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L'Arengario e la nobildonna



L'Arengario e la nobildonna


Una cartolina di una certa “nobiltà” che espone il monumento che più rappresenta Monza da tanti secoli: L'Arengario. Devo dire che sono molte le cartoline che ho e che portano in indirizzo o firma nomi altisonanti della nobiltà italiana.
La cartolina mostra l'Arengario da sud, dalla parte della Parlera e da via Napoleone. Nella strada non compaiono ancora le rotaie del tram. Questo tipo di cartolina lascia gran spazio per scrivere, quasi una lettera.

L'Arengario e la nobildonna


Nel 1899 la signora Matilde scrive il 4 di marzo da Monza a Dax in Francia. La missiva è per “ S.A. Princesse Janne Gonzaga Melzi d'Eril“ che si trovava al Grand Hotel des Thermes. S.A. sua altezza evidentemente, trattandosi di famiglia ducale e non reale non so se se il titolo fosse dovuto o se si trattasse di un atto di gentilezza e di rispetto. Il testo termina con "Abbracci e baci. Matilde."
Dax viene riportato come Centro termale tra i più importanti di Francia e si trova nel dipartimento di Landes in Aquitania, non lontano dal confine spagnolo e dalla zona Basca di Santander. Ho visto che anche qui c'è un'Arena per le corride, pur essendo in Francia. E nella piazza una fontana l'impianto dell'acqua risale al periodo romano. Gli antichi romani erano particolarmente attenti a presenze termali e ne attrezzarono molte dal centro Europa, in Inghilterra, in Africa, oltre ovviamente che in Italia..

Dax


Oggi il Grand Hotel è un nuovo edificio alto, a torre, nuovo è anche il complesso termale, peccato, mi sarebbe piaciuto trovare una foto del vecchio albergo e impianto d'epoca.
L'amichevole testo è di risposta e ringraziamento commosso, parla anche di malessere o malattia della principessa richiamandosi alla Madonna per una richiesta di grazia di guarigione e di passare a Monza a trovarla quando ritorna .
La principessa Gonzaga Melzi d'Eril era figlia della contessa Giuseppina Barbò e del duca Ludovico Melzi d'Eril, figlio di Giovanni che era nipote di Francesco vicepresidente del Regno d'Italia. Due legami con Monza: una nobile Barbò – Pallavicini realizzò la villa di delizie a San Fruttuoso (oggi sede della Guastalla) e Francesco frequentò per dovere di carica il Parco e la Villa reale intrattenendo rapporti con Eugenio Napoleone. La Principessa aveva due sorelle (Carolina e Giulia) e vi fu gran litigio tra loro sino in tribunale per l'eredità della madre. Nobili si, ma i soldi sono i soldi e come dice il proverbio: Amur tra fradei, amur tra curtei.

Altre volte ho parlato dell'Arengario in altre cartoline. E' l'edificio che simboleggia il ruolo autonomo del Comune, il ruolo laico delle istituzioni e il distacco funzionale e simbolico delle stesse dalla istituzione ecclesiastica. Infatti nell'Arengario si volgevano varie funzioni di cui la principale era la sala di riunione del governo della città. Funzioni giudiziarie (venivano anche messi appesi alla berlina i condannati), di regolamentazione mercatale e, al piano dei grandi portici, quella di mercato (vi era una grande “Pietra” con gli incavi per le misure e capacità dello Staio, Mina e Quartaro e che ora è altrove, alla Biblioteca).
L'edificio viene datato verso la fine del XIII secolo, qualche decennio dopo la realizzazione del Broletto di Milano che risale al 1233, da cui sembra avere preso l'idea architettonica oltre che funzionale. Infatti vi è chi così ritiene (desumendo dai particolari costruttivi ma, come rileva Augusto Merati, questo è elemento comune anche ad altri edifici di altre città di Lombardia) e chi sostiene che vi fu un legame e continuità con le maestranze e tecnici che eseguirono l'edificio del Broletto . La torre merlata con la cuspide, che oggi ha la scala interna, è più tarda (XV secolo). Prima del restauro generale le scale erano esterne sul lato della attuale via Vittorio Emanuele. In alto sulla torre ci sono due iniziali: C.M., “Comunitas Modoetiae”. La “parlera”, da cui si davano notizie e comunicazioni importanti, viene datata al 1380. Vi sono state anche vicissitudini che ne hanno messo in gioco la sopravvivenza, come la distruzione del XIV secolo, si racconta con gran disperazione degli abitanti; la quasi ricostruzione della Torre quadrata, nei primi anni del '900 e , dico io, l' idea che circolava (discussa anche in Comune alla fine dell''800) di demolirlo per fare meglio spazio ai carri e al tram. Salvo per miracolo titola in un suo articolo Augusto Merati. Idea, quella della demolizione, che per fortuna non prese piede come invece quella di distruzione intera delle mura trecentesche (per usarne il materiale) e della Porta de Gradi per “allargare la strada” e altri casi che restano a vergogna della Città e di alcuni amministratori incolti.
Vi furono anche progetti, per fortuna non attuati, di trasformazione pesante compresa la chiusura a fini mercantili e a fini di uffici della pretura, del portico.

il progetto di chiusura del portico
il progetto dell'800 di chiusura del portico come riportato da Augusto Merati


L'Arengario che oggi vediamo ha subito un forte restauro, attento per l'epoca, tra la fine dell'800 e i primi del '900. Impropriamente alcuni citano sempre Luca Beltrami come autore e invece scrisse solo una presentazione dato che era, diremmo oggi, il Sovrintendente di Lombardia, per fare anche i complimenti agli autori archh. Ceruti e Sacchi per il buon progetto e lavoro. Vi furono manomissioni ed altri restauri successivi e ripristini. La cartolina lascia intravedere la presenza del grande muro ceco del carcere (pretorio).
Il sempre compianto amico prof. Augusto Merati scrisse nel 1966 sulla rivista la Città di Monza (nn. 63 e 64 che ritroviamo nella pubblicazione in suo onore di Nova Luna: La Monza di Augusto Merati) dell'Arengario e della sua storia oltre che della sua architettura.
Come si è accennato in altre cartoline, l'Arengario, espressione del governo laico della Città, fu messo in bella vista, simbolo nel paesaggio urbano. Con la realizzazione della Ferdinandea (via Vittorio Emanuele) e del ponte dei Leoni sventrando interi isolati, l'Arengario fu reso presenza singolare, “isolata “ e l'ingresso dal ponte non “mirava più il campanile (simbolo religioso), ma l'Arengario (simbolo laico).

il progetto di chiusura del portico
foto (da Fossati) presa dal campanile con l'Arengario, il pretorio e le carceri, più lontano San Michele



La piazza Roma si ottenne con la demolizione del “Pretorio” (coevo, si ritiene, dell'Arengario) e che era connesso all'Arengario stesso da un passaggio aereo in legno. Vi furono anche le demolizioni di parte della cortina edilizia con apertura di quella che oggi è piazza Quattro Novembre e oltre piazza Trento e Trieste. Così l' Arengario diventa centro e traguardo visivo percorrendo la viabilità principale del centro storico a 360 gradi, molto più recentemente la piazza fu dotata e ingentilita con la fontana delle rane.

Leggo una curiosità che riporto : la massiccia Torre campanaria ha un peso di circa 7.000 quintali.
Consiglio sempre per una veloce e completa informazione di dotarsi della bella Guida del Touring “Monza e la Brianza”, ma soprattutto di leggere lo scritto di Augusto Merati che sopra ho richiamato.

Alfredo Viganò



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