reso loro “men duro il sonno”.

Beh, avvocato, si lasci dire che Lei va proprio a cercar il pelo nell'uovo. Se alcuni la definiscono un Catone, è certo un Catone minimalista.

Sì. Un certo minimalismo mi piace e mi attrae. Io credo che riflettere su quelli che si definiscono “fatterelli” serva per tirar fuori delle verità più grandi o per mettere in evidenza delle contraddizioni. In fondo ho sempre pensato che ci dovrebbero essere due sindaci in carica contemporaneamente: uno per le grandi opere e i grandi progetti della città, l'altro per le piccole cose di cui nessuno si occupa.

Proposta interessante. Forse la ascolteranno. E dunque Lei si è dedicato a segnalare instancabilmente tutte le magagne quotidiane che incontrava?

Sì, credo in quegli anni di aver scritto decine e decine di lettere (tira fuori dallo scaffale un grosso raccoglitore dove le colleziona). Il problema è che non tutte venivano pubblicate. Così è nata l'idea di creare un forum telematico dove tutti potessero intervenire, io per primo.

Già, come ha fatto una persona non più giovanissima come Lei e di formazione umanistica a giungere al mondo informatico?

Mio fratello mi regalò un computer anni fa e cominciai a usarlo per lavoro. Poi scoprii Internet, le chat lines e i forum di discussione. Vedevo Internet come la Divina Commedia dantesca: c'era il paradiso (i siti belli e patinati che non interessavano a nessuno), il purgatorio (i siti un po' noiosi ma utili) e poi l'inferno ( i tanti siti che riflettevano la realtà, anche nei suoi aspetti più tormentati). E' un mondo virtuale, ma anche ben reale quello di Internet. All'inizio ero anche impaurito: andava in qualche modo limitato o bisognava lasciarlo libero?

E le chat lines ?

Ah, quelle erano il carnevale, il gusto di mettersi una maschera per essere diverso dal solito. Insomma, da quelle esperienze nacque l'idea del forum cittadino. Assieme all'”Arengario” dell'amico Franco Isman, il forum è ormai diventato un elemento di opinione pubblica, una grande piazza virtuale dove ognuno affigge ciò che vuole.

Ma in quale rapporto Lei si sente con Monza?

Beh, quasi in un rapporto di amore-odio. Qui sono nato e cresciuto, ma in realtà oggi spesso non riconosco più la mia Monza di un tempo. Rimpiango una Monza passata e forse irrecuperabile, una città a misura d'uomo, con gli edifici e le strade ben curate dove la gente passeggia tranquilla.

Nostalgico?

Sì, ma in senso positivo. Veda, ricordo un piano regolatore che doveva sventrare l'intera città, con grandi strade che l'attraversavano da nord a sud e da est a ovest. Fu il Ministero dei LL.PP, poco dopo la fine della guerra, a salvare Monza dalla distruzione. Fu forse un ministero nostalgico?

Ma se non vivesse a Monza, dove Le piacerebbe farlo?

Forse solo a Londra, dove ho visto il rispetto delle differenze, grande compostezza e umanità di rapporti. E poi poliziotti disarmati, tutela della privacy e documenti ridotti al minimo. Un vero eden. Ma ero in vacanza.

Carlo Vittone


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 9 gennaio 2003