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INTERVISTA A EDO SCIOSCIA
Vent'anni a metà prezzo
L'affascinante storia de "Il Libraccio"
di Sandro Invidia

Edo Scioscia nel 1978
Edo Scioscia nel 2000

Edo Scioscia nel 1978 e ai nostri giorni.

Fa uno strano effetto guardare il giovane ritratto nella foto: cassette da frutta ricolme di libri, capelli lunghi, sguardo extraparlamentare…
Fa effetto, quella foto; non per altro, ma perché a illustrarla - una punta di orgoglioso rimpianto nella voce - è lo stesso giovanotto, vent'anni dopo: giacca, cravatta e gioviale sicurezza da imprenditore risoluto.
Abbiamo incontrato Edo Scioscia nella sede della D.M.B. il centro di distribuzione libraria situato alle porte di Monza. Scaffali ovunque, e libri accatastati anche qui, nel cuore del piccolo impero libresco, ma il format è mutato, e di molto. Ci ha accolti affabilmente, presentandoci i suoi più stretti collaboratori. Vecchi compagni di liceo, per lo più.
Non sapevamo esattamente da dove cominciare, con le domande, e allora ci ha pensato lui a toglierci dall'imbarazzo, iniziando a raccontarci la fantastica storia di un sogno tramutatosi per via in un affare miliardario.
Correva l'anno 1978. Allievo del Frisi, impegnato in politica e nel sociale, instancabile attivista extraparlamentare («gran casinista» si definisce, senza mezzi termini né venature autocritiche), è in quegli anni che entra in rapporto con gli ideatori del Libraccio milanese.
I primi anni sono di collaborazione «esterna»: studia giurisprudenza, fa il militare, fonda cooperative, lavora come rappresentante di una ditta di bilance… Nel tempo libero sistema i libri nelle cassette da frutta, in piazza Vetra.
Nel 1982 avviene la svolta. A Monza la Libreria di Cultura Popolare, legata all'ambito delle cooperative, chiude. Edo, che ne era stato fra i fondatori, fa il salto: lascia Università e lavoro e si associa al Libraccio. Nasce la libreria di piazza Indipendenza.
Non è che l'inizio. Il connubio fra l'esperienza commerciale di Scioscia e quella specifica degli altri tre soci (Parodi, Fichter e Ticozzelli) sembra di quelli baciati dal favore divino: le librerie spuntano in varie parti d'Italia, da Genova a Bergamo, da Milano a Pisa, ad Alessandria, a Varese, a Como. Si sfondano barriere, si conquistano mete importanti: la catena del Libraccio è leader nel settore del libro scolastico usato, ma non si accontenta: si allarga al commercio del nuovo, poi della varia. In ogni ambito si impone come un protagonista di primo piano.
Ma ancora non basta.
Nel 1984 nasce la D.M.B.
Nel 1992, quella di Piazza Duomo, a Milano (oggi è in via Santa Tecla), è la prima libreria italiana a rimanere aperta fino a mezzanotte.
Del 1995 è l'accordo con la famiglia Mauri, quella delle Messaggerie Libri spa. Nasce Mel Bookstore, megastore con sede a Roma, a Ferrara, e a Bologna. L'obiettivo è ambizioso: fare concorrenza alla Feltrinelli. Concorrenza leale, ovviamente: quelli della Feltrinelli sono amici!
Per il negozio di via Nazionale, a Roma, si mobilita l'architetto Antonio Zanuso.
Poi arriva l'accordo con la libreria Stoppani, per la creazione a Roma di una libreria per ragazzi…

Il Melbookstore di Piacenza

Il Mel Bookstore di Piacenza

È interessante la storia che Scioscia ci racconta. Interessante e affascinante. E semplice: è la storia di un gruppo che fattura 600 milioni nel 1984 e 80 miliardi oggi; che esponeva libri come verdura e oggi rifornisce 600 librerie lombarde e dà lavoro a 200 dipendenti.
Gli chiediamo un giudizio sulla politica italiana, in materia di editoria.
«Noi siamo per la liberalizzazione del prezzo dei libri» dichiara con sicurezza. Rimaniamo un po' sconcertati: liberalizzazione? Anche qui? Non ha dubbi, Edo, e ce ne spiega il motivo: «Oggi il cartello degli editori tende a favorire la grande distribuzione; la lotta, in assenza di regole chiare, si combatte sul fronte degli sconti: le piccole librerie, in queste condizioni, non sono in grado di reggere l'urto dei supermercati. O si fa una legge come quella francese, che vieta, per i primi sei mesi di vita del libro, sconti superiori al 10 per cento, oppure si liberalizzano i prezzi!»
Noi, che non ci intendiamo molto di distribuzione libraria, continuiamo a non capire come faccia il cartello degli editori a favorire la grande distribuzione.
«Semplice: gli editori vendono ai distributori, i quali vendono alle librerie. Sono poche le librerie che possono permettersi di saltare la mediazione. Il risultato è che la grande distribuzione evita un passaggio. Senza una legge che regoli gli sconti, l'ipermercato che compra direttamente alla fonte e che ha modo di assorbire senza problemi un eventuale mancato guadagno, è l'unico in grado di scontare il prezzo di copertina fino a livelli improponibili ad altri. Per fare un esempio significativo, è sempre meno raro il paradosso di librai che trovano più conveniente servirsi, per i propri acquisti, degli ipermercati anziché delle case di distribuzione».
«Significa che può succedere che io compri in libreria un libro che il libraio ha comprato alla Esselunga?»
«O al Gigante, o da Bennet… certo!» ride Edoardo Scioscia.
Sorridiamo anche noi, ma con meno convinzione.
La conversazione procede fluida, il tempo passa senza scosse. Si parla di tutto, anche dei suoi hobby, della famiglia, dei tempi del liceo…
Si resta piacevolmente incantati ad ascoltare questo giovanile ex-giovanotto, padre di due bei bambini, conoscitore attento e critico delle leggi di mercato (fra le quali sembra muoversi come le guide di Hemingway fra i leoni).
Solo una domanda rimane sospesa, la più difficile: che fine ha fatto l'impegno giovanile? Possibile che tutto sia diventato solo business? Che quello che abbiamo di fronte sia solo un abile venditore di libri. Guardo nuovamente la foto con le cassette da frutta. L'occhio scivola di fianco, sulle pagina interna della brochure del Libraccio. Vi si legge che il Libraccio sa concretizzare iniziative interessanti e originali… nonché presentare e sostenere attività rivolte a favorire l'approccio dei giovani e degli studenti alla cultura. Chiediamo spiegazioni, e nella voce di Scioscia torna la punta di orgoglio che si era colta all'inizio della conversazione:
«Le nostre attività sono molteplici. Spaziano dalla presentazione dei volumi alle cosiddette cene con l'autore; abbiamo organizzato un concorso fotografico che ha avuto un'ampia risonanza ed uno stupefacente successo di partecipazione; a Roma abbiamo ospitato la tribuna politica delle scorse elezioni politiche; abbiamo organizzato incontri con Wim Wenders e John Travolta; abbiamo fondato una piccola casa editrice, la Argo, che si occupa di pubblicare il catalogo dei libri ritrovati, oltre ad una collana di sussidi didattici per gli studenti. Non basta: da tempo siamo impegnati con l'Associazione Librai Italiani in tutte le campagne volte a promuovere l'amore per la lettura…»
Lo interrompiamo. Sappiamo che il Libraccio è in prima linea anche in battaglie di ben altro tipo
«È una cosa di cui andiamo orgogliosi, ma di cui non amiamo vantarci. Ci siamo sempre schierati al fianco di chi opera nel sociale. Così è stato con Gino Strada ed Emergency, fin dall'inizio. Così per altre iniziative di volontariato. Siamo molto attivi in questo campo, ma in sordina… Ci siamo dati una regola: non usare le disgrazie altrui per vendere libri»
Le parole sono molto belle, i fatti anche.
Mi torna in mente Peo Monguzzi, socio e direttore della libreria di Monza, che mi parla sottovoce di Un naso rosso contro l'indifferenza, lo spettacolo di clownerie dei ragazzi di Bucarest, organizzato dalla COOPI, «associazione di volontariato per la solidarietà e lo sviluppo dei popoli». Lo rivedo mentre mi passa il depliant sotto banco, come si trattasse di materiale scottante, e intanto insiste perché ne parli su L'Arengario, «ma senza riferimenti al Libraccio, mi raccomando!»
Gli prometto di interessarmene, «ma questi qui di pubblicità non capiscono nulla» penso.


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giugno 2000